Il caso

«La questione è di natura politica: intervenga il Consiglio di Stato»

UNIA e OCST sulle barricate per contestare il contratto collettivo di lavoro sottoscritto da tre aziende con l’organizzazione TiSin – «Un raggiro della legge sul salario minimo attraverso la complicità di un sindacato farlocco e un’associazione padronale fantasma» – Nando Ceruso: «Non abbiamo infranto né regole né leggi e stiamo facendo tutto alla luce del sole»
© Ti-Press / Elia Bianchi

«Inizieremo una campagna informativa in tutte le fabbriche, chiedendo ai lavoratori di segnalarci episodi analoghi. Non possiamo escludere che lo stesso teatrino sia andato in scena anche altrove». Davanti ai cancelli della Cebi Micromotors di Stabio, UNIA e OCST ieri hanno convocato la stampa per denunciare quella che definiscono «un’operazione disgustosa». Tre aziende del Mendrisiotto avrebbero aggirato l’ostacolo del salario minimo - che scatterà da dicembre - introducendo «con la minaccia di licenziamenti, delocalizzazione e con la complicità di uno pseudo sindacato» - un contratto collettivo (CCL) che congela (ben al di sotto dei 19 franchi all’ora previsti dalla nuova normativa) lo stipendio dei dipendenti per una durata di 5 anni. «Il più lungo contratto collettivo che sia mai stato negoziato», ha ironizzato Nenad Jovanovic di OCST. In realtà c’è poco da ridere, gli ha fatto eco Vincenzo Cicero di UNIA: «Normalmente quando si firma un CCL ci sono da una parte le assemblee dei lavoratori con i sindacati. Dall’altra quelle tra i sindacati e l’azienda. Qui, invece, le cose sono andate diversamente. I lavoratori hanno ricevuto, di punto in bianco, una convocazione per un’assemblea durante la quale sono stati costretti a firmare un contratto collettivo non discusso e grazie alla complicità di un sindacato farlocco».

Un ruolo contestato

Il sindacato in questione è TiSin, associazione fondata un anno e mezzo fa da due esponenti della Lega - i deputati Sabrina Aldi e Boris Bignasca - e Nando Ceruso, ex sindacalista OCST. «Non possiamo definirlo un vero sindacato», ha chiosato Cicero. «Vi invito a consultare gli statuti di questa associazione che si presta a simili porcherie facendo l’interesse del padronato. Nei sindacati seri il diritto di voto è condiviso con gli associati. Qui, invece, lo hanno solamente i tre fondatori. Nessun altro». In definitiva, secondo i sindacati UNIA e OCST il contratto collettivo sarebbe stato sottoscritto unicamente con l’intenzione di aggirare la legge sul salario minimo. Accuse che Nando Ceruso, da noi contattato, rispedisce seccamente al mittente: «Non abbiamo infranto né regole né leggi. Stiamo facendo tutto alla luce del sole, incontrando gli operai. Quando le consultazioni saranno finite, spiegheremo tutto nel dettaglio», ha tagliato corto l’ex sindacalista OCST. Ma è proprio sullo svolgimento delle consultazioni che UNIA e OCST sollevano i dubbi maggiori: «Il contratto collettivo è stato negoziato tra TiSin e una neonata associazione padronale, Ticino Manufactoring, altrettanto farlocca. Di fatto, quest’ultima non figura nemmeno sul registro di commercio e non è dato sapere chi ne faccia parte», osserva Cicero. Addirittura, aggiunge Jovanovic, «il contratto è già stato negoziato e firmato il primo settembre». La fine delle consultazione sarebbe quindi soltanto una mera formalità.

«Busta paga da 14,79 all’ora»

Ma concretamente cosa prevede questo CCL? «Il contratto non prevede nulla di migliorativo e i punti decisivi sono esclusivamente a discrezione dell’azienda e non delle parti sociali». Per farla breve, il contratto prevede il massimale delle ore, una minima retribuzione degli straordinari, il minimo di vacanze e il minimo di festivi. Ovviamente il tema principale sono i salari. «Anche questi a discrezione dell’azienda. Il contratto propone una tabella in base agli anni di servizio. Il salario minimo per 13 mensilità è di 14,79 franchi all’ora, contro i 19 previsti dalla Legge sul salario minimo», ha detto Jovanovic.

«Il Governo si attivi»

Secondo UNIA e OCST, un intervento dello Stato si rende quindi assolutamente necessario e tempestivo: «La questione non è giuridica, come vorrebbe far credere il DFE (vedi articolo sotto, ndr), bensì politica. Il Governo non può mettere la testa sotto la sabbia e rimandare tutto ai tribunali. La Legge sul salario minimo va rivista per evitare queste storture, mentre i contratti collettivi sottoscritti con questa scappatoia vanno abrogati», ha tuonato Cicero.

Modenini: «Niente di illegale»

Chiamate in causa dai sindacati, le associazioni economiche hanno reagito sostenendo la legalità dell’operazione: «Come AITI non siamo mai parte attiva nella stipulazione dei contratti di lavoro aziendali o collettivi, ma se richiesto possiamo dare il nostro parere», premette il direttore Stefano Modenini. «Le singole aziende o interi rami di attività sono liberi di stipulare un CCL, espressione delle parti sociali. Ovviamente rispettando la legge». E in questo caso, va precisato, «non c’è nulla di illegale a nostro giudizio, visto che i CCL sono esclusi dall’applicazione del salario minimo. Lo prevede chiaramente l’articolo costituzionale all’origine della legge votata dal popolo». Sulla portata del caso, Modenini precisa che «come al solito si fa un gran polverone». Il salario minimo obbligatorio «concerne circa 16 mila lavoratori per 230 mila posti di lavoro e per due terzi riguarda i frontalieri. Attualmente esistono alcuni CCL che prevedono retribuzioni inferiori e già oggi, ad esempio, tre aziende di qualsiasi ramo di attività potrebbero costituire un’associazione e firmare un CCL con uno o più sindacati», prosegue. «Nel caso in questione siamo di fronte ad aziende che cercano di evitare licenziamenti e delocalizzazioni, perché le difficoltà economiche non sono affatto superate. Credo che nessuno, nemmeno i sindacati, vogliano rinunciare facilmente a posti di lavoro, anche se occupati per la maggior parte da frontalieri e dove lavorano comunque anche diversi residenti. Non va dimenticato che un CCL «non fissa solo i salari, bensì anche altre condizioni. Se il datore di lavoro paga il premio di cassa malati del lavoratore o più del 50 per cento del premio di cassa pensione, ebbene, anche questo è reddito. È così che le parti trovano accordi contrattuali». Tuttavia resta ancora da chiarire se TiSin sia o meno un sindacato autorizzato a firmare un CCL. «Per sottoscrivere questi accordi occorre la delega dei lavoratori e bisogna essere indipendenti rispetto all’azienda», conclude il direttore dell’AITI Stefano Modenini.