Territorio

La siccità preoccupa il Ticino, e un razionamento non è escluso

La mancanza di precipitazioni ha spinto già una decina di Comuni a diramare avvisi e divieti - Anche l’agricoltura corre ai ripari - Veronesi (DT): «Già l’anno scorso eravamo al limite, ora la situazione è peggiore» - Pozzoni (SUPSI): «Un deficit idrico che dura ormai da 18 mesi»
©ALESSANDRO CRINARI
Martina Salvini
31.03.2023 06:00

Prima gli inviti, poi i divieti. Infine, il razionamento. «Senza un’inversione di tendenza, l’ipotesi che si arrivi fino al punto di contingentare l’erogazione di acqua è probabile: la situazione, infatti, è peggiore di quella dello scorso anno, quando già eravamo arrivati al limite». A confermarlo è Mauro Veronesi, a capo dell’Ufficio della protezione delle acque e dell’approvvigionamento idrico del Cantone. Sì, perché nonostante siamo appena a fine marzo, la parola siccità riecheggia ormai da settimane. «In pratica - dice Veronesi - veniamo da un anno e mezzo di siccità». Ed è sufficiente riportare qualche dato per inquadrare la gravità della situazione: «Nel 2022 nel Mendrisiotto è caduto il 50% di pioggia in meno. Nel resto del cantone, invece, il calo è del 30%».

Emergenza senza fine

Un deficit troppo marcato per sperare che basti qualche giorno di pioggia per sistemare le cose. «Il mese di marzo è stato incoraggiante dal profilo delle precipitazioni, perlomeno nel Ticino settentrionale, sebbene rimanga sotto la media, mentre a nord delle Alpi le precipitazioni sono state sopra la media. Da qui a giugno, poi, le precipitazioni potrebbero essere più abbondanti. Ciononostante, rimarrà comunque un anno di sofferenza», sostiene Maurizio Pozzoni, idrologo e docente-ricercatore all’Istituto scienze della terra della SUPSI. Tornare alla normalità, sul corto termine, sarà difficile. «Non bastano uno o due mesi di precipitazioni per uscire da 17-18 mesi di penuria idrica», chiarisce l’idrologo, che ricorda come il periodo siccitoso perduri da tempo: «Il deficit di precipitazioni risale ai mesi di ottobre e novembre del 2021, si è acuito nel 2022 ed è per questo che oggi ci troviamo in una situazione così complicata». I corsi d’acqua e le sorgenti, spiega il docente della SUPSI, «si mantengono ovunque a livelli molto bassi». Le acque sotterranee «dopo aver toccato i minimi storici nel 2022, ora hanno raggiunto soglie ancora più basse». I laghi, per il momento, sono invece a un livello più alto. «Ma solo perché in inverno si tende a trattenere più acqua, in modo da poterla rilasciare per l’irrigazione al momento opportuno».

Chi si è già mosso

La mancanza di acqua, e l’incognita dei prossimi mesi, ha spinto intanto una decina di Comuni a intervenire, cercando di sensibilizzare la popolazione. «Sono dieci, finora, gli enti locali che hanno diramato inviti per un uso parsimonioso dell’acqua o addirittura divieti di utilizzo per scopi non essenziali (riempire piscine o lavare piazzali)», spiega Veronesi. Nella lista figurano Centovalli, Serravalle, Gordola, Avegno Gordevio, Breggia, Cugnasco, Lumino, Coldrerio, Mendrisio e Castel San Pietro. Un Comune, addirittura, ha già chiesto l’autorizzazione per rifornirsi da fonti alternative, sfruttando ad esempio l’acqua che normalmente viene impiegata per irrigare i campi, convertendo quindi i pozzi a scopo potabile. «La situazione differisce molto da zona a zona, e dipende soprattutto dalla possibilità dei Comuni di poter attingere a fonti idriche diverse». Lugano, ad esempio, grazie al fatto di poter contare su sorgenti, pozzi in falda e lago, difficilmente si trova ad avere problemi di approvvigionamento idrico. Per il Mendrisiotto, invece, il discorso è diverso «e la situazione rimarrà problematica fino al 2026, quando entrerà in funzione il nuovo acquedotto».

Meno pressione, nessuno stop

In caso di carenza, prosegue il capo dell’Ufficio della protezione delle acque e dell’approvvigionamento idrico del Cantone, gli step di intervento sono tre, tutti affidati agli enti locali. «L’invito a un uso parsimonioso, i divieti e, infine, il contingentamento». Un razionamento che, con tutta probabilità, non si tradurrà in un blocco totale delle erogazioni per un certo numero di ore al giorno, quanto piuttosto in una diminuzione della pressione. «Per un acquedotto, infatti, è complicato e oneroso interrompere del tutto l’erogazione e poi riprenderla a distanza di qualche ora». Da parte sua, invece, il Cantone si occupa - fin dal 1994 - di pianificare l’approvvigionamento di acqua potabile su scala regionale, «favorendo gli scambi idrici tra i Comuni e spingendo affinché si possano interconnettere gli acquedotti». In modo cioè che i vari centri possano scambiarsi l’acqua in caso di necessità. «Senza questo strumento, l’anno scorso avremmo sofferto molto di più», commenta Veronesi.

Investimenti per irrigare

Oltre ai Comuni, anche il settore agricolo ha dovuto correre ai ripari. «Negli ultimi anni, molti agricoltori hanno investito e si sono organizzati in maniera alternativa per poter comunque irrigare i campi», spiega Marco Bassi, direttore della Federazione Orto-Frutticola Ticinese (FOFT). In particolare, «i nostri associati hanno dovuto realizzare nuovi pozzi di captazione per non dipendere eccessivamente dalle piogge. Il problema è che anche le falde sotterranee ora sono in sofferenza, quindi non possiamo che sperare che la pioggia arrivi presto». Una pioggia che, tuttavia, per essere efficace, dovrebbe tornare a cadere con continuità, ma senza eccessiva forza. «Con il bel tempo, perlomeno, le colture crescono sane. Se arrivasse un’ondata violenta di maltempo sarebbero guai seri». Per sostenere il settore primario, soprattutto in vista dei prossimi mesi, il Cantone starebbe ipotizzando la creazione di un gruppo di lavoro interdipartimentale incaricato di monitorare la situazione e, in caso di emergenza, coordinare le misure di intervento.

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