La trincea di Tidjane Thiam

ZURIGO - È passato poco più di un anno da quando Tidjane Thiam ha preso il timone del Credit Suisse. Allora venne accolto quasi come l'uomo della provvidenza, capace di attuare quei cambiamenti che il suo predecessore, Brady Dougan, non aveva saputo o voluto iniziare. A dodici mesi di distanza il CEO è dovuto scendere in campo, con un'intervista all'«NZZ am Sonntag», per smentire chi già parla di fallimento e di possibili acquisizioni da parte di altre banche.
E anche il presidente del CdA Urs Rohner nelle ultime settimane ha dovuto più volte ribadire la sua convinzione sul fatto che l'attuale CEO sia la persona giusta alla guida dell'istituto elvetico. Fatto è che il titolo Credit Suisse, nonostante alcuni tentativi di recupero, è in discesa costante dal luglio 2015 (quando i massimi erano a 27,89 franchi) e mercoledì scorso è arrivato a infrangere al ribasso la barriera dei 10 franchi, chiudendo a 9,91 franchi.
Ma Thiam non ha intenzione di alzare la bandiera bianca. Riguardo al tonfo delle quotazioni ha affermato che «l'obiettivo non è di influenzare il corso dell'azione nel breve periodo, ma piuttosto di lavorare ad una strategia di lungo termine, in grado di creare valore per gli azionisti». La responsabilità è da attribuire anche agli speculatori, sempre presenti quando un'azienda annuncia piani di ristrutturazioni. Motivo per cui «il corso di oggi non è un buon indicatore dello stato di salute della nostra banca, che si trova in una fase di profondi cambiamenti. Sono sicuro – ha aggiunto – che le quotazioni si riprenderanno non appena presenteremo dei risultati».
Ieri le quotazioni hanno chiuso a 10,51 franchi, pari a meno della metà del valore iscritto a bilancio. A questo punto le prospettive sono due: o si ricrederanno gli investitori sul valore corretto da dare a Credit Suisse, o dovrà farlo la banca nel suo bilancio.