In piazza per rivendicare i propri diritti

(Aggiornato alle 21.03) Salari e rendite dignitose, orari di lavoro compatibili con la vita familiare, fine di ogni forma di discriminazione di genere e di molestia. Eccole, le rivendicazioni al centro di questa giornata nazionale di sciopero femminista e delle iniziative organizzate in Ticino. UNIA Ticino, in particolare, ha organizzato un'azione pubblica di protesta a Locarno contro la persistente disparità salariale. Un'azione iniziata simbolicamente alle 15.24 in punto, l’orario della giornata lavorativa a partire dal quale le donne, a causa delle disparità di trattamento rispetto ai colleghi di sesso maschile, smettono di essere retribuite e proseguono a lavorare gratuitamente. «Succede tutti i giorni dell’anno, ogni anno» ha ricordato Chiara Landi, responsabile del settore terziario di UNIA Ticino.
La giornata di mobilitazione è proseguita a Bellinzona, con un corteo partito alle 17.30, mentre UNIA già in mattinata ha avviato una serie di azioni sui luoghi di lavoro, laddove «le diseguaglianze si creano e si perpetuano» recita il comunicato. «Ci mobilitiamo per quanto riguarda il posto di lavoro, perché ci sono ancora troppe disparità, ma anche per l’opinione pubblica, in modo da smuovere l’intera società» si può leggere invece sul sito ufficiale della manifestazione. Tante le famiglie presenti nella capitale: figlie con i propri padri, adolescenti, ma anche bebè. Molto nutrita la presenza maschile. E questo perché, come hanno dichiarato alcuni papà in coro, «l’educazione alla parità avviene già in famiglia prima ancora che nella società». Il corteo è proseguito al grido «che tremi, che tremi il maschilista, oggi Bellinzona è tutta femminista».
Presente, fra la folla, anche la consigliera di Stato Marina Carobbio Guscetti: «Che bello vedere tutta questa gente, ne sono troppo felice» ha detto, evidentemente emozionata. «Dobbiamo lottare per un salario dignitoso, per quello che siamo e che subiamo ogni giorno, per tutto quello che facciamo nella vita privata e sul lavoro» ha affermato dal canto suo una lavoratrice, testimone in prima persona delle discriminazioni ma anche delle difficoltà a conciliare vita professionale e vita familiare. Dal palco, Eleonora Failla ha ricordato come il lavoro domestico sia, in realtà, un lavoro invisibile: «Le donne per questo lavoro non vengono retribuite. Questo fenomeno ha una rilevanza sociale: il 60% delle ore lavorative delle donne rientra nel lavoro invisibile. Lo dice l’Ufficio federale di statistica».

La differenza salariale, in Svizzera, si attesta tuttora attorno al 18%, hanno sottolineato le oratrici intervenute. La realtà, insomma, non sarebbe quella «immaginaria» che «tenta di venderci il padronato con certi studi assolutamente non rappresentativi, come quello pubblicato ieri (casualmente alla vigilia della mobilitazione femminista) dall’Unione svizzera degli imprenditori, secondo cui la disparità salariale di genere sarebbe praticamente inesistente». Un tentativo, questo, «di negare ciò che le statistiche dicono da anni» ha proseguito Chiara Landi, snocciolando alcuni dati incontrovertibili: «In Svizzera noi donne percepiamo 100 miliardi di franchi in meno di reddito rispetto agli uomini, svolgiamo miliardi di ore all’anno di lavoro gratuito per accudire i figli e la casa per 408 miliardi di franchi e poi, quando andiamo in pensione, percepiamo rendite del 34,6% inferiori a quelle degli uomini».
La data, il 14 giugno, non è casuale. Al contrario, richiama il primo, grande sciopero delle donne che si tenne nel 1991. Lo abbiamo ricordato qui. E l'intreccio fra passato e presente, per certi versi, oggi è inevitabile. Anche perché le rivendicazioni di allora, come quelle di quattro anni fa, in occasione dell'ultima giornata di mobilitazione, sono quasi le stesse del 2023. «Sono passati quattro anni dallo storico sciopero delle donne del 2019» è stato urlato in Piazza del Sole. «Uno sciopero che ha fatto tremare Bellinzona e l'intera Svizzera. Ma se ci guardiamo indietro, e guardiamo la strada che abbiamo fatto e percorso, i progressi che chiedevamo e che ci spettano di diritto non sono arrivati».
La rappresentante del Collettivo per lo sciopero femminista (nonché parlamentare del PS) Lisa Boscolo dal palco di Piazza Governo ha fatto notare: «Rispetto al 2019, di cose ne sono peggiorate parecchie. E AVS21 (ndr. riforma approvata in votazione che ha innalzato l’età di pensionamento delle donne da 64 a 65 anni) è solo uno dei tanti esempi».
«Ci vengono presentati studi fasulli che dicono che la disparità non esiste», ha esclamato una delle esponenti del Collettivo, susseguitesi sul palco ognuna in rappresentanza di un tema caro al mondo femminista. «Ma i dati statistici, in realtà, dimostrano che le donne ancora oggi guadagnano il 18% in meno rispetto agli uomini».
Infine, una rivendicazione tornata più volte durante i discorsi è stata quella contro la violenza domestica e di genere: «Nel 2022 ci sono stati 16 femminicidi. Perpetrati da uomini che hanno ucciso donne solo perché donne». Un problema che, è stato sottolineato, «richiede misure sistemiche sul piano nazionale».