La domenica del Corriere

La politica al femminile

Boscolo: «Sì allo sciopero delle donne» – Filippini: «Dissento, io andrò a lavorare» – Ferrara: «In piazza, ma prendendo vacanza» – Gendotti: «Non ci sarò, ma capisco» – Untersee: «Utile per la parità»
©Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
12.03.2023 20:00

Ai microfoni e davanti alle telecamere di Teleticino si sono presentate cinque donne per confrontarsi sul lato rosa della politica, sui temi di genere più stringenti e sulle rivendicazioni all’insegna della parità. La puntata de «La domenica del Corriere» andata in onda ieri sera era semplicemente intitolata «Siamo donne» e a confronto c’erano le candidate al Parlamento Natalia Ferrara (PLR), Sabrina Gendotti (Il Centro), Lara Filippini (UDC), Lisa Boscolo (PS) e Giada Untersee (Più donne). La corsa al Gran Consiglio del prossimo 2 aprile presenta un numero record di candidate (367 su 916) e, per dirla con le parole di Untersee «più donne si candidano, più ne verranno elette. Il problema è la distribuzione delle candidate sulle liste dei partiti», come dire che non tutti danno spazio al genere femminile e alla parità. Ad esempio, in casa UDC non c’è. Siete un partito maschilista? «Assolutamente no, non prendo in considerazione queste statistiche che lasciano il tempo che trovano. La corsa nell’UDC era aperta alle persone e ognuno ha scelto» ha detto Filippini. Nel PS sono in maggioranza le donne «ed è per noi motivo di vanto» ha detto Boscolo, mentre «nel PLR siamo lontani dalla parità di candidate e candidati - ha affermato Ferrara - ma la parità è un obiettivo che ci dobbiamo dare». Dal canto suo Gendotti ha rilevato che «si può sempre fare di più. La vera difficoltà per una donna è conciliare lavoro, famiglia e politica, nella forma di una campagna che è sempre dispendiosa, non è certo il mio partito che non vuole mettere donne in lista».

La battaglia del 14 giugno

Intanto c’è aria di sciopero femminile e femminista, annunciato per il 14 giugno a livello nazionale per far valere i diritti delle donne e dare sostanza alla parità in ogni ambito. E cosa ne dicono le donne di questa mossa? Perfettamente allineata con la manifestazione è Boscolo: «Dico sì allo sciopero femminista, che torna dopo quattro anni dalla stessa manifestazione. Intanto qualcosa abbiamo raccolto, penso al matrimonio per tutti e l’abbassamento dell’IVA per i prodotti per l’igiene intima delle donne. C’è bisogno di manifestare per ottenere più diritti». Sulla stessa lunghezza d’onda Untersee: «Ben venga lo sciopero per raggiungere la parità e invito a scendere in piazza tutti, non solo le donne». «Personalmente non andrò in piazza - ha affermato Gendotti - ma ritengo che sia uno strumento per sensibilizzare la popolazione sulle problematiche reali, come la violenza domestica. Chi ha piacere e voglia, fa bene a farlo. Io lo faccio impegnandomi nelle istituzioni». Del tutto contraria allo sciopero Filippini: «Dissento totalmente, quel giorno andrò a lavorare come sempre e invito gli studenti ad andare a scuola, dopo che nel 2019 c’era chi li aveva invitati a scendere in piazza e scioperare. Sono manifestazioni pensate per montare la panna». E Ferrara ricorda che «nel 2019 c’ero, ero a Zurigo, ma agli impiegati di banca che rappresentavo avevamo consigliato di prendere vacanza, un giorno di libero, dedicare del loro tempo per rivendicare ciò che non può più attendere. Siamo in fondo alla classifica sul ruolo della società e in Ticino siamo messi anche peggio».

II linguaggio del tutt*

Cambia la società e cambia la politica, a partire dal linguaggio. È dilagante il «buongiorno a tutte e a tutti» e ora nella forma scritta prende piede anche il tutt*. «Sinceramente questo modo di scrivere e porsi non mi piace - ha affermato Filippini - i generi sono due e anche l’Accademia della Crusca ha detto che tutto ciò è un’aberrazione della lingua italiana e serve solo a darsi un tono». Untersee capisce «che otticamente non è il massimo e sia poco armonioso, ma la lingua va di pari passo con la società». Per Boscolo «ben venga, è solo un inizio per sottolineare che la società non è composta di soli uomini». «Ho sempre una difficoltà - ha affermato Ferrara - perché quanto scriviamo deve poter essere letto. Come lo leggo? - si è chiesta Ferrara - nel voler comprendere tutto perdiamo le peculiarità. La parità non si ottiene così. Il problema culturale lo vedo nell’Amministrazione e nei suoi documenti, dove abbiamo ancora il capofamiglia e il marito. È vero, siamo diversi, ma allora meglio usare il tutte e tutti per comprendere davvero i generi». Gendotti ritiene che «usare espressamente i due generi non sia una banalizzazione, è una autentica evoluzione».