Ex macello

La protesta arriva a Locarno (o Lokarno)

Un presidio di solidarietà verrà organizzato oggi in riva al Verbano e non è escluso che episodi analoghi prendano vita nei prossimi giorni anche a Bellinzona – Il Sopraceneri ha del resto una storia piuttosto lunga di autogestione, iniziata nel ’68 all’Aula 20
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Barbara Gianetti Lorenzetti
Alan Del Don
Barbara Gianetti LorenzettieAlan Del Don
02.06.2021 06:00

Ha una lunga tradizione in fatto di occupazioni e autogestione Locarno, dove questa sera alle 17, nella zona del PalaCinema, è annunciato un presidio pubblico (all’insegna di «musica, canti, rappresentazioni teatrali, danza, parole e/o silenzio») a sostegno del Centro sociale autogestito di Lugano. Una manifestazione della quale le autorità cittadine sono a conoscenza. «Visto il carattere dell’annuncio - spiega il capodicastero Sicurezza Pierluigi Zanchi - ci limiteremo a tenere sotto controllo la situazione in modo discreto, fiduciosi che tutto si svolgerà pacificamente». Si torna dunque a parlare di autogestione anche sulle rive del Verbano, dove il fenomeno ticinese mosse i suoi primi passi. Era il 1968 e, sull’onda di quanto stava accadendo in gran parte dell’Europa, un gruppo di studenti occupò l’ormai quasi mitica Aula 20 della Magistrale. A Locarno si diede pure vita, nel 1973 e ai giardini Rusca, a un altro evento temporaneo entrato nella storia cantonale: il Cantiere della gioventù. Nella realtà cittadina il discorso dell’autogestione riprese vita attorno al 1990, quando si avanzarono le prime rivendicazioni per un’attività socio-culturale all’ex Macello comunale. A quell’epoca si raccolsero un migliaio di firme a favore dell’idea, che salirono a 3.000 una decina d’anni dopo, grazie all’attività dell’associazione Lokarno Autogestita. Fu quest’ultima la protagonista principale dei capitoli più movimentati. Dal 2003 fu un crescendo di richieste all’indirizzo del Municipio affinché mettesse a disposizione dei giovani la struttura comunale nel Quartiere Nuovo. Fino ai cinque giorni di occupazione, nel 2004, quando alcune decine di giovani entrarono abusivamente nell’ex Macello organizzandovi una serie di eventi. Alla fine la maggior parte di loro decise, dopo un’assemblea, di dar seguito agli inviti delle autorità, lasciando spontaneamente la struttura. La polizia fece irruzione la mattina dopo e la quindicina di occupanti che ancora si trovava all’interno venne denunciata. La storia dell’autogestione locarnese fa poi registrare una nuova occupazione lampo (di un solo giorno) un anno dopo, quando alcuni attivisti presero simbolicamente possesso di un albergo in disuso, il Garni Villa Elena. Intanto, grazie alle trattative fra Esecutivo e Lokarno Autogestita, si giunse alla nascita della cosiddetta Auletta, uno spazio nelle ex scuole di piazza Castello (nel frattempo «trasformate» nel PalaCinema) utilizzato dall’autogestione per qualche tempo e poi abbandonato. Nello stesso edificio hanno poi avuto sede diverse attività culturali alternative, successivamente organizzatesi sotto il cappello del Forum socio-culturale, al quale negli ultimi anni la Città ha affidato la gestione dello Spazio Elle in piazza Pedrazzini.

Casa Cinzia e le ruspe

L’autogestione a Bellinzona partì il 6 ottobre 1996 (quasi in contemporanea con l’occupazione, a Lugano, dei Molini Bernasconi) dopo una manifestazione pacifica lungo le vie del centro, con l’occupazione di Casa Cinzia, uno stabile disabitato in vicolo Von Mentlen. Dopo vari appelli da più parti, il 1. marzo 1997 una cinquantina di agenti fece irruzione nell’edificio operando una ventina di fermi. Così come successo nella notte di sabato su domenica all’ex Macello di Lugano, l’immobile fu subito demolito per impedire che i giovani potessero rientrarvi. Poi l’autogestione si spostò alla Casa ex Zoni, vicino al Liceo, di proprietà della Città. La cosiddetta «Casetta» è stata per anni il centro giovanile all’ombra dei castelli. Nel febbraio 2006 il complesso fu danneggiato da un incendio; di lì a poco avrebbe dovuto riaprire grazie ai «Giovani di Bellinzona». L’immobile è stato infine demolito l’11 luglio 2016 nell’ambito della prima tappa dei lavori per la realizzazione del Parco urbano. Vani i tentativi del Sindacato indipendente studenti e apprendisti e del Partito comunista di evitare l’intervento delle ruspe, vuoi raccogliendo ben 1.200 firme, vuoi con una manifestazione pubblica nell’ottobre 2011 e soprattutto vuoi con un ricorso al Consiglio di Stato. Da notare che a cavallo fra il passaggio di consegne della «Casetta» nel 2002, qualche giorno prima di Natale, gli autoproclamatisi «Folletti urbani» occuparono per una notte l’ex collegio Soave. Erano in 15, ma la loro esperienza si concluse subito.

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