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Iniziativa per il 10%: «Il rischio? La fuga dei ricchi»

Secondo l’economista Samuele Vorpe (SUPSI) le misure del partito socialista presuppongono scelte politiche tutt’altro che condivise – «La proposta più insidiosa? L’aumento dell’aliquota sulla sostanza: il Ticino finirebbe agli ultimi posti, aprendo la strada alla concorrenza fiscale»
©Chiara Zocchetti
Francesco Pellegrinelli
09.09.2025 06:00

«Vogliamo che il dibattito su un tema così importante non sia basato su scontri meramente ideologici, ma sulla razionalità». Così, ieri, il co-presidente del PS Fabrizio Sirica anticipava, su queste colonne, la proposta di finanziamento con cui il partito socialista intende compensare l’aggravio per le casse cantonali prodotto dall’iniziativa per il 10%. La ricetta prevede essenzialmente tre misure: una revisione delle stime immobiliari, l’aumento dell’aliquota sulla sostanza e l’incremento del moltiplicatore cantonale. Tre misure che abbiamo sottoposto al direttore del Centro competenze tributarie e giuridiche della SUPSI per capire quanto siano effettivamente «razionali» e non «meramente ideologiche».

Una revisione, tanti progetti

L’ultima revisione generale delle stime immobiliari in Ticino risale al 2005; da allora ci sono stati solo alcuni aggiornamenti parziali. «Per legge, il Consiglio di Stato deve ordinare una nuova revisione complessiva entro la fine del 2025», ricorda Vorpe. «La giurisprudenza del Tribunale federale stabilisce che, ai fini dell’imposta sulla sostanza, le stime devono corrispondere almeno al 70% del valore venale dell’immobile. Oggi, invece, queste si attestano a circa un terzo del valore effettivo». Il Governo sembrerebbe orientato a posticipare la revisione generale delle stime immobiliari, limitandosi a un nuovo aggiornamento. In questo contesto, il PS propone di destinare un aumento del 15% delle stime – pari a circa 40 milioni di franchi aggiuntivi per le casse cantonali – al finanziamento della propria iniziativa. Come sottolinea Vorpe, però, «si tratta di una scelta politica tutt’altro che scontata, anche perché resta pendente un’iniziativa cantonale, promossa da un comitato interpartitico (UDC, Lega e PLR, ndr.), che chiede di modificare la Costituzione ticinese introducendo il principio della neutralità nella revisione dei valori di stima immobiliari». Insomma, la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalla revisione delle stime resta una questione politica aperta e sensibile. «Le risorse aggiuntive potrebbero essere impiegate per finanziare il Preventivo 2026, oppure per compensare l’aumento delle stime tramite una riduzione dell’imposta sulla sostanza o di quella immobiliare», sottolinea l’economista. In realtà, la strategia del Governo sulle stime immobiliari non è ancora stata ufficializzata. Le indiscrezioni, anticipate negli scorsi mesi proprio dal CdT – parlavano appunto di un possibile rinvio della revisione totale, a beneficio di un aumento tra il 10 e il 15%.

«Si torna indietro»

La seconda misura consiste nel ripristino dell’aliquota massima del 3,5 per mille sulla sostanza. «Si tornerebbe alla situazione precedente il 2018, quando è stata introdotta la riforma fisco-sociale», commenta Vorpe. Quest’ultima ha permesso una riduzione dell’aliquota massima dell’imposta sulla sostanza dal 3,5 al 2,5 per mille e l’introduzione di misure di politica sociale a favore delle famiglie. «Un ritorno al 3,5 per mille significherebbe riaumentare la pressione sui grandi patrimoni. Oggi il Ticino, con un’aliquota cantonale del 2,5 per mille si colloca nella media svizzera; riportandola al 3,5 per mille scivolerebbe agli ultimi posti».

Secondo Vorpe è difficile immaginare che una simile misura possa ottenere in Parlamento il necessario consenso politico. Inoltre, un aumento dell’imposta sulla sostanza rimetterebbe il Ticino al centro della concorrenza fiscale. «Questa imposta è infatti poco digerita dai contribuenti più facoltosi, che spesso, per evitarla, scelgono di trasferirsi in un altro cantone». Non solo. Secondo Vorpe, il passo indietro rischierebbe di minare la certezza del diritto fiscale, le cui aliquote applicabili all’imposta sulla sostanza sono state modificate pochi anni fa, scoraggiando in questo modo chi valuta un trasferimento in Ticino e incoraggiando i residenti ad abbandonarlo».

Il ceto medio-alto nel mirino

Infine, l’ultima misura prevede un aumento di 10 punti del moltiplicatore cantonale per le persone fisiche. Le stime indicano entrate supplementari per 155 milioni di franchi. «Fino a poco tempo fa il moltiplicatore cantonale era al 97%. Con la riforma delle persone fisiche dello scorso anno è stato riportato al 100%», premette Vorpe. «Portarlo al 110% significherebbe quindi un aggravio di dieci punti percentuali per tutti i contribuenti che pagano l’imposta sul reddito e quella sulla sostanza a livello cantonale». Non vi sarebbero invece conseguenze sull’imposta comunale, che resta di competenza dei singoli Comuni. Come spiega Vorpe, l’aggravio percentuale è uguale per tutti, «ma in termini assoluti l’impatto sarà più forte per chi paga imposte elevate e più contenuto per chi versa somme ridotte. Considerando che in Ticino vi sono già molti contribuenti esenti, circa il 25%, la misura colpirebbe soprattutto il ceto medio-alto e quello alto».

Più in generale, avverte in conclusione Vorpe, con questa riforma il cantone rafforzerebbe la dimensione redistributiva del proprio sistema fiscale: chi ha maggiori capacità finanziarie contribuirebbe di più, mentre una parte della popolazione, circa il 60%, ne trarrebbe beneficio. «Il principio però funziona a condizione che i contribuenti con redditi e patrimoni importanti rimangano sul territorio. Il rischio infatti è che un aumento della pressione fiscale spinga i cosiddetti buoni contribuenti a trasferirsi altrove e che riduca gli arrivi, lasciando al ceto medio il compito di finanziare la solidarietà cantonale». Per questo - conclude - sarà importante mantenere un equilibrio: garantire risorse alla socialità senza però “spremere” eccessivamente chi già sostiene gran parte del gettito fiscale.