La siepe della discordia

LUGANO - Cosa spinga due vicini di casa a spendere migliaia di franchi in avvocati , perizie e costi processuali per l'altezza di una siepe divisoria, si può solo congetturare: tensioni che trascendono l'oggetto del contendere ma che in questo si sono incarnate? Una sensazione di fastidio ogni volta che l'occhio cade su quel lauroceraso ritenuto troppo alto, con la conseguenza di sentire la propria casa meno casa?
Impossibile dirlo in questa sede, fatto sta che dei vicini residenti nel Luganese a fine estate sono finiti in Appello per determinare chi avesse ragione, dopo un iter procedurale con qualche colpo di scena e almeno un tiro mancino. E una soluzione, forse, non c'è ancora.Tutto è cominciato a inizio 2014, davanti a un pretore interpellato da due persone (chiamiamoli, per comodità, i Rossi) che volevano che il vicino (chiamiamolo Verdi), renitente a compiere questo gesto, potasse la sua siepe, un lauroceraso che sarebbe stato piantato negli anni Sessanta.
Il pretore ha prima suggerito un tentativo di conciliazione – fallito – e poi ha deciso egli stesso, dando ragione ai Rossi: Verdi è stato obbligato a potare la siepe – a cui il pretore ha fissato un'altezza massima – e, nel caso si fosse rifiutato, lo avrebbero potuto fare i Rossi, mandandogli poi il conto.
Una risoluzione che, a mente del pretore, salvaguardava gli interessi di entrambi: quello di Verdi alla propria privacy e quello dei Rossi a godere di sole e vista.
Per avere una decisione ci sono voluti due anni: «colpa» di una perizia giudiziaria richiesta per valutare l'eventuale danno in perdità di soleggiamento e di vista. Perizia di fatto vanificata da Verdi, che pochi giorni prima dell'arrivo del perito ha potato la siepe, eseguendo «tagli importanti».
La decisione, tuttavia, non è piaciuta a Verdi, che ha ricorso, con successo in Appello.