La fusione con UBS verrà conclusa a fine 2023

«Come in qualsiasi acquisizione bancaria, ci vorrà tempo per ultimare l’integrazione di Credit Suisse (CS) in UBS. Nel frattempo, per il cliente che detiene un conto in CS non cambia assolutamente nulla. L’operatività della banca è data. E, considerate le garanzie ottenute dall’istituto, una corsa agli sportelli per spostare i propri averi non ha più senso». Il direttore dell’Associazione bancaria ticinese (ABT), Franco Citterio, rassicura: «Una volta conclusa l’operazione finanziaria che sancirà in ogni singolo aspetto contrattuale il passaggio definitivo di CS in UBS, inizieranno le procedure di fusione dei due istituti». L’operazione, tuttavia, richiederà diverso tempo. «Fino ad allora, entrambe le banche continueranno a operare separatamente, anche se con una nuova prospettiva».
«Operatività garantita»
L’operatività, insomma, sarà garantita, come gli stessi vertici di CS, nel pomeriggio di ieri, hanno voluto ribadire con un messaggio alla clientela pubblicato sul portale online. «Fino al perfezionamento della fusione - che è soggetta alle usuali condizioni di chiusura e si prevede verrà finalizzata a fine 2023 - Credit Suisse continuerà la sua attività come di consueto, in stretta collaborazione con UBS», recita la nota. «La Banca nazionale svizzera (BNS) garantirà a Credit Suisse l’accesso a ulteriori importanti risorse di liquidità».
I dettagli precisi della transizione sono ancora in elaborazione. La banca, tuttavia, ribadisce che «non sono previste interruzioni dei servizi ai clienti. Siamo focalizzati nell’assicurare un’agevole transizione e la piena continuità per i nostri clienti», prosegue la nota.
Trattandosi di istituti molto grandi - ricordiamo che quasi due terzi delle attività di CS sono svolte all’estero - la fusione richiederà diverso tempo: «L’orizzonte temporale di fine 2023 è in linea con la complessità dell’operazione», commenta a tal proposito Citterio che aggiunge: «Basterebbe citare la complessità dei sistemi informatici che andranno uniformati, senza contare gli aspetti organizzativi che toccano il personale, le succursali, le sedi e gli sportelli».
Le sedi e i doppioni
Che dire, invece, dei clienti che oggi hanno un’ipoteca in CS? Quali garanzie esistono che le condizioni vengano poi mantenute in UBS? «Anche in questo caso i contratti in essere manterranno la loro validità», commenta ancora Citterio. «È chiaro che le ipoteche in scadenza, specie dopo il 2023, saranno ridiscusse con le condizioni definite questa volta da UBS».
Per quanto riguarda invece l’impiego del marchio «Credit Suisse», al momento la banca non ha fornito dettagli, ma è facile immaginare che il logo possa scomparire: «Non trattandosi di una fusione paritaria e concordata, ma di un salvataggio d’emergenza, è ipotizzabile che UBS voglia, in futuro, uniformare l’attività sotto la propria immagine», commenta Citterio.
Tra le questioni che andranno discusse - e che verosimilmente troveranno una soluzione regionale - c’è anche quella relativa delle sedi: quali rimarranno operative e quali, costituendo un doppione, verranno dismesse? «Nella lunga lista delle cose da chiarire ci saranno anche questi aspetti. Giocoforza, si esaminerà anche l’opportunità di avere un’unica banca sulla medesima piazza cittadina, tenuto conto, tuttavia, che la clientela andrà seguita con il personale dovuto».
Ticino avamposto dell’Italia
Più in generale, Citterio osserva che la fusione avrà sicuramente un impatto sulla piazza finanziaria ticinese. «I due istituti rappresentano strutture importanti, sia per quanto riguarda l’attività locale, sia per quanto riguarda l’attività rivolta verso la clientela italiana. Questo giustifica il risalto che la notizia ha avuto nel mondo e in particolare nella vicina Penisola». Secondo Citterio, era quindi fondamentale che anche i media italiani riprendessero la notizia del salvataggio con il giusto compendio di rassicurazioni, vista l’importante presenza di clienti italiani nelle banche ticinesi. «Era importante che passasse un certo messaggio, ossia che il sistema svizzero ha saputo trovare una soluzione che garantisce stabilità». Un’operazione quindi non solo di facciata, ma anche di fidelizzazione e di sostanza: «I clienti devono sapere che nonostante i cambiamenti possono fare affidamento a un istituto, UBS, e a un sistema bancario solidi». Oggi, sulla piazza ticinese si contano 37 banche. «Negli ultimi 15 anni, il numero si è dimezzato, passando da 78 a 37», spiega Citterio. «Seppure in un contesto di riduzione del numero di banche a livello svizzero - complici le difficoltà e le regolamentazioni di mercato - nessuno avrebbe comunque pensato alla scomparsa di Credit Suisse».