Locarno

La «casetta rossa» resiste anche alle nuove torri

L’edificio di via Baroffio circondato oramai da otto palazzi di 30 metri non ha perso il suo «appeal» - Nonostante il disagio del cantiere nessuno degli inquilini se n’è andato, anzi ne sono arrivati di nuovi
La palazzina di due piani nel Quartiere Nuovo di Locarno circondata da torri altre 30 metri. ©CdT/Gabriele Putzu
Mauro Giacometti
07.04.2021 06:00

La casetta rossa è rimasta lì, indomita, solitaria, circondata da otto torri di dieci piani ciascuna in via Baroffio, nel popoloso Quartiere Nuovo di Locarno. Una zona cittadina che dal punto di vista dell’edilizia residenziale sta conoscendo un nuovo boom a giudicare dalla selva di gru, ponteggi e cantieri aperti. La palazzina di due piani colorata di rosso in via Baroffio non è volata via appesa ai palloncini, come nel film animato “Up”, nonostante sia stata circondata per due anni da un cantiere per la costruzione delle ultime quattro torri più l’edificio commerciale su due piani che ospiterà il supermercato Denner.

Due anni fa avevamo appunto raccontato la «resilienza» dei suoi inquilini e in questi giorni, a lavori quasi ultimati, siamo tornati a vedere chi è rimasto e chi ha deciso di partire per non rimanere soffocato da scavi, rumori, polvere e soprattutto «oscurato» dai quattro nuovi palazzi in costruzione che si sono aggiunti ad altrettanti già realizzati con 140 appartamenti tutti occupati. «Eccomi, sono ancora qui – ci dice Ralph, che vive nell’appartamento al piano terra dell’edificio di proprietà della famiglia Fumagalli. All’inizio è stata dura, con gli scavi e la casa che tremava tutta. Poi, nel tempo, tutto s’è sistemato, polvere a parte, ma basta tener ben chiuse le finestre. Oltretutto i proprietari, proprio per attenuare gli inevitabili disagi del cantiere, ci hanno anche abbassato leggermente l’affitto per qualche mese», ci dice l’inquilino del piano terra mentre inforca la bicicletta per tornare al lavoro. «Essere circondati dal cemento è una sorta di esperimento antropologico – ribadisce come due anni fa un’altra inquilina del primo piano che non se n’è andata nonostante i disagi patiti in questo periodo -. Ma non siamo proprietari, quindi possiamo sempre cercarci altri orizzonti».
Il sole non è sparito

E invece c’è chi ha proprio scelto la casetta rossa «inglobata» dai palazzi come proprio nuovo domicilio. Uno dei quattro appartamenti della palazzina, costruita negli anni ’50 e in seguito ristrutturata e ampliata, è stato infatti occupato qualche mese fa, con il «panorama» di cemento armato e vetro dunque che già si stagliava dall’assolato balcone (nonostante le otto torri alte 30 metri il sole nella casetta rossa continuano a vederlo, ndr). «Non abbiamo assistito alla fase più importante del cantiere, che credo si protrarrà ancora per qualche mese con la sistemazione degli spazi esterni e dei parcheggi, ma per ora siamo soddisfatti di questa soluzione. Gli appartamenti sono grandi, ben ristrutturati e soprattutto la palazzina è in una posizione strategica: a poche centinaia di metri dal lago e altrettanti da piazza Grande», sottolinea la nuova inquilina del duplex del secondo piano. Sullo stesso pianerottolo un’altra famiglia che non ha fatto i bagagli, se si esclude per una delle figlie che incontriamo mentre carica l’auto nel fazzoletto di parcheggio che non è stato fagocitato dal mega-cantiere. «Io sto traslocando, ma il resto della mia famiglia rimane qua – ci dice -. All’inizio l’attività è stata stressante, poi ci siamo abituati».
Offerta non adeguata

Fu Achille Frigerio, il fondatore dell’azienda siderurgica che s’insediò all’inizio del secolo scorso nel Quartiere Nuovo, a convincere la famiglia Fumagalli ad acquistare la palazzina. La costruzione era su un solo piano e fungeva un po’ da portineria e custodia dello stabilimento. Successivamente, negli anni ’70, fu innalzata di un piano, quindi più tardi si realizzarono i due duplex. Fino a qualche anno fa la casetta rossa era circondata da un’acciaieria e un deposito di materiale ferroso e pericoloso come le bombole di gas. Quindi la decisione dei proprietari dell’acciaieria di «spianare» gli 8.500 mq del sedime per far posto al progetto immobiliare. «Ci fu fatta un’offerta, ma non la ritenemmo adeguata. Così la «casetta rossa» è rimasta al suo posto – sottolinea Michele Fumagalli, uno dei fratelli proprietari dell’immobile di via Baroffio -. All’inizio del cantiere eravamo un po’ preoccupati per gli inquilini, ma anche grazie alla disponibilità e alla collaborazione degli operai dell’impresa costruttrice mi pare che tutto si stia risolvendo per il meglio». La «casetta rossa» di Locarno, dunque, continuerà a resistere all’ombra delle otto torri.