Solidarietà

La grande storia della porta seclera di Massagno

Nel 1990 il Comune inviò a Ghipes, in Romania, 85 quintali di vestiti, cibo e medicinali raccolti in una settimana nell’ambito di un’operazione umanitaria - Fu un viaggio avventuroso: «Ci spararono contro» - Nel 1993 dal villaggio arrivò in dono l’opera lignea che è stata restaurata di recente
©CDT/GABRIELE PUTZU
Federico Storni
21.09.2021 06:00

A Massagno, fra la Casa comunale e la Casa Rossa già sede delle AEM, si trova una porta lignea di pregevole fattura. Porta che ha una storia straordinaria, tanto che - per festeggiare la fine dei suoi lavori di restauro - sabato a Massagno sarà presente tra gli altri l’ambasciatore d’Ungheria Jozsef Czukor. Una storia che vale la pena raccontare, partendo dall’ex presidente rumeno Nicolae Ceaușescu.

Il «piano di sistemizzazione»

Il viaggio che porta alla porta lignea di Massagno parte infatti dall’ex dittatore rumeno, e dal suo «piano di sistemizzazione». Un programma nato negli anni Ottanta che prevedeva di urbanizzare i villaggi più poveri della Romania costringendo di fatto gli abitanti a spostarsi nelle città tramite la demolizione dei villaggi stessi. Un programma che fu tra i principali motivi per cui il despota finì poi fucilato il giorno di Natale del 1989.

Il piano di sistemizzazione aveva avuto ampia eco anche in Europa e, sull’impulso di alcuni cittadini belgi, 3.000 Comuni Belgio, Francia, Inghilterra, Olanda e Svizzera decisero di «adottare» alcuni di questi villaggi minacciati. Fra i diversi Comuni ticinesi che vi aderirono vi fu anche Massagno, su spinta di una mozione del 1989 della consigliera comunale Patrizia Cattaneo Beretta che chiedeva al Municipio di aderire al padrinato unilaterale con un versamento di 500 franchi. L’allora sindaco Mario Grassi fece poi un passo oltre: invitò i massagnesi a donare viveri, indumenti e medicine. In una settimana ne vennero consegnati all’Ufficio tecnico 85 quintali.

La lettura dei cippi

La partenza dal LUX. ©ARCHIVIO DI MASSAGNO
La partenza dal LUX. ©ARCHIVIO DI MASSAGNO

La spedizione alla volta del villaggio scelto di Ghipes partì nel febbraio del 1990 dal cinema Lux, forte di due autocarri della ditta Tanzi e una jeep. A capitanare la spedizione - c’erano da percorre 2.000 chilometri - il compianto Giuseppe Peduzzi, allora presidente della SAM Benefica. Con lui vi era anche l’ex segretario comunale Damiano Ferrari, che ricorda un viaggio travagliato e con qualche intoppo: «Le strade erano molto dissestate e raramente riuscivano ad andare a più di trenta chilometri all’ora - ci ha raccontato. - Poco dopo il confine con l’Ungheria, appena entrati in territorio rumeno ad Arad doveva dovevamo dormire, ci hanno sparato addosso: erano nazionalisti sostenitori di Ceaușescu. Ci siamo tuffati sotto i camion e abbiamo aspettato che tornasse la calma. Fortunatamente erano stati solo colpi d’avvertimento. Siamo quindi ripartiti subito, ma che spavento!».

«Ricordo anche - continua il nostro interlocutore - che ci avevano dato indicazioni in rumeno, ma in quella zona i nomi erano tutti in ungherese! Per fortuna Peduzzi grazie alle sue esperienze militari sapeva leggere i cippi stradali e siamo riusciti ad arrivare comunque». I cartelli erano in ungherese perché Ghipes era ed è abitata dai secleri, un gruppo etnico ungherese che vive da secoli in Transilvania.

C’è chi è ancora in contatto

L’arrivo a Ghipes. ©ARCHIVIO DI MASSAGNO
L’arrivo a Ghipes. ©ARCHIVIO DI MASSAGNO

Al villaggio la spedizione massagnese trovò tanto fango e tanta povertà, come ricordano Ferrari e un testo dello storico Raimondo Locatelli che verrà distribuito sabato e che rievoca il racconto di un redattore del Giornale del Popolo che aveva accompagnato la comitiva: «In questa gente vi è una grande dignità abbinata ad una grandissima umanità - si legge. - Ovviamente, è grande la commozione nel ricevere tutto quel ben di Dio mandato da Massagno. Una gioia incontenibile ma silenziosa che fa bene al nostro cuore».

Complice anche il prete protestante unitariano Alpar Bartha, negli anni successivi i rapporti fra Ghipes e Massagno furono mantenuti, tanto che alcuni giovani soggiornarono alcuni giorni alla casa montana Il Roseto ad Airolo, di proprietà di Massagno. «So che c’è qualche bambino di Massagno, oggi adulto, che ha ancora contatti con questi giovani», dice Ferrari.

Il tutto culminò con un secondo viaggio umanitario nel 1993, composto da 556 colli. Doni che la comunità seclera ricambiò presentando alla delegazione massagnese la porta lignea da loro realizzata che da quasi un trentennio ormai fa bella mostra di sé in paese.

Sabato arriva l’ambasciatore

In seguito alla scomparsa di Bartha, i contatti fra i due Comuni scemarono nel tempo. A riportare l’attenzione sulla porta, e a riportare l’attenzione sulla porta - su impulso dell’Associazione ungherese in Ticino, è stato il console onorario d’Ungheria Giacomo Ghezzi. E il suo restauro è stata un’iniziativa dell’ambasciata d’Ungheria coadiuvata dall’Ufficio tecnico di Massagno: «L’ambasciata sostiene attivamente le minoranze ungheresi e le testimonianze della cultura e dell’arte magiara al di fuori del territorio nazionale», era stato detto durante un incontro a Massagno lo scorso settembre.

Il restauro della porta seclera è avvenuto in realtà da oltre un anno, ma a causa della pandemia si è dovuto attendere oggi per un momento ufficiale. Sabato mattina l’ambasciatore Czukor, il console Ghezzi, il sindaco di Massagno Giovanni Bruschetti e altri visiteranno la porta. La cerimonia è su invito - necessario il COVID pass - ma chi fosse particolarmente interessato a partecipare può contattare la Cancelleria comunale che valuterà le adesioni in base ai posti ancora disponibili ([email protected]).