Iniziativa contro il dumping, resta da chiarirne la portata

La raccolta firme era iniziata sul finire del 2019. Un paio di mesi più tardi, nel gennaio 2020, l’MpS aveva poi consegnato alla Cancelleria dello Stato 7.350 firme a sostegno dell’iniziativa popolare «Rispetto per i diritti di chi lavora: combattiamo il dumping salariale e sociale». Iniziativa che – dopo oltre cinque anni – sembrerebbe oggi quasi pronta all’esame del Gran Consiglio. Ma, come vedremo, prima di spostare la discussione in Parlamento una minoranza della Commissione vuole chiarire alcuni aspetti definiti «centrali e di fondamentale importanza».
In Commissione economia e lavoro, i rapporti di forza (tra favorevoli e contrari) sono essenzialmente chiari già da un po’ di tempo. A mancare, però, sono alcune risposte del Consiglio di Stato, chieste dalla minoranza favorevole all’iniziativa per chiarire la reale portata della proposta. E su questo punto (come vedremo più tardi) al momento sembrerebbe esserci un disaccordo tra la minoranza e il Governo.
Una questione centrale
Ad ogni modo, come ci spiega il presidente dell’organo parlamentare, il deputato del Centro Claudio Isabella, l’intenzione è di andare in aula nei prossimi mesi: «Abbiamo dovuto fare alcuni approfondimenti giuridici per capire la fattibilità dell’iniziativa. Ma ora siamo nelle fasi finali – spiega al CdT –. E, al netto degli ultimi chiarimenti da svolgere, la volontà è quella di andare in Parlamento per la sessione di fine ottobre». Come dire: ci siamo quasi.
In aula con ogni probabilità giungeranno due rapporti commissionali. Verosimilmente, quello delle co-relatrici Cristina Maderni (PLR) e Raide Bassi (UDC), sarà il rapporto di maggioranza, contrario all’iniziativa dell’MpS. Gli aspetti critici, spiega da noi contattata la deputata liberale radicale, sono quelli «della burocrazia per le imprese (ndr. che dovrebbero notificare ogni contratto di lavoro all’autorità competente), del costo finanziario dell’operazione (ndr. giudicato eccessivo) e il fatto, infine, che già oggi l’ispettorato del lavoro svolge importanti controlli». Siamo già, afferma Maderni, «il Cantone che svolge più controlli in assoluto». Detto altrimenti: lo status quo è sufficiente e non occorre cambiare un sistema che funziona.
Sul fronte opposto, però, il relatore di minoranza, il co-presidente del PS Fabrizio Sirica, invita alla calma. «Le risposte che attendiamo dal Governo sono oltremodo decisive, perché riguardano l’interpretazione del cuore della legge». Ossia, quanti controlli fare e quanti ispettori assumere per i controlli. «Secondo i calcoli del Consiglio di Stato si parlerebbe di oltre 160 ispettori, per un costo di ben oltre 10 milioni di franchi. E ciò sarebbe insostenibile anche dal mio punto vista. Ma non riusciamo a capire su quale base il Governo ha fatto questi calcoli», spiega Sirica. «Secondo la nostra interpretazione, e quella degli iniziativisti, si tratterebbe di oltre la metà degli ispettori rispetto a quanto calcolato dal Governo». Detto altrimenti: tra l’interpretazione fatta dall’Esecutivo e quella della minoranza c’è una bella differenza. «Mi è difficile esprimermi fintanto che il Governo non chiarirà questo aspetto», aggiunge il co-presidente del PS, che nel frattempo ha, appunto, chiesto al Consiglio di Stato di spiegarsi meglio. In questo contesto, dunque, «il nostro rapporto è tutt’altro che pronto. Anche perché vorrei evitare di andare in fretta in Parlamento solo per litigare sull’interpretazione delle cifre». Senza dimenticare che, essendo un’iniziativa popolare, se essa non fosse approvata in Gran Consiglio, andrebbe poi alle urne. E, dunque, conoscere la reale portata dell’iniziativa e il suo impatto finanziario sarebbe – ovviamente – fondamentale anche per il dibattito pubblico.
Dal canto suo, il deputato dell’MpS, è categorico: «C’è un testo conforme dell’inziativa (ndr. il testo di legge che poi andrebbe al voto popolare) che abbiamo concordato da diverso tempo. E il testo conforme non va utilizzato per operazioni politiche...». Per Pronzini, insomma, il testo dell’iniziativa è chiaro. Sul piano più politico, il deputato dell’MpS rileva il «notevole ritardo» con cui l’iniziativa si appresta ad arrivare in Parlamento, «mentre le conseguenze del dumping salariale sono sempre più presenti, in un mercato del lavoro estremamente preoccupante». Un’iniziativa che, chiosa Pronzini, «mantiene dunque tutta la sua importanza».
