Pandemia

In Italia senza quarantena, «ma Ticino e Insubria meritano di più»

Dopo l’annuncio di Draghi sulla riapertura al turismo, si discute l’efficacia di tali misure per la zona di confine - Ne abbiamo discusso con il sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell’Associazione nazionale dei comuni di frontiera italiani Massimo Mastromarino
Ponte Tresa (Svizzera) a destra e Lavena Ponte Tresa (Italia) a sinistra. / © CdT/Gabriele Putzu
Giacomo Butti
06.05.2021 09:04

«Siamo pronti a ridare il benvenuto al mondo». Con queste parole il premier Mario Draghi ha annunciato ieri che da metà maggio l’Italia prevede di riaprire al turismo senza quarantena tramite un «pass verde nazionale», in attesa che entri in vigore quello europeo a metà giugno. Le regole? Essere in possesso di un attestato di avvenuta vaccinazione, di un certificato di guarigione o di un tampone con esito negativo effettuato nelle 48 ore precedenti la visita nel Paese.

La notizia ha attratto anche l’interesse di chi vive alla frontiera fra Svizzera e Italia, dove molti attendono con impazienza di tornare a visitare i propri famigliari oltreconfine o, più banalmente, di poter fare acquisti nei supermercati e frequentare i ristoranti del Comasco e Varesotto.

Ma quanto annunciato ieri da Draghi è sufficiente per una regione di confine così interconnessa?

Ne abbiamo parlato con il sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell’Associazione nazionale dei comuni di frontiera, Massimo Mastromarino, il quale aveva già scritto il 17 aprile una lettera al premier Draghi per chiedere di esentare dall’obbligo di tampone chi entra in Italia dalla Svizzera, per una fascia di 20 chilometri.

Il sindaco di Lavena Ponte Tresa Massimo Mastromarino. / © CdT/Archivio
Il sindaco di Lavena Ponte Tresa Massimo Mastromarino. / © CdT/Archivio

«Nei comuni italiani di confine la soddisfazione verso l’annuncio di Draghi è moderata», ci dice subito Mastromarino. «Parliamo di un provvedimento generale che vale per tutti gli Stati dell’area Schengen, una misura rivolta ai turisti. Noi chiedevamo però un’attenzione maggiore verso una fascia di confine nella quale i rapporti vanno ben oltre il turismo: parliamo di cittadini del Mendrisiotto o del Luganese che hanno genitori, figli, parenti subito oltre il confine. O semplicemente anche di chi, prima della pandemia, per comprare un giornale, fare la spesa o andare dal parrucchiere era abituato a varcare la dogana. Cosa che, quotidianamente, fanno anche i 70 mila frontalieri delle zone di Varese e Como».

Il Governo italiano avrebbe dovuto avere più coraggio e riconoscere la peculiarità della fascia di confine

«Per tutte queste persone noi avevamo chiesto qualcosa di più, con più coraggio il Governo italiano avrebbe dovuto riconoscere la peculiarità di questa fascia di confine, una zona che non può essere equiparata al resto della Penisola», evidenzia Mastromarino.

«Quella della Regio Insubrica», continua il sindaco di Lavena Ponte Tresa, «è una realtà divisa fra due Stati ma unita da un’identità economica, culturale e sociale».

Rispetto per le regole e rischi calcolati

E quel «qualcosa in più» era già stato proposto il 17 aprile, con la richiesta di esenzione dall’obbligo di tampone per chi dalla Svizzera entra in Italia per una fascia di 20 chilometri. «È vero, le vaccinazioni proseguono bene da entrambi i lati della frontiera e sempre più persone potranno avere accesso a un certificato di immunizzazione. Quella decisa dal Governo rimane tuttavia un’apertura vincolata, parziale. In questo momento serve un po’ di coraggio e, sempre nel rispetto delle misure di sicurezza, correre dei rischi calcolati (come già affermato dal premier) per interrompere questa agonia della società. Del resto, gli over 80 sono stati messi in sicurezza e a breve lo saranno anche gli over 65 e le persone nelle fasce fragili. Sempre agendo con buon senso si possono trovare soluzioni migliori. Mi auguro comunque che il pass verde parta e abbia successo: per avere risultati bisogna pur iniziare», afferma Mastromarino.

Dobbiamo tornare alla miglior collaborazione italo-svizzera: ce lo chiedono i cittadini di entrambi i Paesi

Insomma, per andare avanti bisogna tornare indietro, «all’ottima collaborazione del periodo più buio, quello di marzo 2020». Lì infatti, secondo il sindaco di Lavena Ponte Tresa, «gli Stati si sono parlati e hanno cercato regole e protocolli comuni, ottenendo risultati importanti. Dobbiamo tornare a questo tipo di rapporto e a chiedercelo sono i cittadini di entrambi i Paesi».

Con sicurezza verso l’estate

«Con le riaperture dell’estate 2020 in molti si erano ingegnati perché ristoranti, commerci e servizi potessero tornare a operare in sicurezza. La successive chiusura prolungata ha però messo a dura prova tutto il settore economico», evidenzia il sindaco e presidente dell’Associazione nazionale dei comuni di frontiera italiani. «Oggi però i numeri invitano all’ottimismo. In Lombardia la campagna vaccinale aveva inizialmente faticato, ora prosegue spedita. I centri di Varesotto e Comasco funzionano a pieno ritmo e somministrano migliaia di dosi ogni giorno. Tutto ciò, accompagnato ai certificati di vaccinazione, ci permetterà di tornare a vivere in sicurezza. E dopo un anno e qualche mese ne abbiamo tutti bisogno».

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