In appello

La minorenne e i poliziotti: «Alla fine la verità è emersa»

Prosciolto l’agente della Comunale implicato nel 2017 nel caso dell’adolescente che guidò un’auto e disse di aver indossato la divisa – «Una vittoria, ma non piena: nessuno mi ridarà questi quattro anni»
I fatti avvennero quando era capogruppo a Lugano, oggi è nella polizia Malcantone Ovest.
Stefano Lippmann
04.11.2021 06:00

«Finalmente, dopo 4 anni e due mesi, emerge la verità, ovvero che mi sono semplicemente scattato due selfie mentre ero nella mia auto privata». C’è, evidentemente, del sollievo nelle parole dell’agente di polizia, oggi 40.enne, che nel 2017 finì nella bufera. Un sollievo dettato dal fatto che la Corte di appello e dei reclami penali (CARP) l’ha prosciolto da (quasi) tutte le accuse. Il tutto ruota attorno al caso della ragazza – allora 17.enne – che guidò l’auto di un collega. Non solo, all’epoca dei fatti aveva altresì sostenuto che, insieme al 40.enne, in quel periodo aveva effettuato una perquisizione alla pensilina di Lugano indossando una maglietta delle forze dell’ordine. Fatti ritenuti gravi per i quali venne aperta un’inchiesta che sfociò in due condanne.

Nei confronti del primo agente, quello che permise alla ragazza di guidare l’auto, venne emesso un decreto d’accusa di 60 aliquote giornaliere da 120 franchi per il reato di concessa guida. Il 40.enne, invece, venne rinviato a giudizio dal sostituto procuratore generale Antonio Perugini (dossier poi ripreso dal pp Arturo Garzoni), siccome accusato di favoreggiamento, ripetuto abuso d’autorità, violazione del segreto d’ufficio e ripetuta infrazione alle norme della circolazione. Il processo – davanti alla Corte delle assise correzionali presieduta dal giudice Mauro Ermani – si tenne il 13 agosto del 2019.

Alla fine del dibattimento l’uomo venne condannato a 120 aliquote giornaliere da 110 franchi (oltre a una multa di 2.000 franchi) per favoreggiamento e infrazione alle norme della circolazione. Sin da subito, invece, venne a cadere il reato di ripetuto abuso d’autorità: questo perché la ragazza risultò – perizia psichiatrica alla mano – del tutto inattendibile.

Nei confronti dell’agente, in particolare, venne rimproverato il fatto – nella sua funzione di capogruppo della PolCom – di non aver segnalato ai superiori che la minorenne aveva guidato senza patente l’auto del collega. «Ne era a conoscenza – ha sostenuto la Corte delle assise correzionali – ma ha intenzionalmente omesso di segnalare e di intervenire d’ufficio» con «l’intento di sottrarre la minorenne e il collega all’inevitabile procedimento penale».

Non ci fu favoreggiamento

Assistito dalla legale Maria Galliani, l’agente ha quindi deciso di presentare ricorso. E la CARP, lo scorso 7 ottobre si è pronunciata per il proscioglimento dall’accusa di favoreggiamento.

L’agente, in realtà, venne a sapere della guida senza patente da una conversazione privata avuta con la minorenne e – si legge nella sentenza della CARP – informò, nel giro di qualche giorno, il capogruppo del collega: «Egli – motiva innanzitutto la giudice Giovanna Roggero-Will – è chiaramente venuto a conoscenza del reato nell’ambito della sua sfera privata, ossia in un momento in cui, sulla base del diritto applicabile, non era soggetto ad alcun obbligo di denuncia».

In sostanza, in base alla legge non era obbligato a denunciare, ma nonostante ciò informò comunque un superiore. Di più: l’agente «non era, per nulla, intenzionato a sottrarre chicchessia ad un procedimento penale. Semplicemente ha atteso di avere qualche elemento che gli permettesse di attribuire un qualche fondamento alle dichiarazioni che gli avevano lasciato qualche perplessità».

Poi, ravvisa la Corte, «ha informato il superiore diretto del collega». Prosciolto, dunque. Resta, invece, l’infrazione alle norme della circolazione, relativa all’esserci scattato due selfie in auto, mentre percorreva il viottolo di casa. Per questa fattispecie è stata inflitta a una multa di 400 franchi.

I risarcimenti

La CARP si è anche pronunciata sulle spese sostenute dal 40.enne e sui risarcimenti. In virtù del quasi totale proscioglimento, la giudice Roggero-Will ha ordinato che gli oneri processuali di primo grado (dinanzi alle Correzionali) sono posti a carico dello Stato nella misura del 90% (come in appello).

«Ho subito un danno»

Tra pochi giorni, salvo sorprese, la decisione crescerà in giudicato. E, quindi, sarà scritta definitivamente la parola «fine» sull’intera vicenda. «Oggi posso dire che è una vittoria, ma non piena. Perché nessuno mi darà indietro questi quattro anni. Senza contare il danno d’immagine che ho subito e la gogna mediatica alla quale sono stato sottoposto, anche con articoli che riportavano fatti mai accaduti» commenta l’agente. Quattro anni nei quali la sua vita (non solo professionale) ha subito veri e propri scossoni. Poco dopo i fatti l’uomo era diventato vicecomandante della polizia Collina d’Oro. «Municipio che – sottolinea –, venuto a conoscenza dell’inchiesta mi ha dapprima sospeso e poi licenziato». Però, come abbiamo visto, di condanne ancora non ce n’erano. «Ho lavorato 12 anni in polizia a Lugano e dall’oggi al domani per una denuncia ho perso il posto di lavoro – continua – e poi sono finito in disoccupazione». Oggi l’agente lavora per la Polizia Malcantone Ovest: «Il comune di Caslano mi ha dato fiducia e oggi questa fiducia è ripagata». L’accusa principale, come detto, era quella di ripetuto abuso d’autorità e di favoreggiamento ma, dalle risultanze degli atti, fa presente il nostro interlocutore, «sono l’unico che ha segnalato il caso e l’unico che è stato indagato». Per fortuna «ho sempre potuto contare sul supporto della mia compagna e della famiglia».