«La nostra iniziativa del 10% si può finanziare in modo solido»

Il Governo stima un salasso annuo di 300 milioni, il PS e i sostentori della cosidetta «iniziativa del 10%» in materia di cassa malati dicono che saranno meno e che, comunque, i cittadini quei soldi già li pagano. Ma soprattutto c’era attesa per le misure suggerite per compensare questo aggravio per le casse cantonali. Con questa intervista al co-presidente del PS Fabrizio Sirica ne anticipamo i contenuti destinati a fare dibattere in vista del confronto alle urne del prossimo 28 settembre. Un finanziamento studiato in tre mosse facendo leva sulle stime immobiliari, l’aliquota sulla sostanza e il moltiplicatore cantonale d’imposta.
Va riconosciuto che pochissimi di fronte a un’iniziativa popolare, prima del voto, indicano come finanziarla. È un’idea del PS?
«Sì, e parla del nostro modo di intendere la politica. Da un lato è un’assunzione di responsabilità: non lanciamo il sasso e nascondiamo la mano. Dall’altro corrisponde ad un approccio analitico. Vogliamo che il dibattito su un tema così importante non sia basato su scontri meramente ideologici e spauracchi, ma sulla razionalità. Con questo scenario noi dimostriamo, cifre alla mano, che il ceto medio avrà un netto beneficio dalla nostra iniziativa. E poi, l’abbiamo fatto per mostrare l’infondatezza degli argomenti dei contrari. Senza portare nessun dato parlano di un’esplosione delle imposte che sfavorirebbe la cittadinanza. Questo non è vero, e la sfida è questa: non parliamo per slogan, confrontiamoci sulle cifre».
Detto che oggi sarà questa cosiddetta «società civile» a presentare il piano di finanziamento, ci si può chiedere se non toccasse a voi scendere in campo?
«Eccoci. Non solo siamo in campo, ma giochiamo in attacco perché consapevoli di avere in mano una riforma storica, che metterà finalmente un tetto ai premi e che risponde concretamente alla prima preoccupazione della cittadinanza. Difendiamo con convinzione sia la proposta di limitare i premi, sia la sua modalità di finanziamento, che se applicata migliorerà la fine del mese di decine di migliaia di persone che al 31 del mese aspettano l’AVS o il salario contando i giorni. Il coinvolgimento di un comitato di economisti indipendenti, mostra che non è una proposta autorefernziale, ma “certificata” da competenti professionisti».
Secondo una stima del Governo l’impatto annuale sarà pari a 300 milioni. Voi contestate l’importo, ma ne riconoscete l’impatto per le finanze cantonali?
«Chiariamo un aspetto fondamentale per un voto consapevole: costa troppo? No, costa già. Oggi questi 300 milioni sono tutti completamente a carico del 61% dei cittadini che pagano oltre al 10% del proprio reddito per i premi. Quindi il tema è uno solo: come pagare questa fattura? Dobbiamo continuare a lasciarla sulle spalle del ceto medio o finanziarli, come proponiamo, in maniera più equa? 300 milioni sono insostenibili non per i conti pubblici, ma per i cittadini che non ce la fanno più a pagare i premi. Venendo alla cifra, è una stima teorica che si fonda sul presupposto che ogni avente diritto ne usufruisca, sia l’esperienza in Canton Vaud (dove è applicata la 10%) sia vari studi a livello nazionale, dimostrano che delle prestazioni sociali non tutti ne usufruiscono, è quindi prevedibile che la cifra sarà del 20-30% inferiore, a preventivo è immaginabile che sarebbero 240 milioni o meno».
Ci sono poi i Comuni che sono scesi in campo con i propri sindaci per segnalare difficoltà (anche per il testo della Lega). Non è sfuggito che, tra gli altri, c’era pure il socialista Mario Branda. Capisce il vostro compagno o avrebbe gradito, quantomeno, il suo silenzio sul vostro testo?
«Si sono detti contrari alla nostra iniziativa per un’ipotesi, ossia quella che “magari, forse, potrebbe darsi” che per finanziare l’iniziativa si “modifichi la legge chiedendo loro un contributo”. Con l’attuale legge, ma ancor più chiaramente con la nostra modalità di finanziamento dimostriamo che l’iniziativa non costerà un franco ai Comuni. Anzi, il potere d’acquisto rafforzato della popolazione, come spiega il professor Rossi dell’Università di Friburgo, ricadrebbe principalmente sull’economia locale. Quanta gente oggi a fine mese è costretta ad andare oltreconfine per fare la spesa? Con 400 franchi in più al mese, si potrebbe restare sul territorio, con un impatto positivo anche le realtà locali. Quindi no, non chiedo il silenzio, chiedo di non argomentare sulla base di illazioni».
Veniamo alle proposte di finanziamento: stime immobiliari, aliquota sulla sostanza e moltiplicatore cantonale. Il comun denominatore pare chiaro: mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Come replica?
«Partiamo da una contraddizione enorme di questo ragionamento. L’aumento folle dei premi negli ultimi vent’anni, con +40% solo negli ultimi 4 anni, non è mettere le mani in tasca? E i contrari non vedono che questa è la tassa più antisociale? Se non si fa nulla, come propongono loro, i premi non aumentano? Venendo alla domanda, i dati mostrano che la grande maggioranza trarrà beneficio dalla nostra iniziativa. Le prove sono sul nostro sito e in diverse nostre pubblicazioni nero su bianco. Invito i lettori a verificare secondo la propria fascia di reddito quanto migliorerebbe la loro situazione. Una coppia di anziani con imponibile di 80.600 franchi pagherebbe 430 franchi in più d’imposta, ma avrebbe una riduzione dei premi di 5.400 franchi. Risultato: “nell’altra tasca” restano 4.970 franchi, cioè oltre 400 franchi al mese in meno di premio».


Vediamole una alla volta. Le stime immobiliari vanno a colpire anche i piccoli proprietari, non solo i cosiddetti «palazzinari». Non pare molto «gentile»?
«Chiariamoci. È la legge e non il PS che impone al Governo di fare un adeguamento entro fine anno. Non è un mistero che il governo presenterà in ogni caso a breve questa modifica. Noi diciamo: questi soldi tornino, attraverso la 10%, a quel ceto medio che ha una casetta o un appartamento».
Per la sostanza si propone di tornare all’aliquota del 3,5 per mille. In sintesi è chiaro che l’attuale soglia del 2,5 voi non l’avete mai digerita. Non temete vi si dia dei «cattivi perdenti»?
«Negli ultimi 20 anni in Ticino sono triplicate le persone con più di 5 milioni di sostanza. E il ceto medio? A fronte di un’esplosione dei premi ha visto i salari e le rendite stagnare. Ogni anno si fa più fatica. Chiedere a chi ha sostanze importanti (l’aliquota sarebbe un aumento solo per chi ha più di 1,3 milioni) di dare il proprio contributo, pagando un franco in più ogni mille, è semplicemente un gesto di coesione sociale».
La parte del leone la farebbero i 10 punti percentuali di proposta di aumento del moltiplicatore cantonale: si tratta di potenziali 155 milioni di franchi. Insomma, tutto facile?
«Le imposte sono fondate sul dettame costituzionale della progressività: chi ha di più, contribuisce proporzionalmente di più. Facendo finanziare anche tramite le imposte il costo dei premi, persone con più di 150.000 franchi di imponibile (salari da 15.000 al mese) e con sostanze milionarie ci perdono, ma il ceto medio e chi fa fatica a pagare i premi, ossia la stragrande maggioranza, ci guadagna».
Ma perché non proporre anche qualche sacrificio per risparmiare milioni da mettere a vantaggio dell’iniziativa?
«I cittadini stanno già facendo sacrifici; penso a quelle famiglie in cui entrambi i genitori hanno studiato, lavorano e fanno sacrifici per conciliare tutto, ma che per pagare i premi di cassa, la franchigia, la partecipazione ai costi, i medicamenti non riconosciuti, non possono nemmeno permettersi una vacanza».
Complessivamente il Cantone potrebbe incassare con il triplice intervento 261 milioni. Ma questa non è pura teoria che rischia di infiammare la campagna? Non teme un «ritorno di fiamma» in grado di scottarvi tutti?
«No, è politica seria. Se vinciamo la cittadinanza era consapevole di come volevamo finanziarla e il Parlamento dovrà tenerne conto».


Il meccanismo della vostra iniziativa fa leva su qualcosa che già c’è ma è da tempo contestato: i sussidi Ripam, che hanno già conosciuto un’importante esplosione. Alla fine non è una provocazione?
«Il modello RIPAM oggi non è più sufficiente, basti pensare che per decine di migliaia di cittadini il sussidio non compensa l’aumento che, ogni anno e per i prossimi anni a venire, si sta vivendo. E quindi va riformata, con la nostra iniziativa sul 10%. Quasi due terzi della popolazione vedrà i premi di cassa malati diminuire grazia a questo nuovo modello RIPAM».
Possiamo dire che la vostra iniziativa è un po’ il grimaldello per realizzare un grande sogno: il premio in base al reddito?
«Certo, ed è uno dei motivi per cui votare l’iniziativa: un primo passo verso un sistema più equo, con premi in base al reddito. Solo in Svizzera si pagano premi uguali per tutti: il 28 settembre abbiamo la possibilità di cambiare questo sistema ingiusto. Un sogno di civiltà, per svegliarsi dall’incubo di aumenti senza fine: mettiamo finalmente un tetto ai premi, massimo il 10% del reddito».