La valanga che provocò 29 morti

«La neve cade su altra neve con un fruscio sottile. Dopo qualche giorno, è il solo cadere di neve». Le parole del compianto Giovanni Orelli, nella sua più celebre opera il cui titolo riassume il contenuto dell’articolo che state leggendo («L’anno della valanga»), ben ci fanno capire cosa possa significare l’inverno in montagna, in un paese nel cuore delle Alpi come quello narrato dallo scrittore e poeta di Bedretto. Proprio il suo villaggio natìo, il 7 gennaio 1863, fu teatro di una delle più gravi tragedie capitate in Ticino, di sicuro della valle. Morirono 29 persone, 18 furono salvate. Lacrime e devastazione. Un evento drammatico preceduto e seguito da altre calamità naturali che hanno portato distruzione in alta Leventina. Come nel 1888, con le importanti nevicate scese tra il 15 ed il 25 febbraio che nel nostro Cantone causarono oltre 300 slavine. Mentre nel 1923, ad Airolo, il 28 dicembre, cinque stabili furono danneggiati. Fortunatamente, in quell’occasione, non ci furono vittime.
La minaccia viene da lassù
Tre ricorrenze che cadono nel 2023 appena iniziato - rispettivamente il 160., il 135. ed i cento anni - che ci devono rendere attenti sulla pericolosità delle valanghe, soprattutto in queste ore in cui il rischio aumenterà a seguito dell’annunciato ritorno della neve in alta quota nella Confederazione. Il nostro salto a ritroso nel passato parte dalla mattina del 7 gennaio 1863, quando dal versante meridionale dell’Alpe Pesciora si staccò un’imponente massa nevosa. Non ci fu nemmeno il tempo di accorgersi dell’incombente minaccia, che la valanga sommerse Bedretto (che allora contava fra i 350 e i 400 abitanti), inghiottendo cinque case. Il bilancio fu gravissimo: 47 persone rimaste sotto la coltre. Per 29 non ci fu nulla da fare. In poco più di un secolo il villaggio fu di nuovo drammaticamente toccato dalla furia della natura, dopo che già tra la fine del 1500 e l’inizio del 1700 si erano registrate delle calamità che provocarono sette decessi. Nella notte tra il 6 ed il 7 febbraio 1749, infatti, una valanga staccatasi dal Pizzo Lucendro cadde su Ossasco facendo 13 morti. Ed un miracolo: una famiglia composta da sei membri venne tratta in salvo dopo nove giorni.
I disegni dell'artista
Un’epigrafre nella cappella vicina alla chiesa parrocchiale ricorda quanto capitato nel 1863. L’artista turgoviese Johann August d’Aujourd’hui immortalò quanto successo in due disegni pubblicati due mesi dopo l’accaduto su una rivista tedesca. Nella prima illustrazione si vede(va) Bedretto sfigurato dalla brutalità di Chione (divinità della neve), nella seconda i soccorritori alla disperata ricerca di una vittima sotto le macerie.
Neve, neve ed ancora neve
Neve, neve ed ancora neve. Nella seconda metà di febbraio del 1888 il Ticino era completamente bianco. In Svizzera ci furono più di mille valanghe, di cui un terzo nel nostro Cantone. In totale morirono 49 persone (10 in Ticino). Quel terribile inverno fece capire quanto fossero necessarie le opere di premunizione per proteggere gli abitati ed i tunnel per riparare la ferrovia. Palizzate e muri a secco comparvero così in alta Leventina, in valle di Blenio ed in Verzasca. In conclusione, come detto, cento anni fa ecco la prima valanga del secolo scorso. Ad Airolo, il 28 dicembre 1923. Furono danneggiate «la casa di Leopoldo Rossi, quella di Osvaldo Rossi che sul tetto distrutto si trovò una grossa pianta completa di ceppaia; poi su via San Gottardo, un primo stabile della famiglia Motta, in parte sventrato; indi l’albergo Motta, che si trovò con le sale piene di neve e il tetto ad ovest, praticamente distrutto», si legge sul sito del locale Patriziato.