«La galleria della Città Ticino è una sfida per la progettualità»

Venerdì 4 settembre 2020 sarà un’altra data storica per la mobilità ferroviaria in Ticino. Verrà infatti inaugurata la galleria di base del Monte Ceneri, il terzo tunnel ferroviario più lungo della Svizzera (15,4 km) dopo quelli del San Gottardo e del Lötschberg. Che cosa significa per il nostro cantone quest’opera? Ne abbiamo parlato con il professor Remigio Ratti, esperto di politica dei trasporti.
Professor Ratti, è sempre stato affermato che per il nostro cantone la vera rivoluzione dei trasporti, con la nascita della metropolitana ticinese, è la galleria ferroviaria di base del Monte Ceneri più di quella del San Gottardo. Condivide?
«Credo sia un importante momento per una diversa mobilità interna e una nuova trama di sviluppo territoriale. Nel medesimo tempo devo ricordare come un’infrastruttura di trasporto costituisca in genere solo una premessa, una condizione necessaria ma non sufficiente, se non accompagnata da un immaginario collettivo, da un disegno strategico e da misure accompagnatorie. Dimezzare i tempi di viaggio tra Bellinzona e Lugano (15 minuti) e tra Locarno e Lugano (30 minuti) vuol dire essere decisamente concorrenziali rispetto alla strada; inoltre il Cantone, d’intesa con Comuni e vari vettori regionali e locali, ha rafforzato le premesse predisponendo un notevole sforzo (461 milioni per il prossimo quadriennio) per un servizio pubblico potenziato e integrato».

E gli effetti della galleria di base del San Gottardo?
«Siamo su un’altra scala. I guadagni di tempo – fino a un’ora sulla carta – sono stati per il momento in parte condizionati da limitazioni d’esercizio e dai lavori di potenziamento della tratta Arth-Goldau-Zugo. Il ricupero di passeggeri (8.000 prima dell’apertura) è però già evidente e tra un quinquennio si arriverà al raddoppio. Gli effetti strutturanti in parte si combineranno con quelli del Ceneri. Ci sono effetti d’anticipo, come per il caso di Visp e la galleria di base del Lötschberg aperta nel 2007. Così Bellinzona ha già conosciuto importanti investimenti immobiliari, dapprima pensati in funzione degli effetti da nord dell’apertura della galleria di base del San Gottardo, poi seguiti da effetti anticipatori da sud, in funzione del Ceneri. Negli ultimi due anni Bellinzona ha guadagnato abitanti, mentre Lugano e Locarno ne hanno persi. Altri importanti effetti d’accompagnamento concernono le stazioni e le pregiate aree ivi connesse, oggetto di investimenti complessivi da parte FFS dell’ordine di un centinaio di milioni. Ma le attese sono per la fase a posteriori».
Gli effetti combinati delle due gallerie sono quelli sperati per la Città Ticino?
«A medio e lungo termine molto si giocherà attorno a questo concetto, non più solo di alcuni visionari, ma ormai inserito, anche grazie al progetto AlpTransit Ticino dei primi anni ’90 (gruppo Galfetti) quale alternativa di sviluppo territoriale ai progetti strettamente ferroviari delle FFS. I tre agglomerati citati della Città Ticino costituiscono ormai la metà della popolazione residente nel cantone, accogliendo inoltre due terzi dei posti lavoro. Il Cantone, investendo per un raccordo di collegamento diretto tra Locarno e Lugano, ha costituito le premesse per farle interagire e fare sistema quali città potenzialmente complementari. Una vera sfida per la progettualità e la capacità d’investire, resa ancor più ardua in un periodo di grandi mutamenti e incertezze».


Ma quanto c’è di retorico e quanto invece, nel Ticino dei secolari regionalismi, questa nuova mobilità potrà davvero favorire un cambiamento culturale nel modo di vivere il territorio e di concepirne lo sviluppo?
«Quello delle infrastrutture e della rivoluzione dei trasporti è un discorso infinito che percorre tutta la storia del cantone sin dalla sua costituzione; sia per dargli una coesione interna, sia per superare la sua doppia perifericità verso l’esterno. Pensiamo alla priorità data alle strade quando il Ticino dell’Ottocento era così frammentato che per tre quarti di secolo ha avuto una capitale itinerante tra Bellinzona, Locarno e Lugano. L’avvento della Gotthardbahn nel 1882, dotando il Ticino di una spina dorsale da Airolo a Chiasso e scoprendo le potenzialità dei centri, determinerà un salto epocale nella trama del territorio, ma non quella rivoluzione economica che lo agganciasse a quella maturata al di là della Alpi. Anche la galleria autostradale del San Gottardo aveva fatto pensare a nuovi impulsi da nord. Arrivata in ritardo nel 1980, gli effetti economici si sono registrati invece piuttosto da sud con l’autostrada Milano-Lugano arrivata quindici anni prima assieme alla travolgente permeabilità transfrontaliera della motorizzazione privata. Ora siamo a cinque minuti a mezzanotte per riassestare territorio e ambiente».
Questo richiamo storico non appare del tutto tranquillizzante. Quali sono gli elementi che più ci devono preoccupare?
«La già citata fase di grandi mutamenti, in cui ci troviamo, arrischia di portare opinione pubblica e politici verso posizioni attendiste o improntate a un regionalismo di difesa. Del resto, non tutto è oro quel che luccica. La galleria di base del San Gottardo ha anche ambivalenti effetti drenanti rispetto ai poli di Zurigo, Zugo o Lucerna e ancora difficili da leggere. Maggiori opportunità per i giovani, ma anche fuga delle forze migliori. Migliore integrazione nel contesto svizzero, ma anche maggiore dipendenza dai poteri decisionali d’oltralpe. Nell’ambito regionale, la Città Ticino nascerà complementare ed equilibrata come la si vorrebbe? E la domanda è analoga nei rapporti con le valli e le aree periferiche. Per questo è importante che le pianificazioni impostate per i Masterplan delle nuove agglomerazioni di Mendrisio, Bellinzona e Lugano – manca purtroppo il Locarnese – non subiscano contraccolpi e siano l’ambito per costruire un solido immaginario collettivo di riferimento e di progettualità aperta e adeguata ai nuovi scenari».


Adesso abbiamo i tunnel di base del San Gottardo e del Monte Ceneri, però AlpTransit non è completa, resta in particolare il problema del prolungamento a sud di Lugano. Sulla tempistica il Consiglio federale ha fatto retromarcia rispetto agli intendimenti iniziali e ha annunciato che gli studi sul tracciato saranno pronti nel 2025. Lei è fiducioso?
«Vorrei dapprima richiamare come la Città Ticino comprenda anche le città di Mendrisio e di Chiasso. Quindi anche il riferimento al polo urbano transfrontaliero del triangolo Como-Chiasso/Mendrisio-Varese, la cui consistenza demografica è, in senso stretto, il doppio di quella considerata per la galleria del Ceneri. E qui abbiamo il riferimento all’altro metro urbano voluto con il collegamento ferroviario Mendrisio-Varese (Malpensa) entrato in funzione con discreto successo nel 2018. Serve un’area cruciale per il nostro equilibrio nei rispetti della realtà centripeta di Milano, ma la politica, e non solo, sembra ignorarla in un’ibernazione da regionalismo regressivo. L’avessimo meglio presente risulterebbe evidente, anche agli occhi della Berna federale, il collo di bottiglia tra le due triangolazioni urbane della territorialità ticinese: il segmento Mendrisio-Lugano. Per accelerare la tempistica del completamento a sud di AlpTransit si è costituita l’associazione ProGottardo ferrovia d’Europa; una sua petizione con oltre diecimila firme ha visto il Gran Consiglio invitare l’Esecutivo a essere più rivendicativo presso l’Ufficio federale dei trasporti. La consigliera federale Simonetta Sommaruga e le Camere federali faranno il punto nel 2022. Tuttavia, promettere i soli studi per il 2025 significa al meglio veder una messa in funzione, come dai piani attuali, nel 2054».
Il Sottoceneri reclama anche la terza corsia autostradale tra Lugano e Mendrisio, arteria oggettivamente al collasso. È possibile e coerente portare avanti questo progetto assieme a quello del completamento di AlpTransit?
«A livello accademico si denuncia quanto anacronistico sia tener separate le pianificazioni e gli investimenti per la strada e per la ferrovia. Una votazione popolare negativa di cinquant’anni fa, le lobby delle due parti e le recenti votazioni federali sulla costituzione di due fondi di finanziamento distinte hanno finora reso vano ogni tentativo di discorso integrato in termini di mobilità, territorio e ambiente. Il caso citato è tra i più evidenti addirittura a livello nazionale. Ora una petizione partita dal Comune di Melano e appoggiata, tra gli altri, dalla ProGottardo e da EspaceSuisse ne chiede una revisione nel senso citato. Siamo in zona cesarini. Ma quando vuole - il se è però d’obbligo - sappiamo che il Ticino sa ottenere quanto appare fondato e credibile».
Nell’inserto che nel 2016 il Corriere del Ticino aveva dedicato all’apertura della galleria di base del San Gottardo lei scrisse che AlpTransit è solo un tassello di un più grande disegno, da includere in visioni strategiche dialoganti con la globalità, ma di non vedere queste visioni strategiche su scala continentale. Quattro anni dopo qual è il suo giudizio?
«Mantengo questa tesi, costatandone quanto ancora rimanga aperta. Tuttavia, sebbene e proprio in periodo di pandemia, questo disegno si rilancia. Gli obiettivi della nuova presidenza UE concernente il “green deal europeo” e il piano di ripresa da 750 miliardi di euro stanno disegnando scenari nuovi, con un forte rilancio del treno in risposta all’areo su tratte anche superiori ai cinquecento chilometri. Rivedremo l’asse ferroviario del San Gottardo quale via delle genti? Sappiamo cosa si deve fare».