Castel San Pietro

La masseria di Vigino a un punto morto: ecco i motivi dello stallo

Il Cantone è sempre disposto a cedere la masseria a costo zero, ma di interessati neanche l’ombra – La svolta sembrava vicina, ma l’affare sarebbe sfumato per via del rifiuto dell’acquirente a sottostare alla Legge sulle commesse pubbliche
La masseria è iscritta dal 2007 tra i beni culturali di interesse cantonale. © CdT/Gabriele Putzu
Valentina Coda
24.11.2022 06:00

In questi anni il recupero della masseria di Vigino a Castel San Pietro è stato spesso sulla bocca di cittadini e politici. Paradossalmente, però, a far più rumore sono stati l’alone di segretezza e i silenzi di circostanza attorno alle trattative di vendita di questa testimonianza storica e culturale, tenuta attualmente insieme da ponteggi, plastiche trasparenti e travi di ferro. Una segretezza che si è tramutata in un rimpallo di competenze e che, ahimè, abbiamo toccato con mano anche noi quando abbiamo provato a fare chiarezza sulla questione appellandoci a Bellinzona.

La domanda che ha tenuto banco nel corso degli anni è sempre stata principalmente una: perché la trattativa tra il Cantone e la Fondazione (promossa da un privato ma di utilità pubblica) interessata a rilevare la masseria è naufragata nonostante il progetto di recupero fosse stato avallato dall’Ufficio dei beni culturali? E ancora, perché il Cantone ha proposto di cedere a costo zero il complesso lasciando in eredità a Castel San Pietro «un regalo avvelenato», come descritto dalla sindaca Alessia Ponti? Ebbene, il nodo della questione si chiama Legge sulle commesse pubbliche. Un vincolo normativo a cui la Fondazione, stando a informazioni in nostro possesso, avrebbe preferito non sottostare.

Una brusca frenata

Il tavolo dei negoziati è sempre stato apparecchiato per due, ovvero per il Cantone e il Comune, salvo per un breve lasso di tempo quando si era aggiunta, appunto, una Fondazione interessata a rilevare il complesso rurale tramite un progetto con contenuti scolastico-didattici. Progetto analizzato dall’Ufficio dei beni culturali e, in seguito, considerato meritevole e praticabile dallo stesso, come confermatoci dal capoufficio Endrio Ruggiero. Un ospite che, però, in corso d’opera aveva deciso di tirarsi indietro dopo che – e questa è la prima versione che negli anni ha tenuto banco – il Cantone avrebbe modificato le basi della trattativa, ovvero il valore della masseria, passato da qualche migliaio di franchi a oltre un milione (in seguito sceso a 800.000 franchi). E qui entra in gioco la Legge sulle commesse pubbliche, che interviene quando il Cantone concede sussidi o dona beni per più di un milione di franchi e che assoggetta il beneficiario all’obbligo di procedere con dei pubblici concorsi. La masseria, quindi, sarebbe stata ceduta a costo zero (simbolico) alla Fondazione con l’aggiunta di un pacchetto di soldi extra elargito dal Cantone. Tenendo quindi conto del valore del bene e del denaro aggiuntivo, si sarebbe superato il milione di franchi. Tradotto: scatta la Legge sulle commesse pubbliche. La Fondazione, come detto, secondo nostre informazioni avrebbe voluto la Masseria di Vigino e i soldi del Cantone, ma senza poi dover sottostare alla norma.

Acquirenti, fatevi avanti

Da noi contattata, la rappresentante dell’ente privato ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Da Bellinzona, invece, il direttore della Divisione dell’economia del Dipartimento delle finanze e dell’economia Stefano Rizzi ha ricordato che «l’Ufficio per lo sviluppo economico, in accordo con l’Ente regionale per lo sviluppo del Mendrisiotto e Basso Ceresio, resta pronto a valutare unicamente eventuali progetti nell’ambito della politica economica regionale». Allo stato attuale, di potenziali acquirenti non se ne vede l’ombra. Recentemente, però, la Legge sulle commesse pubbliche è stata modificata, cosa che potrebbe attirare l’attenzione di eventuali interessati. Più nel dettaglio, è previsto che fino a un contributo complessivo di tre milioni di franchi si applichi sì la Legge sulle commesse pubbliche, ma sarà possibile procedere con dei mandati diretti senza dover fare concorsi. Chi fosse interessato può contattare l’Ufficio del demanio del Dipartimento del territorio. Trattative e precisazioni a parte, quello che rimane è un bene culturale e storico che se non fosse stato messo in sicurezza avrebbe fatto la fine di quella porzione di tetto crollata qualche mese fa. Oltre a tanto «rammarico» sul fronte comunale che si ritrova sul territorio una masseria che comporta una spesa di ristrutturazione milionaria. O meglio, una «peppatencia» e un «regalo avvelenato», secondo la sindaca Alessia Ponti.

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