Mafia

La criminalità organizzata è pandemica in Svizzera?

L’ex procuratrice internazionale Carla Del Ponte e l’avvocato Renzo Galfetti sembrano gettare un po’ di acqua sul fuoco: «Pochi i processi e la situazione non è endemica» – Diversi magistrati italiani però avvisano: «Fate attenzione»
© CdT/Chiara Zocchetti
John Robbiani
11.05.2022 23:03

 «La Svizzera, essendo un Paese benestante, è un paradiso per gli ‘ndranghetisti», aveva detto in ottobre Alessandra Cerreti, pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Milano. «Nel vostro Paese sono accertate più di venti cellule della ‘ndrangheta», ricordava in settembre - sempre dall’Italia - il magistrato Nicola Gratteri. E anche il procuratore federale Sergio Mastroianni, ticinese, aveva confermato la necessità di tenere alta la guardia: «È il tedesco la seconda lingua della mafia». E ancora: «La Svizzera è un canale di approvvigionamento privilegiato di armi e munizioni per le organizzazioni criminali». Sono frasi che fanno riflettere, anche alla luce dei casi emersi negli ultimi anni: dalle ramificazioni del clan Anello (con arresti in Svizzera e in Ticino) alla presenza nel nostro cantone di persone indagate in Italia per legami con la mafia. Si pensi per esempio a Gennaro Pulice, killer pentito che si era trasferito nel Luganese (iniziando  una nuova vita da «imprenditore») poi condannato in Italia per diversi omicidi.

La grande domanda

La criminalità organizzata, dunque, è pandemica in Svizzera? È stata questa la domanda al centro di una conferenza organizzata oggi dall’associazione Swiss Leaders. A rispondere, moderati dal giornalista Antonio Bolzani, c’erano Renzo Galfetti (penalista di lungo corso) e  l’ex procuratrice del Tribunale penale internazionale - ed ex procuratrice pubblica ticinese - Carla del Ponte. La risposta, pur con sfumature diverse, è stata fondamentalmente questa: «No. La criminalità organizzata non è pandemica». «Da 20 anni - ha premesso Del Ponte - non me ne occupo più, ma credo di poter dire che le attività di tipo mafioso siano ridotte. Del resto non si vedono molti processi in questo senso». Soprattutto Galfetti nei suoi interventi è sembrato voler gettare acqua sul fuoco ed evitare allarmismi. «La criminalità organizzata c’è sempre stata. Da noi la mafia non fa proselitismo. Non usa violenza, non commette estorsioni e non fa rumore. Spero di non sbagliarmi ma credo che così sarà anche in futuro. Dalla Svizzera hanno soprattutto bisogno di sicurezza». In sala c’è chi si è sentito rassicurato, ma c’è anche chi ha ribattuto parafrasando le parole del giudice Falcone («Prima arrivano con i loro soldi, poi arrivano con i loro metodi») e sottolineando come anche questo tipo di presenza  sia pericolosa. Perché la mafia rischia di insinuarsi nella società e nell’economia in modo silenzioso. E forse - così almeno sosteneva la magistrata Cerreti - proprio per questo perfino più facilmente.  «Questo è vero - ha confermato Galfetti - ed è per questo che occorre collaborare con l’Italia per combattere il fenomeno». Un punto, quello della collaborazione con gli inquirenti italiani, sollevato anche da Del Ponte, che in carriera ha tra l’altro avuto importanti contatti con Falcone (tanto che nel giugno del 1989 sfuggì a un attentato che proprio Falcone voleva colpire). «Le procedure di collaborazione tra i due Stati - ha sottolineato - potrebbero venir semplificate». «Non credo comunque - ha poi detto Galfetti - che il problema  svizzero siano le leggi. Piuttosto è una questione di capacità» delle autorità di perseguimento penale.

I dati del 2021

Per inquadrare la situazione siamo andati a spulciare il «report 2021» pubblicato dal Ministero pubblico della Confederazione. Risultano 49 inchieste pendenti per reati riconducibili ad organizzazioni criminali (erano 39 nel ‘20, 46 nel ‘19, 56 nel ‘18 e 62 nel ‘17). Ci sono poi 100 inchieste per riciclaggio, 37 per corruzione internazionale e 73 registrate sotto la voce «criminalità economica in generale».