La Camera di commercio chiede aperture «più ampie»

Nel quadro della breve consultazione dei cantoni aperta la scorsa settimana dal Consiglio federale sulle misure concernenti la gestione della pandemia da COVID-19, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (CC-TI) ha preso posizione attraverso le associazioni economiche di riferimento nazionali. Valutando, in sostanza, positivamente la strategia di apertura legata alla valutazione del rischio. «Tuttavia, occorre maggiore chiarezza sui parametri utilizzati e tale analisi va svolta non con cadenza mensile ma più breve» spiega la stessa CC-TI in un comunicato stampa. «Rilevanti a nostro avviso sono le cifre riguardanti le ospedalizzazioni, il tasso di occupazione nei letti dei reparti di terapia intensiva, l’incidenza sui 7 giorni, il tasso di positività e i luoghi di contagio».
Per la valutazione del rischio è indispensabile seguire la logica della protezione mirata, «cioè della protezione delle persone più fragili». Decisivo è «applicare in modo coordinato tutto il pacchetto di misure, cioè i vaccini, i test (compresi quelli salivari che andrebbero usati in maniera più massiccia), il contact tracing (che va decisamente migliorato) e le misure di protezione (mascherina, lavaggio delle mani, distanze)».
La CC-TI chiede inoltre «aperture più ampie di quelle prospettate, già dal 1. marzo 2021 o comunque al più tardi il 22 marzo 2021, come chiesto dal Consiglio di Stato e da diverse associazioni di categoria. Da mesi insistiamo sul fatto che le attività che possono essere esercitate in sicurezza e qui lo ribadiamo. Riteniamo positivo che anche il Consiglio di Stato stia iniziando a sposare questa linea. Infine, le regole sui casi di rigore vanno meglio precisate, ad esempio per quanto concerne le chiusure parziali ordinate dalle autorità, che devono essere considerate equivalenti a chiusure totali».