«India e la sua famiglia devono restare a Morbio»

Munaja è una signora etiope di 50 anni che vive a Morbio Inferiore. Con i figli Nurhusien di 24 anni e India di 19 è giunta in Svizzera nel 2012 in fuga dalla guerra quando ancora i due erano minorenni. Da allora la famiglia ha provato attraverso tutte le istanze possibili a ottenere un permesso per rimanere da noi. Invano. Ora incombe la decisione di un rimpatrio forzato. Per questa ragione la docente di scuola media Dania Tropea ha preso a cuore il caso. India è stata una sua allieva per cui in un ultimo appello alle autorità spera che la famiglia possa uscire dal limbo in cui si trova e godere appieno della possibilità studiare, lavorare e spostarsi liberamente. E nell’accorato appello, Tropea descrive India, il fratello e la madre come persone ormai perfettamente integrate, senza peraltro alcuna rete famigliare e sociale in Etiopia in caso di rimpatrio.
Caso di rigore
La bontà delle parole della docente ci viene confermata dall’avvocata Immacolata Iglio Rezzonico che difende gli interessi della famiglia. Ci spiega che ad oggi le varie autorità che si sono pronunciate sul caso hanno sempre rifiutato ogni richiesta dal punto di vista legale: la domanda d’asilo, l’istanza di revisione e la richiesta di statuto di apolide. «In queste ore invierò all’Ufficio della migrazione a Bellinzona un’ennesima istanza relativa al riconoscimento della vicenda come un caso di rigore. In questo genere di procedura tocca al Cantone in primis dare un preavviso favorevole oppure no. Semmai, poi, la decisione finale spetterà alla Segreteria di Stato della migrazione a Berna» ci spiega Iglio Rezzonico.
Il problema, aggiunge, è che le condizioni per l’ottenimento dello statuto di caso di rigore sono molto restrittive e particolari. L’avvocata ci dice che cercherà comunque di far leva sul fatto che la famiglie si è inserita molto bene nel tessuto ticinese a livello sociale, scolastico, formativo e sportivo, anche se le attuali condizioni di vita in un appartamento di Morbio Inferiore impediscono molte attività, fra cui lavorare.
«Meritano aiuto»
Dania Tropea le ha provate tutte. Nell’appello ricorda che «per aiutare e proteggere una mia allieva ho scritto a Bellinzona, ho scritto a Berna e, con i suoi compagni delle medie, ho interpellato i giornali e lanciato una petizione consegnata direttamente alla SEM. Sono arrivata più volte a dichiarare che mi sarei portata garante per questa famiglia e, se fosse stato possibile, che l’avrei adottata». E aggiunge: «Se una persona subisce una tragedia, merita di essere aiutata e protetta, sempre: questo dovrebbe essere uno dei capisaldi indiscutibili. Il nostro Paese, il nostro Cantone, ha i mezzi per ridare umanità a una situazione divenuta disumana».
Appello all’Ufficio della migrazione a Bellinzona
La docente Dania Tropea invita chi ha a cuore il caso a scrivere all’Ufficio della migrazione a Bellinzona con oggetto «Appello per India e la sua famiglia» all’indirizzo: [email protected]. Testo tipo: «Con questo appello vorrei aderire alla richiesta che venga accordato a India, Nurhusien e Munaja un permesso di dimora per caso di rigore, permettendo finalmente a una famiglia integrata e che desidera restare, di cominciare a vivere libera dall’angoscia di un rimpatrio forzato».