L'analisi

Inquinamento luminoso, «Problema crescente anche in Ticino: serve sensibilità»

Contare le stelle nel cielo è sempre più difficile: colpa dell'inquinamento luminoso, che ha un forte impatto anche sui ritmi biologici umani e animali — Cosa si è fatto nel nostro cantone per combatterlo? Ne parliamo con Stefano Klett di Dark-Sky Switzerland
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Giacomo Butti
14.02.2023 13:30

È un dato di fatto, qualcosa di innegabile. Il nostro pianeta sta attraversando una fase di grave cambiamento climatico dovuta all’attività umana. Agli scettici basterebbe ricordare quanto spesso, negli inverni degli scorsi decenni, decine e decine di centimetri di neve tingevano di bianco il nostro cantone: gioia per i bambini, qualche preoccupazione e fastidio per gli adulti. Oggi non è più così. Un esempio banale, questo, perché il cambiamento climatico è molto, molto di più. Ma lo scetticismo con cui, inspiegabilmente, ci si vede ancora confrontati, mostra come di tanto in tanto sia bene guardare al passato e fare un confronto con l’oggi.

Un altro campo in cui simili preoccupanti evoluzioni sono immediatamente riscontrabili, lavorando con la memoria, è quello dell’osservazione celeste. Quante stelle riusciamo ad osservare oggi, a occhio nudo, volgendo lo sguardo verso il cielo? Quante ne vedevamo decenni fa? Il numero è calato drasticamente. Colpa, sempre, dell’attività umana. Dell’inquinamento luminoso, in particolare: la diffusione diretta di luce artificiale al di fuori di aree per le quali era pensata. Illuminazione superflua che influisce non solo sull’osservazione celeste, ma anche sulla vita: umana, sì, ma anche della fauna in generale e della flora.

Qual è la sensibilità ticinese nei confronti dell’argomento? Ne abbiamo parlato con Stefano Klett, fondatore della sezione in lingua italiana di Dark-Sky Switzerland.

L’impatto

Partiamo dalle conseguenze dell’inquinamento luminoso. Che impatto ha la diffusione eccessiva di luce artificiale? «Non è un problema solo dei cieli. Spesso la gente sottovaluta il problema pensando che sia qualcosa che interessa solo una manciata di astronomi che guardano le stelle. Ma le conseguenze dell’inquinamento luminoso sono pesanti anche sulla fauna e sulla flora. L’aumento di luminosità nelle ore notturne toglie zone naturali buie alla natura. E diversi studi mostrano come ciò abbia un grande impatto sugli insetti impollinatori, non tutti sanno che la maggior parte dell’attività di impollinazione avviene la notte ed è fortemente limitata dalla luce, una riduzione di essa ha un un impatto su tutto l’ecosistema». Ma non è solo un problema di insetti. «Tutti gli animali subiscono gli effetti dell’inquinamento luminoso. Quelli diurni vengono disturbati nel sonno, mentre quelli notturni vengono deviati dalla luce, come nel caso degli uccelli migratori. In generale, i ritmi biologici — anche quelli umani — vengono spezzati».

Questione di sensibilità

«Le cartine dell’inquinamento luminoso svizzero parlano chiaro: Lugano è inquinata quanto Berna. Ma la capitale svizzera conta due volte la popolazione luganese. In Svizzera interna c’è sicuramente una sensibilità diversa». Ma torniamo in Ticino. «L’inquinamento luminoso è in costante crescita. Per questo, Dark-Sky sta collaborando con il Cantone per sensibilizzare i Comuni. Recentemente sono state pubblicate le nuove linee guida federali, dell’Ufficio federale dell’Ambiente, che sono state finalmente tradotte in italiano. Qui vengono date indicazioni più precise. Il problema è che si tratta sempre di linee guida, sta sempre ai Comuni applicarle».

E non sempre, nonostante i buoni propositi, ciò viene fatto: «A Lugano, anni fa, era stata creata un’ordinanza contro l’inquinamento luminoso. Ma il Comune, poi, ha deciso di illuminare a giorno, per questioni di sicurezza, i porti di Barbengo: grazie alla segnalazione di un cittadino, siamo intervenuti e siamo riusciti a convincere il Comune a trovare una soluzione di sicurezza che non richiede di emettere luce inutile verso il lago». Il problema, sottolinea dunque Klett, «è proprio il fatto che Comuni e Cantone, a volte, non rispettano le ordinanze da loro stessi emesse».

Ma l’illuminazione data dai lampioni non è l’unica problematica. «Non è solo il pubblico ad influire sull’inquinamento luminoso, ma anche il privato. Ultimamente il numero di schermi pubblicitari sta crescendo a dismisura. Basta un permesso comunale ed eccoli spuntare come funghi. Negozi, capannoni, palazzi, per non parlare delle illuminazioni natalizie».

Le nuove tecnologie aiutano?

Ma torniamo sui LED. Più efficienti e meno inquinanti (richiedono meno energia) di quelle a incandescenza, hanno un problema: la luce prodotta, spesso di tonalità fredda, secondo molti studi avrebbe un impatto più forte sull’orologio biologico umano e animale. Di più: una ricerca dell’ESA (European Space Agency) condotta nel 2022 mostra il cosiddetto “paradosso dell’illuminazione”. È vero: se ben progettati, i lampioni a LED possono produrre una luce più diretta e meno dispersiva. Ma l’accesso a un’illuminazione più economica ed efficace rende anche la società più invogliata a usare un numero crescente di lampade, lampioni, schermi. I LED, dunque, possono essere un problema? «Dipende sempre da come queste tecnologie vengono applicate. I LED a luce calda, se ben utilizzati, funzionano. In generale, le luci a LED permettono di regolare l’intensità d’illuminazione — in base all’orario o al traffico, ad esempio — riducendo l’inquinamento luminoso. Ma, appunto, la loro applicazione va studiata in dettaglio. Installare LED senza sensibilità progettuale può fare danni». E in Ticino, evidenzia Klett, «purtroppo si fa ancora ampio uso di LED freddi, mentre nelle opere di rinnovamento dell’illuminazione pubblica, si tende spesso ad aumentare il numero di lampioni presenti». Insomma, ci vuole più testa nel progettare. Un esempio virtuoso? «L’illuminazione delle chiese, con i fari rivolti verso l’alto, rischia di disperdere molta luce nell’ambiente. A Balerna, però, sono stati installati dei fari eccezionali che posseggono, al loro interno, una sorta di diapositiva con la sagoma di ciò che deve essere illuminato. In questo modo ben poca luce lascia il profilo dell’edificio».

Un altro esempio: «Il Comune di Monteggio (oggi Tresa), quando ha risanato l’illuminazione pubblica ha deciso di non aumentare i punti luce e mantenere buie le zone non abitate, di installare LED con una tonalità di luce calda e di installare dei sensori in modo che la maggior parte della notte, nelle strade secondarie, l’illuminazione viene drasticamente diminuita. Oggi pare che questo tipo di illuminazione venga proposta dall’azienda elettrica anche ad altri Comuni della regione. Sta però ai Comuni decidere».

Più in grande

L’inquinamento luminoso, tuttavia, non è prodotto solamente al suolo. Fonti di luce artificiale sono sempre più presenti nello spazio stesso. L’indiziato principale? Starlink, la famosa “costellazione di satelliti” creata da SpaceX (di proprietà del miliardario Elon Musk) che sta, sempre più, togliendo visibilità alle vere costellazioni. «La presenza di un numero crescente di satelliti ha sicuramente un forte impatto sulle osservazioni celesti. Oggi, per fortuna, esistono telescopi “informatizzati” che permettono di sapere quando è il momento giusto per l’osservazione, cioè quando non passa un satellite. Ma il problema c’è. E sta peggiorando. Il problema di fondo è che il mondo non può fare nulla per combattere questo proliferare di satelliti. Basta una licenza fornita dall’ente spaziale americano per rendere possibile la messa in orbita di questa costellazione che, comunque, ha un impatto sull’intero pianeta. Ora esiste un movimento a livello internazionale, Safeguarding the Astronomical Sky Foundation (SAS Foundation) — di cui Dark-Sky Switzerland è socia —, che vuole fare pressioni per prendere parte a queste decisioni. Ma è difficile che le cose cambino». Klett sottolinea: «Non si tratta di fare guerra alle tecnologie. Sono io stesso un ingegnere di telecomunicazioni e uso ogni tecnologia di punta. Ma vanno trovate le vie corrette e sostenibili per avere un impatto minore sulla natura».

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