Inchiostri in regola ma il rischio c’è

«La situazione è sotto controllo, ma non cantiamo vittoria». È con una punta di precauzione che il dottor Nicola Forrer del Laboratorio cantonale commenta i risultati della campagna di monitoraggio svolta in diversi studi di tatuatori ticinesi. In particolare, nell’autunno del 2018 sono stati prelevati 10 colori per tatuaggi, prevalentemente neri, per determinare l’eventuale presenza di sostanze vietate. «Tutti i campioni sono risultati conformi in riferimento ai parametri chimici misurati, in quanto le loro concentrazioni massime sono state rispettate nei prodotti pronti all’uso» indica in proposito il Laboratorio cantonale. Ma non è tutto qui. «La caratterizzazione dei prodotti esaminati era completa e la sterilità dei flaconi prima dell’apertura garantita». Insomma, tutto a posto, risultati da dieci e lode. Possiamo quindi stare tranquilli e affidarci a occhi chiusi nelle mani – o sotto i ferri – dei tatuatori? «Esistono alcuni pigmenti che presentano ancora pochi dati a garanzia di una sicurezza a lungo termine. Infatti – spiega Forrer – man mano che i pigmenti potenzialmente tossici vengono riconosciuti, sono inseriti in una lista nera. Non esiste però una lista “positiva”. Significa che non ci sono coloranti di cui si è certi dell’innocuità». Una conformità dei prodotti garantita a livello legislativo non esclude quindi la possibilità di reazioni che rendono necessario l’intervento di un dermatologo. Come ci spiega il medico specialista in dermatologia Davide Donghi «vi è un margine di imprevedibilità che non va trascurato. Anche se il tatuatore risulta rispettare pienamente le norme igieniche e utilizza solo inchiostri conformi, non è detto che il tatuaggio non possa causare conseguenze spiacevoli come patologie infettive o infiammazioni tardive». Donghi sottolinea che «la componente soggettiva è determinante. Inoltre, può capitare che l’individuo presenti effetti collaterali anche in seguito all’ennesimo tatuaggio. Magari per i primi è andato tutto liscio e poi l’ultimo può dare problemi. Non si può mai dire». Nel periodo subito successivo al tatuaggio, può svilupparsi una patologia infettiva che «si risolve in modo piuttosto semplice se si interviene subito con una cura antibiotica» prosegue Donghi. Nel caso di una manifestazione infiammatoria invece «può non essere subito risolvibile. Si procede con una terapia anti-infiammatoria e, qualora non fosse sufficiente, bisognerebbe ricorrere alla rimozione del tatuaggio». Una pratica questa che a quanto ci dice il dermatologo «risolve il problema». Per la rimozione, si utilizza spesso la tecnica laser «ma non risulta efficace per tutti i colori. Per alcuni inchiostri l’unico rimedio è la chirurgia». Un parere confermato anche dal medico specialista in dermatologia Stefano Gilardi: «Il nero e il rosso sono facilmente asportabili, lo stesso non vale per gli altri colori più difficili da cancellare. Inoltre se un tatuaggio è vecchio, può presentare delle cicatrici anch’esse particolarmente ostiche da eliminare». In ogni caso, Gilardi spiega che in 9 casi su 10 la richiesta di eliminazione del tatuaggio è per motivi estetici: «Perché si sono stufati di avere quel disegno sulla pelle o non lo trovano più bello. Nell’ultimo caso invece è per reazioni allergiche». Gilardi inoltre pone l’accento su un aspetto che ultimamente desta preoccupazione: «Il tatuaggio copre una superficie più o meno estesa della pelle sulla quale potrebbero svilupparsi dei nei o dei melanomi che il tatuaggio in parte potrebbe mascherare, compromettendo la scoperta immediata del problema. Anche questo è un aspetto che non va sottovalutato nel momento in cui si decide di tatuarsi». Ampliando lo sguardo alla situazione d’oltre confine, il Laboratorio cantonale informa che negli ultimi giorni il Ministero della salute in Italia ha ritirato e vietato 9 pigmenti ritenuti pericolosi e cancerogeni. «Alcune delle ditte che li producono sono note anche da noi e i loro inchiostri rientravano già nell’elenco dei prodotti per i quali vige un divieto di utilizzo in Svizzera» specifica Forrer. Nel nostro Paese abbiamo assistito infatti a un giro di vite per quanto riguarda la regolamentazione degli studi che effettuano tatuaggi. «Nel 2017 è stata introdotto l’obbligo di notifica degli studi, che fino ad allora sfuggivano al controllo e che ora devono sottostare a una serie di direttive quali le norme di igiene e la sterilizzazione degli aghi e delle attrezzature. Ma già nel 2014 era stata introdotta la lista di prodotti vietati: cosa che ha permesso , insieme al principio di autocontrollo previsto dalla legislazione alimentare in Svizzera, praticamente di azzerare il numero di tatuatori fuori legge» conclude Forrer.