In Italia senza tampone, ma la richiesta di test rapidi non crolla

«I cittadini svizzeri potranno recarsi in Italia fino a 60 chilometri dal proprio domicilio senza doversi sottoporre al tampone». È passata una settimana dall’annuncio del senatore del PD Alessandro Alfieri che sbloccava, dopo lunghe trattative, la situazione a ridosso della frontiera ridando ossigeno a commercianti, associazioni e rappresentanti politici locali, nonché ai numerosi ticinesi rimasti distanti dai propri cari per tempo immemore. Niente tampone, quindi, per recarsi nella vicina Penisola, nonostante la decisione di Roma abbia fatto storcere il naso al Consiglio di Stato ticinese perché «unilaterale e discriminatoria».
Diminuzione sì, ma nessun crollo
La deroga, va da sé, avrebbe dovuto provocare un crollo verticale della richiesta di test rapidi nelle farmacie del nostro cantone. E l’ipotetico è d’obbligo, perché non è andata proprio così. Anzi, la diminuzione c’è stata, ma non così drastica come si pensava. «La misura italiana non ha cambiato molto la situazione - esordisce il portavoce dell’Ordine dei farmacisti ticinese Federico Tamò -, ma ha creato più lavoro perché tutte le richieste annullate si sono tramutate in problemi amministrativi e organizzativi». Tolto, in parte, il problema del flusso ingestibile di ticinesi fuori dalle farmacie, se ne sono aggiunti altri sul fronte della logistica. Anche se, ci conferma Tamò, «la maggior parte si presentava in farmacia per altri motivi che la semplice visita di 24 ore in Italia, come le vacanze o le visite in ospedale che rimangono tuttora predominanti». E i test «fai da te» dove sono finiti? La diminuzione c’è stata anche in questo senso, o meglio, «la richiesta è più ripartita, ma rispetto al boom iniziale di aprile, nel mese di maggio abbiamo registrato la metà dei volumi», chiarisce.
Tamò, che è anche titolare della farmacia Malè a Bellinzona, ci spiega che lo scorso weekend c’è stato un 25% di cancellazioni di richieste per i tamponi rapidi, mentre il 50% si è verificato nelle farmacie chiassesi proprio perché nelle zone di confine la mobilità transfrontaliera è più elevata. Abbiamo quindi contattato la farmacia Chiesa di Chiasso per capire se la deroga dei 60 chilometri ha effettivamente mutato la situazione a ridosso del confine. «Non si è verificato un crollo drastico delle richieste in questo senso, nonostante abbiamo registrato diverse disdette di appuntamenti visto che avevamo l’agenda piena fino alla fine di giugno», spiega il titolare Peter Burkard. La motivazione è da ricondurre principalmente all’avvicinarsi della fine delle scuole e del periodo estivo: «Le persone vanno al mare in Italia e ci restano, ovviamente, per più di 24 ore, quindi eseguiamo test rapidi soprattutto per questo motivo».
Il telefono non squilla più
Se a Bellinzona la deroga concessa da Berna ha causato problemi sul fronte logistico, come sarà stata accolta la stessa a sud del cantone? «È stato un sollievo - ammette Burkard -, ha spazzato via lo stress del telefono che squillava di continuo tutto il giorno. Anche perché, ammettiamolo, era ridicolo fare il tampone a una persona vaccinata solo per andare a Ponte Chiasso a comprare il giornale». In buona sostanza, la richiesta per fare il tampone rapido, dopo la decisione di Roma, è sì diminuita, ma contemporaneamente si è ridotta anche la richiesta generale dei tamponi, sia PCR che molecolari, di circa il 20%. Stessa sorte è toccata alla richiesta dei test «fai da te» che, stando alle cifre forniteci da Burkard, tra aprile e maggio hanno subito un calo del 30%. Una conseguenza ovvia - secondo il titolare - visto il numero crescente delle persone vaccinate.