La Città trattò l’acquisto della sede IRB già nel 2007

Come reso noto la scorsa settimana, il Municipio di Bellinzona intende acquistare lo stabile Fabrizia in via Vela, da un ventennio casa dell’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) che a breve traslocherà nella nuova sede all’ex campo militare. Obiettivo: insediarvi nuove attività favorendo da subito lo sviluppo nella capitale del centro di competenza sulle scienze della vita, nell’ambito del progetto «Switzerland Innovation Park Ticino» che avrà poi sede nel futuro quartiere delle Officine, ma non prima di un decennio. Prezzo d’acquisto: 6 milioni di franchi (a cui andranno aggiunti i costi per il risanamento dell’edificio: ne sarebbero necessari altri 6 per un intervento globale, l’Esecutivo intende investirne 1,25 nei prossimi anni per mettere mano alle parti più problematiche).
Già nel 2007, apprendiamo adesso, l’allora Municipio di Bellinzona trattò l’acquisto dello stabile con il precedente proprietario, l’assicurazione Helvetia Patria. Con la quale la Città aveva discusso l’eventualità di ottenere l’edificio in cambio di terreni di proprietà comunale su cui edificare delle residenze. Due le ipotesi sondate: i sedimi di via Pietro da Marliano in cui sono inseriti i magazzini dei Servizi urbani e, in seconda battuta, la parte del comparto di Pratocarasso di proprietà pubblica.
La Gestione era guardinga
Come mai quella trattativa non andò in porto? «Gli intendimenti d’acquisto non trovarono un sufficiente consenso in Consiglio comunale e anche il Municipio non era compatto in merito» spiega al CdT Brenno Martignoni Polti, consigliere comunale UDC che all’epoca era sindaco di Bellinzona oltre che vicepresidente del Consiglio di fondazione dell’IRB in rappresentanza della Città (carica che avrebbe poi lasciato, precisa, «per sbaragliare il campo da possibili conflitti d’interessi generati dal doppio ruolo»). «Il mancato perfezionamento del trapasso fu la conseguenza di insane dinamiche politiche - commenta oggi Martignoni Polti - Fu un’occasione persa perché l’acquisto dell’immobile avrebbe permesso alla Città di consolidare già allora il biopolo risparmiando al contempo pigioni non proprio insignificanti (il Comune ha infatti sempre coperto l’affitto annuale di 450.000 e poi, dal 2016, di 461.000 franchi, ndr.)». L’allora Commissione della Gestione del Legislativo si espresse sulla trattativa nell’ambito dell’esame del Preventivo 2007, scrivendo che anche questo aspetto andava «valutato nel quadro globale delle relazioni che la Città intrattiene con l’IRB». Nello stesso documento i commissari sollevavano infatti numerosi quesiti in merito ai rapporti tra Comune e IRB, chiedendo più informazioni in merito agli ulteriori ingenti impegni finanziari richiesti dal Municipio a favore della biomedicina, che poi vennero effettivamente messi nero su bianco.
Tornando al mancato sbocco positivo della trattativa, oltre alla citata mancanza del consenso politico il sindaco dell’epoca sostiene che pesarono pure le tempistiche che si imponevano, dettate dalla necessità di rinnovare il contratto d’affitto. Cosa che in effetti avvenne nell’anno 2009. In conclusione Brenno Martignoni Polti ricorda che Helvetia Patria cedette infine l’edificio a terzi.
La ricerca ha sete di spazio
Intanto nel messaggio con cui chiede al Consiglio comunale l’acquisto urgente dello stabile Fabrizia, il Municipio spiega che le nuove attività in arrivo a Bellinzona nel campo delle scienze della vita potrebbero trovare posto non solo nel futuro quartiere delle Officine ma anche «in un secondo nuovo edificio presso l’ex-campo militare in via Chiesa». Si fa quindi riferimento ad un eventuale ulteriore edificio al fianco del complesso da 60 milioni di franchi in fase di ultimazione e non ancora inaugurato (la cerimonia è prevista sabato 27 novembre). Affinché questa visione si concretizzi «occorrerà nondimeno attendere 8-12 anni», precisa l’Esecutivo motivando appunto la richiesta di spazi «provvisori» in via Vela. Nel frattempo il vicesindaco Simone Gianini, in un’intervista al quotidiano laRegione, ha messo sul tavolo l’ipotesi secondo cui ulteriori spazi dedicati alla biomedicina o comunque alla ricerca - sempre nell’ottica dello sviluppo di un polo scientifico - possano un giorno essere ricavati anche all’ospedale San Giovanni quando l’attività sanitaria, attorno al 2035, avrà traslocato nel futuro complesso alla Saleggina il cui progetto si trova oggi nella fase pianificatoria.
