La peste non avanza, ma la guardia resta alta

A inizio maggio la malattia era a poco meno di cinquanta chilometri in linea d’aria da noi. Oggi, a distanza di quasi quattro mesi, non è avanzata: è sempre lì, tra Lombardia e Piemonte. Ciò non toglie, però, che la guardia sia sempre alta. L’attenzione, insomma, non manca. Stiamo parlando del virus della peste suina africana; una malattia innocua per l’essere umano, ma decisamente mortale per cinghiali e maiali. «Le autorità italiane stanno combattendo la malattia molto bene nel Nord Italia, riescono a tenerla sotto controllo» ci conferma – facendo i dovuti scongiuri – il veterinario cantonale Luca Bacciarini. A dar man forte alla battaglia, sul lato italiano, è stata anche la posa di una barriera anticinghiali lungo la autostrada A4. Ciò ha permesso, di fatto, di arginare lo svilupparsi del virus a nord, anche in considerazione del fatto che a poca distanza c’è il Parco naturale della Valle del Ticino: una potenziale «autostrada» per la peste verso il nostro Cantone. Va altresì detto che, però, oltre alla diffusione tramite i cinghiali, la malattia potrebbe «saltare»: ovvero essere trasportata dall’uomo. Prova ne è almeno uno dei due focolai che si è sviluppato in Germania, a duecento chilometri di distanza dal confine svizzero: «Il virus, che sinora ha colpito unicamente i cinghiali e non i suini domestici, ha le medesime modificazioni del genoma dei virus che sono presenti in Calabria» fa presente il veterinario cantonale.
Costantemente aggiornati
Bisogna dunque essere vigili, pronti e costantemente aggiornati. Nel corso del mese di maggio, tra Riva San Vitale e i boschi del Penz a Pedrinate, era andata in scena un’esercitazione. Squadre cinofile erano attive nei boschi con il compito di fiutare l’animale. All’opera c’era anche un drone dotato di una camera termica capace di evidenziare le differenze di temperatura tra il terreno e un animale vivo (come pure le carcasse che, in fase di decomposizione, hanno comunque una temperatura differente dal suolo). A Riva San Vitale, invece, la centrale operativa: luogo dal quale gestire le varie operazioni sul territorio e, soprattutto, quello deputato alla sanificazione nel caso fosse riscontrata la malattia.
Oggi non ci si è fermati, anzi: «Continuiamo ad andare avanti. Sia gruppo di lavoro sia quello strategico proseguono l’affinamento dei protocolli e delle procedure da adottare nel caso la malattia arrivasse alle nostre latitudini». Anche oltre San Gottardo si è attenti al possibile problema: «Le direttive tecniche dell’USAV (l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria, ndr) sono state completamente riviste». Inoltre, alcuni tavoli di lavoro stanno affrontando altri temi, non secondari. «Si sta valutando l’acquisto e l’organizzazione a livello nazionale di recinzioni rispettivamente di squadre di ricerca con cani e droni» evidenzia Bacciarini e, in termini generali, si è al lavoro per far sì che «il materiale acquistato possa essere messo in rete in modo che ci sia solidarietà tra Cantoni in caso di necessità».
Segnalare immediatamente
Anche la popolazione può fare la sua parte. In aggiunta le autorità evidenziano alcune misure preventive. Come comportarsi dunque? Secondo le direttive è vietato foraggiare gli animali selvatici (e i suini con resti alimentari). Tutti i resti di cibo devono essere smaltiti in modo che siano inaccessibili ai cinghiali. Al rientro da una regione colpita dalla peste suina è vietato portare con sé provviste per il viaggio (carne e insaccati). Infine: segnalare il ritrovamento di carcasse di cinghiali telefonando allo 091/814.41.08 o al 117 (se fuori orario d’ufficio e nei giorni festivi), oppure scrivendo a [email protected].