Commercio

La parità tra franco ed euro spinge il turismo della spesa

Il cambio vantaggioso ha dato un nuovo impulso agli acquisti della clientela ticinese nei supermercati d’oltreconfine – Enzo Lucibello: «Complice anche il prezzo della benzina, la situazione è tornata ai livelli del 2019, ma l’inflazione ci ha dato una mano»
©Gabriele Putzu

«Il turismo degli acquisti? Siamo tornati ai livelli del 2019». Non ha dubbi, il presidente dell’Associazione dei grandi distributori ticinesi (DISTI) Enzo Lucibello, nel tracciare il quadro della situazione. «Potremmo anche avere i commercianti migliori del mondo, ma il confronto con l’Italia rimane impari». Già. Gli acquisti a chilometro zero durante la pandemia sono ormai un ricordo. E in più, nell’ultimo anno, a incidere sulla scelta del supermercato è stata anche la parità tra il franco e l’euro, che ha incentivato le compere oltreconfine.

«Prima della pandemia - racconta il portavoce di Migros Ticino, Luca Corti - stimavamo in circa 500 milioni di franchi annui il volume degli acquisti effettuati in Italia dai residenti in Ticino, ovvero intorno al 15% della spesa totale». Un fenomeno «non trascurabile», sottolinea Corti: «Corrisponde a una perdita di circa 1.000 posti di lavoro per il commercio al dettaglio nella nostra regione, senza tenere conto di tutta la filiera dei fornitori locali». E oggi, superato l’impatto della pandemia? «Oggi abbiamo la certezza che il volume di spesa dei residenti nella fascia di confine è almeno di 500 milioni di franchi all’anno», risponde il portavoce di Migros Ticino. «La debolezza dell’euro non gioca a nostro favore, e il turismo degli acquisti si è rafforzato, su livelli paragonabili al 2019».

Tutto ciò ha fatto sì che la diminuzione del volume del commercio al dettaglio in Ticino nel 2022 sia stata «sensibilmente più alta che nel resto della Svizzera». «La cifra d’affari di Migros Ticino - dice ancora Corti - registrata nel 2022 è in sostanza uguale a quella registrata nel 2019, anno di riferimento pre-pandemia».

La forza del franco, insieme al basso costo della benzina, ha determinato una corsa verso l’Italia, perlomeno inizialmente
Enzo Lucibello, presidente dell'Associazione dei grandi distributori ticinesi (DISTI)

Il confronto dei prezzi

Se il cambio favorevole ha dato la spinta decisiva alla ripresa del turismo degli acquisti, anche il costo della benzina ha rappresentato un fattore trainante. «La forza del franco, insieme al basso costo della benzina, ha determinato una corsa verso l’Italia, perlomeno inizialmente», sostiene Lucibello. Nel 2022, ammette anche Philipp Wyss, presidente della direzione generale di Coop, «abbiamo registrato un turismo della spesa attivo, in parte a causa del tasso di cambio con l’euro e del prezzo vantaggioso della benzina nei Paesi confinanti». Ma dopo un primo contraccolpo, che Enzo Lucibello definisce «importante», ora la situazione «si è stabilizzata». Il motivo? Il presidente della DISTI risponde: «L’inflazione in Italia - molto più alta di quella registrata in Svizzera - ci ha dato una mano. Il consumatore si è accorto che i prezzi oltreconfine sono lievitati di molto nell’ultimo anno. Facendo un confronto, quindi, i ticinesi probabilmente si sono resi conto che la spesa in Italia non è necessariamente più conveniente». Un parere, quello di Lucibello, confermato anche da Migros e Coop. «La forte inflazione che sta colpendo l’Italia - spiega Luca Corti - ha cambiato alcuni equilibri e diminuito le differenze di prezzo. Un numero crescente di articoli è oggi più a buon mercato in Migros che oltreconfine. Per fare qualche esempio: dadi, condimenti vari e spezie, assortimenti etnici, articoli per l’igiene intima e per i bebè, alimenti da spalmare sul pane e marmellate di frutta (a parità di qualità e proprietà), articoli non food come carta “alu” e carta da forno». Il livello di inflazione in Svizzera «significativamente inferiore», evidenzia anche Wyss, ha rappresentato «un effetto di compensazione»: «Nel complesso, i prezzi in Svizzera sono aumentati meno che in altri Paesi».

Parcheggi sempre pieni

È sufficiente però dare un’occhiata ai parcheggi dei supermercati italiani, specialmente durante il fine settimana, per capire quanto la spesa oltreconfine rimanga gettonata. «I dati dei nostri punti vendita a ridosso del confine sono tutti con il segno più», sottolinea Andrea Pertegato, responsabile della comunicazione di Coop Lombardia. «Particolarmente positive, poi, le vendite nel supermercato di Lavena Ponte Tresa, dove non abbiamo moltissimi competitor e la clientela ticinese è particolarmente importante. Ma anche a Como gli affari sono andati molto bene». Insomma, «i segnali sono molto positivi», prosegue Pertegato. Situazione positiva anche per Bennet, che conta tre punti vendita a due passi dalla dogana. Tavernola, Montano Lucino e Lavena Ponte Tresa. «L’afflusso della clientela svizzera dopo la completa riapertura del 2022 si è gradualmente assestato e al momento è stabile», dice la direzione. «Il nostro negozio continua ad attirare nuovi clienti», spiega da parte sua Paolo Pillon, direttore del supermercato DPiù di Carlazzo. «A fare la differenza - sostiene - non è solo il costo, ma anche la qualità della merce. Stando a quanto ci riferiscono i clienti, i prodotti a marchio italiano sono una garanzia». Al di là della convenienza economica, poi, ci sono le abitudini dei ticinesi. «La spesa in Italia è anche un fattore culturale», osserva Marco Cassina, presidente di Federmoda Confcommercio Como. «La passeggiata a Como durante il fine settimana, abbinata magari a un pranzo e alla spesa in un supermercato vicino al confine al ritorno, è una tradizione ormai consolidata», rileva Marco Cassina.

La spesa in Italia è anche un fattore culturale
Marco Cassina, presidente di Federmoda Confcommercio Como

Abitudini e regole diverse

Ed è qui che si riallaccia la riflessione del presidente della DISTI Lucibello: «Il punto è il quadro normativo italiano, più improntato alla liberalizzazione. Faccio un esempio concreto: se mi alzo la domenica mattina e piove a dirotto, in Italia posso andare a passare qualche ora nei centri commerciali. Cosa che qui, in Ticino, non è possibile. Insomma, parliamo di due contesti diversissimi, che rendono la “lotta” impari». Secondo il presidente della DISTI, però, questo non significa necessariamente dover tenere aperto qualsiasi negozio ogni weekend: «Non parlo di una liberalizzazione sfrenata, ma di dare la facoltà ai negozi di tenere aperto in funzione della domanda della clientela, anche per offrire un servizio. Alla pari di quanto avviene ad esempio per i ristoranti».

Che cosa dicono le previsioni?

Il tasso di cambio fra euro e franco svizzero, dopo aver toccato il valore minimo storico di 0,9497 lo scorso 28 settembre, ha ripreso a salire progressivamente fin verso la parità, a 1,0050 a metà gennaio, per assestarsi ai livelli odierni appena sotto la parità (0,9965). Insomma, per chi detiene franchi e vuole comprare euro da spendere in Italia o in un altro Paese dell’Eurozona, il cambio resta ancora interessante, specie se lo si guarda nell’ottica di lungo termine: per capirci, fino a inizio 2008 servivano quasi 1,70 franchi per comprare un euro, poi c’è stata la crisi finanziaria e da allora la moneta europea nei confronti di quella svizzera non è più tornata su quei livelli. Anzi, da un decennio a questa parte la fascia d’oscillazione è fra l’1,20 e la parità. Dunque, è il momento di comprare euro per le ferie o per gli acquisti? Qual è la tendenza futura del cambio euro/franco? Abbiamo sentito brevemente alcuni operatori della piazza finanziaria luganese per sondare il loro «sentore». I pareri non sono unanimi, come è naturale che sia quando si parla di previsioni, ma in generale l’idea è che in questa fase di incertezza economica (spinte inflazionistiche in Europa e negli Stati Uniti) e geopolitica (conflitto in Ucraina e tensioni nel Sud Est asiatico fra Cina e Stati Uniti), i presupposti ci sono tutti perché il franco svizzero possa ancora esercitare il suo ruolo naturale di valuta rifugio e quindi forte. Si pensi solo alla questione dell’inflazione, che in Svizzera a gennaio era al 3,3%, ben lontana dall’8,5% della zona euro. Le previsioni, quindi? Non siamo dei veggenti, ma ferme restando le condizioni macroeconomiche attuali, entro la fine dell’anno un tasso di cambio euro-franco leggermente più basso rispetto a quello attuale appare più che verosimile.
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