"La mafia anche qui, e va combattuta"

LUGANO - «La Svizzera non è più un'isola felice e l'Europa è una grande prateria dove ognuno può andare a pascolare». Ha un tono di voce pacato Nicola Gratteri, ma le sue parole scuotono. Sotto scorta dal 1989, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria ha dedicato la sua vita alla lotta contro la 'ndrangheta e ieri, su iniziativa dell'Associazione amici delle forze di polizia svizzere, assieme al professore e coautore dei suoi libri Antonio Nicaso, ha raccontato la guerra alla criminalità internazionale prima a Palazzo civico, ricevuto dal sindaco Marco Borradori e dalla vicesindaca Giovanna Masoni Brenni, poi all'hotel De La Paix in una conferenza dedicata al traffico mondiale di cocaina.
La ricerca degli amici
Quando prendono piede all'estero, le famiglie mafiose possono contare spesso su parenti o affiliati già presenti sul territorio, ma hanno bisogno di appoggiarsi anche su altre persone, altri «amici» inseriti nel contesto sociale ed economico. È a questo livello, secondo Nicaso, tra i massimi esperti mondiali di 'ndrangheta, che la Svizzera e altri Stati hanno commesso un errore.
«Hanno preferito considerare i mafiosi solo sul piano criminale o come un fenomeno culturale, come se fossero solo il prodotto di un territorio e di una mentalità, ma senza la consulenza e le capacità professionali di bancari, avvocati, commercialisti, senza l'aiuto di persone in doppio petto che frequentano i salotti buoni, farebbero molta fatica a realizzare i loro obiettivi. Sarebbero come il latte senza il lattosio, il caffè senza la caffeina». In cambio possono offrire soldi, molti. «Ho tanti di quei soldi – disse una volta un trafficante rivolgendosi a Gratteri – che lei e il maresciallo, messi uno sopra l'altro, vi sotterro».
J'accuse alle banche
Parlando di denaro e di come la Svizzera continua ad essere un crocevia di traffici finanziari, Nicaso non ha risparmiato critiche a quelle «banche compiacenti che hanno permesso ai prestanome dei mafiosi di depositare contanti», oppure che hanno giocato un ruolo nelle cosiddette triangolazioni, «facendo da 'sponda' per il trasferimento di soldi nei paradisi fiscali e incassando una percentuale per il servizio». Viene spontaneo chiedersi cosa succederà con la progressiva erosione del segreto bancario. «Le mafie hanno sempre bisogno di depositare e investire – ha risposto disilluso Nicaso – Anche se sta venendo meno il segreto, troveranno il modo per far entrare quel denaro nel sistema bancario».
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