Territorio

La presenza di radon in Ticino è un problema sottovalutato

Secondo un’analisi nel nostro cantone vi è la necessità di politiche attive di risanamento e monitoraggio del gas potenzialmente cancerogeno per tutelare la salute pubblica della popolazione
Paolo Gianinazzi
08.11.2025 06:00

È «auspicabile che le autorità cantonali rafforzino le campagne di misurazione e risanamento» ed «è indispensabile che la popolazione sia informata sui rischi» legati al gas radon, «specialmente se fumatrice». È quanto emerge, in estrema sintesi, da un rapporto del Centro competenze radon della SUPSI recentemente pubblicato sulla rivista «Extra dati» dell’Ufficio cantonale di statistica (qui trovate lo studio completo).

L’analisi (a cura dei ricercatori Caterina Berlusconi e Luca Pampuri) rappresenta la prima analisi dettagliata delle misurazioni registrate nella banca dati federale, istituita all’inizio degli anni Ottanta, con oltre 67 mila rilevazioni effettuate in Ticino fino al 2025. Ma rappresenta anche un ritorno su un tema – quello dei rischi legati al gas radon – di cui in Ticino si è parecchio discusso in particolare negli anni Duemila, ma che nel frattempo è stato forse un po’ dimenticato.

Un quadro critico

Ciò che però non va dimenticato è che il Ticino, per via della sua composizione orografica, è un territorio particolarmente esposto alla problematica del radon, un gas cancerogeno. Come rilevano i ricercatori nel rapporto, «in Svizzera, la Confederazione ha identificato importanti aree aventi una maggior probabilità di superamento del limite di riferimento, fissato a 300» Becquerel al metro cubo (Bq/m³). E il Ticino, appunto, «presenta una situazione eterogenea ma tendenzialmente critica» poiché le concentrazioni medie del gas «risultano essere spesso superiori alla media nazionale», delineando «un quadro complesso e potenzialmente critico per la salute pubblica».

Ora, tornando ai dati rilevati in Ticino nel corso dei decenni, va rilevato innanzitutto che la maggior parte delle misurazioni (45.432 su 53.308 edifici controllati, ossia l’85,2%) ha riscontrato valori al di sotto del livello di riferimento di 300 Bq/m³. Tuttavia, la banca dati federali ha registrato pure 7.385 edifici nei quali almeno un locale di soggiorno (ndr. escluse quindi le cantine, i garage, ecc.) necessiterebbe un risanamento. Malgrado ciò, viene spiegato nel rapporto, «sono solo 113 gli edifici che hanno registrato delle misurazioni ‘post-risanamento’». I ricercatori, dunque, ipotizzano «che in tutti gli altri edifici non è ancora stato implementato alcun intervento di risanamento o lo stesso non è stato verificato grazie all’esecuzione di una misurazione ufficiale». E ciò richiederebbe evidentemente dei correttivi. Nel rapporto viene infatti spiegato che «valori di tale entità sono indicativi di una regione significativamente esposta al problema, ma caratterizzata da difficoltà nell’implementazione di interventi di risanamento efficaci, con conseguente sottovalutazione degli effetti sulla salute pubblica».

A tal proposito viene evidenziato pure che dopo la campagna cantonale di sensibilizzazione e monitoraggio effettuata in Ticino tra il 2005 e il 2010 «i controlli radon sono drasticamente calati».

Lo studio, poi, offre pure una panoramica a livello geografico, che permette di evidenziare alcune differenze territoriali, «mostrando come in alcuni distretti, come la Leventina, la Riviera e la Vallemaggia, le concentrazioni risultino mediamente più elevate». E permette anche di identificare i dieci Comuni con la più alta concentrazione media di radon: Bosco Gurin, Lamone, Frasco, Giornico, Astano, Faido, Campo Vallemaggia, Bissone, Croglio e Cadempino.

Lo studio si sofferma infine anche sul fatto che la presenza di radon è particolarmente rischiosa per la popolazione fumatrice: «Il fumo di tabacco – viene sottolineato – rappresenta la principale causa di cancro ai polmoni a livello globale, ma la presenza di radon negli ambienti chiusi può agire come fattore moltiplicatore del rischio». Nel dettaglio, viene pure spiegato che «in Svizzera, il cancro ai polmoni rappresenta circa il 12–15% di tutti i decessi per tumore, e tra questi si stimano ogni anno 200–300 morti attribuibili al radon». E, aggiungono i ricercatori, «se consideriamo il rischio più elevato per la popolazione fumatrice, questo dato assume un peso considerevole in Ticino, dove la popolazione fumatrice conta oltre 88.000 persone, pari a circa il 25% dei residenti». E, dunque, «la combinazione tra l’ampia diffusione del fumo e le elevate concentrazioni di radon indoor rende quindi il Cantone Ticino una regione particolarmente vulnerabile». Motivo per cui, nelle conclusioni del rapporto viene evidenziato che «una gestione oculata della problematica legata al radon è fondamentale a salvaguardia della salute pubblica». Secondo i ricercatori «la diffusione delle conoscenze scientifiche sul radon e sulle sue implicazioni sanitarie, unita a politiche attive di risanamento e monitoraggio, così come a campagne di sensibilizzazione della popolazione, rappresenta un passaggio essenziale per la riduzione del rischio sanitario». E, oltre a ciò, «l’adozione di tecnologie edilizie adeguate (...) e di misure di prevenzione individuale, quali la rinuncia al fumo e lo screening in caso di fumatori esposti ad alte concentrazioni di radon, possono contribuire in maniera determinante alla tutela della salute pubblica nel contesto ticinese». Nel rapporto viene infine spiegato che è «auspicabile che le autorità cantonali rafforzino le campagne di misurazione e risanamento, concentrandosi soprattutto su quegli edifici che non sono mai stati oggetto di monitoraggio». E, «allo stesso tempo, è indispensabile che la popolazione sia informata sui rischi del radon, specialmente se fumatrice».