‘ndrangheta

«In Italia le cosche si odiano ma in Svizzera collaborano»

Chiusa a Catanzaro l’inchiesta «Imponimento», che fra gli imputati vede il dipendente di un Comune luganese, sospettato di avere un ruolo importante nel clan - Dichiarazioni forti dei pentiti sulle attività criminali nel nostro Paese
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Federico Storni
05.02.2021 06:00

La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha chiuso nei giorni scorsi le indagini relative all’operazione «Imponimento»: fra i 160 indagati figurano cinque persone residenti in Svizzera, e una di loro è un dipendente di un Comune del Luganese (che si professa innocente). La maxi-inchiesta è nata da una collaborazione fra gli inquirenti italiani e il Ministero pubblico della Confederazione, e riguarda in particolare la ricostruzione dei rapporti con la Confederazione della potente ‘ndrina Anello, che agli occhi degli inquirenti appaiono radicati e risalirebbero agli anni Ottanta. L’uomo residente nel Luganese è sospettato assieme al fratello (ma alcune fonti parlano di cugino), residente nella Svizzera interna, di aver aiutato il clan a reperire e trafficare armi dal territorio elvetico, a spacciare denaro falso, a gestire attività commerciali in territorio elvetico attraverso prestanomi di comodo (in particolare nella gestione di locali notturni) e a trasportare valuta verso la Calabria. Stando a documentazione italiana i due sarebbero stati «uomini di fiducia» del capobastone, che addirittura avrebbe parlato con loro «degli affari più intimi della cosca». Come avevamo riferito a metà dicembre, da una perquisizione a casa del dipendente comunale erano emersi un fucile Anschutz modello 1415-1416 calibro 22, una pistola Ruger 357 con i colpi nel cilindro, munizioni per pistola e un silenziatore per fucile, nonché una busta contenente 4.300 euro e un fascicolo con documentazione relativa alla costruzione di un prefabbricato in Italia.

Il ruolo dei pentiti (e di Pulice)

Decisivo per la ricostruzione della vicenda il ruolo dei pentiti. A fare luce sui legami con la Svizzera è stato in particolare Andrea Mantella (stralci dei suoi interrogatori sono comparsi nei giorni scorsi su diversi media italiani). E lo stesso sta capitando per la maxi-inchiesta gemella «Rinascita Scott» (325 indagati), dove il processo è già in corso e il pentito ed ex killer Gennaro Pulice l’altro ieri ha raccontato i legami di un’altra cosca di Lamezia Terme con la Svizzera, ribadendo che - quando operava come consulente finanziaro a Lugano - aveva riciclato oltre 50 milioni di franchi, di cui una ventina per la cosca. Pulice ha anche dichiarato di aver ricevuto l’ordine di uccidere Mantella, e viceversa. Mantella ha spiegato agli inquirenti che, malgrado fossero in conflitto in Italia, le due cosche sapevano superare i contrasti per le operazioni in Svizzera.