La siccità marcata a vista: «Nel 2022 non eravamo pronti»

«Le piante più giovani hanno sofferto un pochino. In generale, però, la vigna è sana e ha dimostrato di essere forte e resistente». Il vicepresidente di Federviti, Rudy Studer, è fiducioso. «La siccità non ha lasciato traccia». Basterebbe confrontare i quantitativi vendemmiati lo scorso anno in Ticino per rendersene conto: «Contro ogni previsione, il calo di produzione è stato pressoché nullo». Eppure, come un tarlo, il tema della siccità è entrato nella testa dei viticoltori, non fosse altro perché la mancanza di precipitazioni prosegue da 15 mesi e, in prospettiva futura, rischia di produrre, questa volta, danni maggiori. Le portate idriche delle sorgenti, in diversi comuni del cantone, figurano già sotto la media pluriennale. «Si preannuncia un anno fotocopia», dice Studer. «Se così fosse, dovremo correre ai ripari». In realtà, grandi soluzioni a corto termine per il settore non esistono. «Abbiamo avuto un primo incontro informale con il Consorzio degli acquedotti del Mendrisiotto». In prospettiva, quando l’acquedotto a lago sarà in funzione, potremo pompare l’acqua dal Ceresio». I lavori, però, non termineranno prima di 2-3 anni.
«Non è stata una catastrofe»
La scorsa estate i grossi problemi legati alla siccità si sono verificati a metà luglio. Mentre diversi Comuni del Mendrisiotto emettevano divieti per limitare lo spreco d’acqua, i viticoltori, soprattutto quelli di collina, attendevano invano la pioggia: «Non eravamo preparati a gestire situazioni simili. Da una parte, perché mancavano i sistemi d’irrigazione goccia a goccia; dall’altra, perché il livello di pozzi e falde aveva raggiunto i minimi storici». In generale, comunque, i vigneti hanno sopportato molto bene la siccità, osserva Studer. «Qualche pianta ha sofferto. Nel complesso, però, non è stata una catastrofe. Alcuni viticoltori hanno avuto perdite, ma tutto sommato il raccolto è stato nella media».
Una riflessione però s’impone
Ciò non toglie che una riflessione sul futuro della viticoltura, in relazione al cambiamento climatico, s’impone. «Oggi, forse, dobbiamo chiederci se vogliamo fare quantità o qualità», commenta da parte sua Ramesh Oertli, della cantina Vinattieri. «Certamente il tema della siccità ci interpella tutti, anche perché il Ticino negli anni è sempre stata una regione fresca, con vini poco carichi. Oggi qualcosa sta cambiando». Non è stata una passeggiata neppure nel Sopraceneri, gli fa eco Enrico Grisetti della cantina Delea vini. «Sulla sponda destra del Ticino, dove la gestione è tutta manuale, c’è stato poco da fare. La resa qui è stata inferiore». Essendo l’acqua un fattore essenziale per la fotosintesi, la siccità ha limitato la crescita delle piante e della produzione di uva. «Senza acqua si arresta la crescita vegetativa. In un secondo tempo, le foglie ingialliscono e seccano. Nel peggiore dei casi, la pianta può morire», aggiunge Studer. «È chiaro che la siccità solleva tutta una serie di quesiti che toccano la filiera del vino», commenta dal canto suo il presidente di Ticinowine, Uberto Valsangiacomo. «La soluzione offerta dall’acquedotto a lago arriverà solamente fra qualche anno. Oggi, siamo in ritardo». Meno toccata, invece, la cantina Sibernagl di Brusata. «Nel nostro caso, la siccità è stata positiva.Siamo infatti riusciti a raggiungere una maturazione eccezionale e senza ripercussioni sui quantitativi», commentano i titolari Andrea e Carmen, i quali però aggiungono: «La preoccupazione rimane». Lo scorso anno, il problema è stato molto più limitato e circoscritto di quando si riteneva in un primo momento, tiene a ribadire Studer. «Qualche pianta è morta, ma in numero contenuto».
Come mitigare gli effetti
Tornando al presente, Studer dice di non essere eccessivamente preoccupato. «È chiaro che se dovesse ripresentarsi una situazione simile, alcuni provvedimenti andranno presi. Se la tendenza dovesse continuare, l’impianto di irrigazione goccia a goccia, per alcuni vigneti, si renderà necessario». Un investimento sostenibile, commenta Studer, che però aggiunge: «Il problema è dove andremo a prendere l’acqua». In caso di prolungata siccità, ancora una volta si dovrà fare appello alla vasca di contenimento allestita lo scorso anno a San Martino. Una soluzione apprezzata dai viticoltori, anche se non del tutto economica. «Pompare l’acqua nelle cisterne e poi portarla in collina è stato molto oneroso». Alternative? «Oggi non ce ne sono. O così. O la pioggia». Nonostante la quasi totale assenza di precipitazioni si stia prolungando nel nuovo anno, Studer al momento resta fiducioso: «Le piante, in questo momento, non hanno bisogno di acqua. Alcuni viticoltori si stanno già preoccupando, ma non dovrebbero. Finché non c’è vegetazione, le piante non richiedono acqua. Servirà più avanti, a maggio e giugno». Ciò non toglie che in Ticino, come in diverse regioni della Svizzera toccate dal fenomeno, si stia già ragionando su come mitigare gli effetti della siccità: accanto all’irrigazione controllata, alcuni produttori hanno introdotto l’uso di coperture vegetali per trattenere l’umidità del suolo. Altri stanno ragionando sulla necessità di coltivare varietà di vite più resistenti. Il tema, spiega Studer, è già entrato nelle riflessioni dei viticoltori ticinesi. «Più che sulla varietà occorre intervenire sul portainnesto, ossia sull’apparato radicale. Già oggi, in Ticino, viene impiegato un portainnesto estremamente resistente alla siccità. Su questo si possono innestare varietà diverse, tra cui il merlot».