La crociata irlandese anti-alcol fa infuriare l'Europa (e il Ticino sta a guardare)

Il ministro irlandese della Salute, Stephen Donnelly, ha convertito ieri in legge il regolamento che prevede l’etichettatura degli alcolici con avvertenze sanitarie, sul modello di quelle che si trovano già sui pacchetti di sigari, sigarette e tabacco. L’Irlanda è, quindi, ufficialmente il primo Paese europeo a etichettare il vino, la birra e i liquori come bevande che «nuocciono gravemente alla salute». La legge di Dublino prevede che le etichette dei prodotti alcolici indichino il contenuto calorico e i grammi di alcol e avvertano sul rischio di consumare alcol durante la gravidanza e sul rischio dell’insorgenza di malattie del fegato e di tumori dovuti all’ingestione di etanolo.
A partire dal 22 maggio 2026 - la legge si applicherà, infatti, dopo un periodo di transizione di tre anni - i fornitori di bevande alcoliche saranno perciò obbligati a visualizzare le informazioni e le avvertenze sulla confezione del prodotto e anche a indirizzare i consumatori al sito dell’Health Service Executive irlandese per ulteriori ragguagli sul consumo di alcol. Informazioni simili saranno rese disponibili anche nei pub e nei locali autorizzati a vendere bevande alcoliche.
Putiferio politico
La decisione irlandese ha scatenato un putiferio politico, e non soltanto in Europa. Contro la nuova legge si sta infatti coalizzando il più nutrito fronte di produttori mondiali di vino che si ricordi. Ma se tutto questo potrà produrre una battuta d’arresto, al momento, non è dato sapere, ha scritto ieri sul proprio sito il Financial Times.
La normativa anti-alcol è stata notificata da Dublino all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) già alcune settimane fa. E nei giorni scorsi a Ginevra, sede della WTO, sono pervenuti i primi pareri negativi da parte di Stati Uniti e Cuba. A queste prime opposizioni si sono poi aggiunti i rilievi di altri importanti Paesi produttori come Australia, Cile, Nuova Zelanda, oltre a quelli di mercati quali il Regno Unito, il Canada, il Messico e la Repubblica Dominicana. Sul tema sarà chiamato a esprimersi, il prossimo 21 giugno, anche il Comitato barriere tariffarie della stessa WTO.
In Europa, i grandi esportatori di vino - Italia, Francia, Spagna e Portogallo - hanno chiesto alla Commissione UE di avviare una procedura d’infrazione contro l’Irlanda per violazione delle regole sulla libera circolazione delle merci. Le associazioni dei produttori di questi Paesi sono scese letteralmente in guerra. Sono stati annunciati esposti alla Commissione da parte del CEEV (Comité Européen des Enterprises Vins, l’associazione delle industrie europee del vino), di SpiritsEurope (organizzazione dei produttori di bevande alcoliche), di Brewers of Europe (associazione dei produttori di birra) e persino dei produttori di sidro. A questi esposti si sono allineate le italiane, Federalimentare, Assobirra, Federvini, Unione italiana vini e la spagnola FIAB (associazione dell’industria alimentare iberica).
«La Commissione Ue deve fare il proprio lavoro di guardiano delle leggi europee - ha detto il segretario generale del CEEV, Ignacio Sanchez Recarte - Perché finora l’Esecutivo Ue si è trincerato dietro il rispetto delle procedure per non prendere posizione. I nostri esposti invece obbligheranno i servizi giuridici di Bruxelles a valutare il provvedimento di Dublino sulla base della legislazione vigente e non su basi politiche».
Cultura e tradizione
Il Ticino e la Svizzera guardano alla questione con un misto di scetticismo e di preoccupazione. «Finché l’Europa non deciderà in modo univoco, noi resteremo alla finestra - dice al CdT Andrea Conconi, direttore di TicinoWine, l’organizzazione mantello della filiera vitivinicola cantonale - sinceramente, mi auguro che questa etichettatura non diventi un obbligo: il vino è un prodotto legato alla tradizione e alla cultura del territorio, non possiamo parlarne soltanto in termini sanitari, sarebbe assurdo». TicinoWine da tempo insiste su un consumo «moderato e ragionevole - dice ancora Conconi - siamo già sotto assedio dell’Ufficio federale della sanità che ci mette continuamente in guardia sulla protezione dei giovani e di chi guida, e questa ulteriore controversia sicuramente non ci fa bene». L’impressione, conclude Conconi, è che si stia diventando «tutti un po’ talebani, fino a mettere in discussione la libertà di ciascuno. Siamo in mano a burocrati o a persone che pensano di fare prevenzione con una tassa o con un’etichetta, ma non è così che funziona».
Mattia Bernardoni, direttore della Tamborini, una delle grandi aziende vitivinicole ticinesi, confida nel fatto che, alla fine, prevalgano la «cultura e la tradizione di bere vino in modo moderato, secondo le indicazioni della dieta mediterranea. Le crociate dei singoli - dice al Cdt - non sono destinate a diventare necessariamente senso comune; spero che da questa discussione esca un giudizio netto del consumatore». Certo è che la decisione irlandese appare spiazzante. «Non pensavo che l’UE lasciasse passare la legge senza nemmeno commentarla, e mi sarei atteso dai grandi Paesi viticoli iniziative di contrasto più solide». Se l’Irlanda ha deciso in tal senso, conclude, «è libera di farlo. Noi non esportiamo verso Dublino e non sottostaremo a queste regole. Vedremo che cosa succederà a livello europeo, personalmente auspico che non si debba arrivare a tanto».
La raccomandazione OMS
La questione dell’etichettatura anti-alcol data da molto tempo. Da alcuni anni l’OMS raccomanda l’adozione di avvertenze sanitarie. E nel suo piano contro il cancro del 2021, la Commissione europea aveva annunciato proposte per ridurre so» di alcol.
Il voto del Parlamento UE
Il 16 febbraio 2022 il Parlamento europeo ha detto sì solo all’obbligo di indicare nelle etichette degli alcolici i valori nutrizionali e la lista degli ingredienti, oltre a una generica raccomandazione a un uso responsabile. Nel giugno 2022 l’Irlanda ha quindi notificato alla Commissione UE la norma sui cosiddetti «health warning» per vino, birra e liquori.