Mendrisio

La masseria che sfidò il tempo

La struttura incastonata tra i tentacoli viari di Mendrisio, in zona Tana, è pronta a rinascere: l’apertura al pubblico è prevista per l’inizio del 2020 - GUARDA LE FOTO
Servizio foto di Chiara Zocchetti
Anna Riva
03.09.2019 06:00

Non ce lo si aspetta. E, anche nel caso contrario, stupisce comunque. Ogni volta. La masseria La Tana a Rancate, incastonata tra i tentacoli stradali di Mendrisio, è in attesa di rinascita. A prendersi amorevolmente cura di lei, e con lei anche del territorio riqualificato nell’ambito dei lavori allo svincolo, è l’architetto Guglielmo Bianchi – atelierB-architetti – e il suo team. Sono loro che, una decina di anni fa, hanno iniziato i lavori di recupero e ristrutturazione dell’insediamento, allora in stato di totale abbandono. Tetti che mancavano, parti crollate: tutto questo, nei loro piani, doveva essere relegato a spiacevole ricordo. Nel 2012 la domanda di costruzione viene approvata. E da allora inizia un iter pluriennale, suddiviso in varie fasi, con decisioni prese in corso d’opera.

Un’opera senza dubbio maestosa, che ormai quasi al suo stadio finale – dovrebbe aprire al pubblico all’inizio del prossimo anno – è in grado di rievocare una tradizione e una società neanche troppo lontane pur sorgendo al centro dell’ultimo miracolo dell’ingegneristica stradale. Il terreno, che non è ancora stato accatastato, è delimitato, d’accordo con il Comune, dalla pista ciclabile che ripristina il collegamento pedonale e ciclabile da Mendrisio a Ligornetto passando lungo il Laveggio. Al suo interno corre un canale di captazione necessario per il funzionamento della segheria e delle macine del mulino, per il momento ancora vuoto: «Abbiamo un diritto di acqua risalente a prima del Novecento», ci spiega Bianchi. Il Laveggio è la fonte: l’acqua c’è, ma non è quello il problema. Al di là del «vecchio» svincolo, una chiusa è in fase di ristrutturazione; l’acqua arriva, «fortunatamente», malgrado la scarsa pendenza: da un estremo all’altro ci sono solo 30 centimetri di inclinazione. Certo, non sarà un fiume in piena. Ma l’importante è che possa azionare la segheria, che sarà comunque in grado di funzionare elettricamente. Anch’essa, rispetto alle altre presenti sul territorio cantonale o federale, è particolare: oltre a non disporre di grande potenza, la ruota gira, per questioni di scorrimento dell’acqua, in senso antiorario. L’architetto racconta di come, ai tempi, i tronchi venissero tagliati con estrema lentezza. Ragion per cui si era pensato di disporre un campanello, che suonava quando al completamento di un asse mancavano gli ultimi cinquanta centimetri: i contadini abbandonavano provvisoriamente il lavoro nei campi, tiravano giù l’asse e la risistemavano, per guadagnare tempo. «A livello di scorrimento idraulico, la situazione è rimasta molto fedele ai tempi».

Il giardino, rigoglioso e curato, è stato reso più lussureggiante da una serie di inserimenti di alberi caratteristici della zona. Arbusti sempreverdi, fiori e piante da frutta completano la scena. Le tre macine – sì, perché la struttura comprende anche un mulino – ricevono potenza idraulica da altrettante pale. Il loro scopo e quello della segheria, tra qualche mese, sarà per ora principalmente dimostrativo. Bianchi ci racconta di come qualche anno fa, in uno stato di ristrutturazione ancora embrionale, con i forti temporali estivi la corte si allagasse. «Colpa» del Laveggio, che scorre appena al di là delle piante che cingono la tenuta. Un problema affrontato e fortunatamente risolto con la preziosa collaborazione dell’Ufficio federale delle strade (USTRA) e dello studio di ingegneria Comal: «Se dovesse succedere la stessa cosa adesso, sarebbe un disastro».

Mancano quindi pochi mesi e la struttura, in cui vivevano diverse famiglie, aprirà al pubblico. Sarà affittabile per eventi come matrimoni o compleanni, ma anche workshop, seminari, cene aziendali, attività didattiche, eccetera. Ci sono anche alcune camere, disponibili anch’esse in relazione a una manifestazione. «A livello comunale e cantonale, le pratiche edilizie sono sempre andate avanti senza nessuna opposizione», prosegue il nostro interlocutore. Certo, ristrutturare un edificio rustico in sasso con qualche secolo sul groppone non è cosa semplice. Soprattutto se il concetto è ambizioso: cercare di conservare laddove c’è un interesse storico e territoriale e, in parallelo, affiancarvi «quello che invece a parer mio deve avere un taglio più moderno». E in effetti è così: impianti a parte, la ristrutturazione conservativa si accompagna ad alcuni dettagli palesemente moderni, che assieme generano ad esempio locali dai vecchi camini con cucine all’ultimo grido.

La masseria saprà entusiasmare, una volta aperta e lanciata sul mercato? Chi lo sa. Certo è che chi viene a curiosare o a dare un’occhiata, e magari non è più giovanissimo, deve fare i conti con un’ondata di ricordi: «Venivo a giocare alla Tana, era bellissimo. Mi ricordo quando la segheria e le macine andavano ancora», riferisce Bianchi i commenti dei visitatori.

L’architetto pensa in grande: a breve inoltrerà un progetto di ampliamento. L’idea è quella di creare una sala con circa 250 posti a sedere. Questa, però, è un’altra storia: prima bisogna terminare i lavori entro la fine dell’anno. «È stato un lavoro molto lungo. Al più tardi a gennaio vorrei avere l’abitabilità, in modo tale da essere pronti per eventuali richieste in primavera-estate».

Ma la posizione poco propizia non rischia di scoraggiare eventuali interessati? Per nulla, trova Bianchi: avere le strade attorno permette anzi una migliore valorizzazione dell’area. Inoltre, una festa un po’ più allegra del previsto non disturberà il vicinato. E poi, «quando sei nella corte ti senti totalmente in un altro posto». Un «altrove» il cui successo, viste le premesse, sembra assicurato.

Foto Gabriele Putzu
Foto Gabriele Putzu