La complicata eredità del Landamano

«Salviamo ciò che resta del Landamano?». Si intitola così un’interrogazione inoltrata al Consiglio di Stato dai granconsiglieri dei Verdi Liberali Sara Beretta Piccoli e Massimo Mobiglia. E la parola chiave è «resta». Perché sul territorio cantonale dell’uomo che consolidò il Ticino come cantone non resta quasi traccia. Non una via che porti il nome di Giovanni Battista Quadri, non un busto fra i padri della patria nel corridoio che porta alla sala del Gran Consiglio. Solo una targhetta su una casa a Magliaso, posata peraltro non dall’autorità ma dagli eredi nel 1977, a 200 anni dalla nascita. Quella casa che era la sua casa, ora di proprietà privata, che oggi i due deputati chiedono di salvare. O, meglio, di valorizzare.
Brevissima vita del Landamano
Nell’interrogazione si parla di un bilancio in chiaroscuro dell’attività politica di Quadri (1777-1839) che fu il massimo esponente del cosiddetto regime dei Landamani che governò il Cantone dal 1815 al 1830, per poi far largo ai liberali di Stefano Franscini, ma non prima di aver creato l’infrastruttura viaria e giuridica per far funzionare il giovane Ticino. Al prezzo però di derive clientelari e antiliberali, e di un forte predominio dell’Esecutivo sul Legislativo. In tutto Quadri fu protagonista del primo trentennio di vita politica ticinese. Partecipò ad esempio all’assalto dei cisalpini a Lugano del 1798 e poi li difese (a soli 21 anni) con successo di fronte al Gran Consiglio elvetico. Nel 1802 divenne anche il primo governatore del Cantone di Lugano (tramite un’insurrezione) e, dopo l’Atto di Mediazione, la sua elezione nel nuovo Governo cantonale fu talmente plebiscitata che venne fatto granconsigliere a vita a 23 anni, probabilmente l’unico nella storia del Cantone. In vita sua sopravvisse inoltre ad alcuni attentati.
Di proprietà di un ex sindaco
Al Cantone Beretta Piccoli e Mobiglia chiedono che la casa ai Vigotti dove Quadri visse e morì venga valorizzata, in quanto verserebbe «in stato di degrado». Si chiede anche di valutare se non tramutarla in un museo dedicato alla storia politica ticinese.
Proprietario dell’edificio, tutelato a livello locale, da ormai un trentennio è l’ex sindaco di Bissone Ludwig Grosa, che l’aveva acquistato da una numerosa comunione ereditaria, non senza difficoltà. Grosa ci riferisce che ormai da qualche tempo la casa è abitata da un inquilino « che la tiene in ordine e le dà un’occhiata», dopo che è stata vuota per diversi anni. «Non è facile adattarsi, è comunque una casa vecchia senza riscaldamento a parte i camini». Prima che la prendesse l’ex sindaco la proprietà era anche stata messa all’asta, che però andò deserta. Grosa la acquistò perché gli piaceva e perché aveva scommesso sulla realizzazione della circonvallazione Agno-Bioggio (si veda al proposito pagina 3): «Gli eredi mi raccontarono che vi soggiornò anche Napoleone». Alcuni anni fa l’aveva offerta al Comune di Magliaso «a un prezzo ragionevole», ma non se ne fece nulla. Se vi sarà una manifestazione d’interesse da parte dell’Ente pubblico, Grosa è disposto a discuterne.
«È uno dei padri della patria»
Come detto di Quadri sul territorio resta poco, perché nel dibattito pubblico (e per un certo periodo anche in quello storico) la figura del «Landamano» è stata inquadrata nella dicotomia conservatori-liberali e ridotta in sostanza a nemico sconfitto di Franscini. Gli scuri hanno decisamente prevalso sui chiari e ancora oggi su Quadri c’è una velata damnatio memoriae. In ambito storico, complice il lavoro soprattutto di Giuseppe Martinola, la situazione si sta però riequilibrando ma, come afferma Giovanni Maria Staffieri, allievo di Martinola e anch’egli studioso della vita di Quadri, si può e financo si deve fare di più: «Più ancora che l’intitolazione di una via, Quadri meriterebbe di essere studiato a dovere. Manca infatti una biografia che lo collochi nella giusta posizione storica. Fra due anni ricorrerà il 250.esimo della nascita: sarebbe importante che il Cantone crei per l’occasione un gruppo di ricercatori validi che finalmente la scriva». Per Staffieri Quadri merita di stare fra i padri della patria. Storicamente e fisicamente: «Anni fa ho recuperato fortunosamente il suo unico ritratto in marmo, commissionato da lui stesso. Meriterebbe di stare con gli altri fuori dal Gran Consiglio. Ma finché non arriverà una richiesta in tal senso dalCantone me lo terrò».