«La Posta non retroceda nelle regioni di montagna»

l Gruppo Svizzero per le regioni di montagna (SAB) dice no alla revisione dell’ordinanza sulla Posta. Riunitasi nei primi due giorni di luglio in Val di Muggio, l’assemblea ha approfondito tre temi: primo fra tutti, il più caldo, lo «smantellamento» del servizio universale postale. Per ripercorrere il filo del discorso però bisogna tornare al 2021, anno a cui risale la più recente ordinanza sulla Posta. Le disposizioni allora approvate dal Consiglio federale prevedono infatti che la Posta recapiti gli invii in ogni «casa abitata» nell’arco di tutto l’anno. Ma la revisione, presentata dall’Esecutivo lo scorso aprile e la cui procedura di consultazione terminerà il 6 agosto, prevede, tra le altre cose, di modificare l’obbligo del servizio a tutti gli «insediamenti abitati». Una modifica lessicale che potrebbe sembrare trascurabile: concretamente, però, sono 66.000 le economie domestiche a cui non sarebbe più garantito un servizio quotidiano, molte delle quali proprio nelle zone più discoste. Minare l’approvvigionamento di un servizio fondamentale come la Posta, secondo la SAB, aggraverebbe dunque ulteriormente il divario tra aree urbane e di montagna. Il rafforzamento del servizio universale approvato dal Parlamento nel 2021, infatti, aveva come obiettivo principale quello di garantire a tutte le persone e imprese in Svizzera le stesse condizioni di base: «Questa decisione del Parlamento non può essere annullata dal Governo mediante un’ordinanza», hanno sottolineato i membri del gruppo durante una conferenza stampa, oggi, a Mendrisio. Dello stesso avviso è anche la Commissione delle telecomunicazioni del Nazionale, che in un comunicato pubblicato martedì ha espresso non poco scetticismo: «Tali misure comporterebbero un notevole peggioramento del servizio universale e ci chiediamo perché per adeguamenti di tale portata sia stata proposta solo una modifica dell’ordinanza».
Quotidiani in ritardo
Un ulteriore «passo indietro» proposto nella revisione in consultazione riguarda la distribuzione di quotidiani in abbonamento. Le direttive vigenti prevedono che i giornali debbano essere consegnati entro le 12.30 nel 95% dei casi: la proposta è di abbassare tale percentuale al 90%. «Dopo due giorni, le notizie contenute in un quotidiano potrebbero risultare invecchiate», ha incalzato Pius Kaufmann, consigliere nazionale e presidente del SAB. La mancata garanzia di ricevere il giornale ogni giorno lederebbe l’attrattività di sottoscrivere un abbonamento. Per il SAB, inoltre, la riduzione dei tempi di consegna è anche in contraddizione con le attuali decisioni del Parlamento, che proprio a marzo ha deciso di incrementare i fondi destinati al sostegno indiretto alla stampa regionale e locale.
Accelerare la digitalizzazione
D’altro canto, il SAB ha accolto con favore gli elementi della revisione che promuovono l’offerta di servizi digitali, poiché, indirettamente, contribuiscono a rafforzare il servizio universale. Il gruppo si dice però timoroso riguardo alla distribuzione disomogenea dell’infrastruttura sul territorio, che potrebbe portare a un ulteriore isolamento delle regioni di montagna: «È importante stare al passo con i tempi, ma è chiaro che la digitalizzazione può avvenire solo una volta che gli impianti e l’attrezzatura necessari siano messi a disposizione di tutti», ha ribadito Kaufmann. La strategia promossa dalla Confederazione, che mira a garantire l’accesso a internet ad alta velocità – la cosiddetta fibra ottica – su tutto il territorio nazionale, andrebbe secondo il SAB accelerata. Secondo le stime, infatti, le ultime aree saranno dotate di collegamenti a banda larga solo entro il 2037.
«Un buco legislativo»
«Lo abbiamo già visto in Valle Maggia e più recentemente a Blatten: la domanda non è se in futuro vedremo ulteriori calamità naturali, ma dove e quando», ha affermato il consigliere nazionale. Un ultimo punto discusso durante l’incontro del SAB è stato infatti quello degli casi di maltempo estremi, da cui, ancora una volta, sono colpite in maniera sproporzionata le regioni montane. «In Svizzera non esistono basi giuridiche che regolino chiaramente le procedure di aiuto in questi casi: considerato l’aumento di questi fenomeni, è un buco legislativo che – ha chiosato Kaufmann – dobbiamo al più presto colmare».