Ligornetto

La natura chiede spazi, la legge risponde «aspetta»

I temporali di giovedì sera hanno fatto nuovamente esondare il Laveggio – La zona è al centro di un progetto di rinaturazione e di allargamento dell’alveo ma non si potrà agire prima di aver evaso i ricorsi pendenti – Le ditte corrono ai ripari e si «barricano»
©Chiara Zocchetti
Stefano Lippmann
28.07.2025 06:00

Le paratie, fortunatamente, hanno fatto il loro dovere. Grazie a questo meccanismo, ormai collaudato, è stato scongiurato il peggio. Si è evitato, in sostanza, che l’acqua del fiume Laveggio raggiungesse l’interno dell’azienda. I disagi (e i potenziali danni), in caso contrario, sarebbero stati d’importanza ben diversa. In via Ponte Laveggio, proprio al confine tra i quartieri di Genestrerio e Ligornetto, giovedì sera il fiume è esondato. Di nuovo. E quella che una volta poteva essere definita «piena centenaria», ora si manifesta con più regolarità. Se a tutto ciò si aggiunge che il progetto per sistemare l’alveo del fiume ha un iter ricorsuale da seguire, è facile intuire che la situazione – nel breve termine – non migliorerà.

Di questo ne sono consapevoli direzione e collaboratori della Ligo Electric – conosciuta anche con il nome di Valera – che da decenni devono fare i conti con il Laveggio che esonda. Della loro storia ne avevamo parlato quasi un anno fa (vedi edizione del 2 agosto 2024), dopo che il corso d’acqua era straripato due volte in dieci giorni. Come detto, gli strumenti messi in atto alla Ligo Electric – la parte storica dell’immobile risale al 1978 – hanno permesso di tenere alla larga l’acqua. Nello specifico, ci avevano raccontato un anno fa i membri della direzione, da tempo sono state montate delle paratie lungo la cancellata d’accesso all’azienda. Discorso simile dietro le varie porte d’entrata: in quel caso le paratie vengono posizionate alla fine del turno di lavoro. Nel piazzale, inoltre, sono stati posati dei sensori che lanciano l’allarme nel caso fosse riscontrata la presenza di acqua.

Ora, con l’esondazione di giovedì, i timori sono puntualmente ritornati. Già, perché la situazione si protrae da anni: basti pensare che i primi contatti tra l’azienda e il Municipio – volti a trovare una possibile soluzione – risalgono al 2013. Il CEO dell’azienda Flavio Soresina, all’indomani dell’ultima esondazione, ha deciso di prendere carta e penna e scrivere al Municipio nonché all’Ufficio tecnico comunale di Mendrisio. «La situazione è diventata insostenibile e non è più tollerabile il continuo rinvio degli interventi strutturali da parte delle autorità» si legge nella missiva. Un testo che il mittente conclude con tre interrogativi: «A che punto è il progetto di allargamento e rinaturalizzazione del Laveggio? Quali misure urgenti e transitorie intende intraprendere il Comune in attesa dell’intervento definitivo? Quando prevede realisticamente l’apertura del cantiere?».

Quei cinque ricorsi

È almeno dal 2011 che, per quella zona, si è al lavoro per trovare una soluzione al problema. Diciamo 2011 perché in quell’anno la Città di Mendrisio e l’allora Municipio di Ligornetto fecero allestire uno studio di fattibilità per allargare il corso d’acqua del fiume. A febbraio dello scorso anno, 13 anni dopo, ecco il progetto: 6 milioni di franchi per allargare e rinaturare l’alveo alleviando così il problema della «piena idraulica». Ma non solo, nel cuore del Parco del Laveggio c’è l’intenzione di inserire un serie di contenuti paesaggistici e naturalistici che permettano altresì di ripristinare il corridoio ecologico per anfibi, rettili e piccoli-medi mammiferi (senza dimenticare la libera migrazione piscicola). Infine, a lavori ultimati, si creerà anche un complesso boschivo con alberi e arbusti autoctoni. Prima, però, andranno evasi i ricorsi sulle licenze che ha rilasciato il Municipio: cinque (come avevamo riportato nell’agosto dello scorso anno). Stando a quanto abbiamo potuto appurare ci vorrà ancora del tempo prima di poter chiudere le pratiche. Il percorso è ancora lungo. In via Ponte Laveggio si spera, dunque, in una soluzione transitoria. E che i temporali siano il più possibile clementi.

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