La valanga di Frasco impressa nella memoria

La pandemia ci costringe alla distanza fisica. Ma, pur avendo colpito l’intero mondo con una forza unica, non deve impedirci di ricordare la nostra storia. Anche le nostre tragedie. Non solo per commemorare chi non ce l’ha fatta, ma anche per ricordarci che l’uomo, con la stessa forza, è in grado di rialzarsi e reagire per garantire un presente e un futuro migliori. Così, sabato 13 febbraio alle 17 a Frasco verrà celebrata una Messa, durante la quale saranno ricordati Florino Bernardasci, Ida Badasci e i piccoli Giannetto, Guido e Luigina Badasci. Cinque abitanti della valle Verzasca che proprio 70 anni fa, nella notte tra l’11 e il 12 febbraio, persero la vita a causa dell’imponente valanga, staccatasi dal monte Pampined investendo con tutta la sua veemenza buona parte del villaggio.
La tragica notte
Il 1951, «L’anno della valanga» al quale Giovanni Orelli dedicò il suo romanzo d’esordio, fu appunto un anno caratterizzato da precipitazioni nevose fuori dal comune, alle quali seguì poi la pioggia. E così, quella tragica notte di 70 anni fa, una grossa valanga di neve e detriti investì letteralmente parte dell’abitato di Frasco, mietendo cinque vittime. E anche i danni materiali non furono indifferenti: sei case e otto stalle andarono completamente distrutte, altre quattro case e sei stalle pesantemente danneggiate e 50 capi di bestiame scomparvero. Mentre la strada cantonale e la linea elettrica rimasero interrotte per molto tempo.
La stazione di sicurezza
Dopo quella notte si aprì un lungo periodo alla ricerca di soluzioni per evitare che una situazione simile si ripresentasse. E, senza voler ripercorrere tutto l’istoriato, alla fine si giunse finalmente all’inaugurazione, nella zona dell’alpe della Costa a 2.335 metri di quota, di una stazione automatica di misurazione della neve per la previsione del pericolo di valanghe. Una stazione alla quale è stato abbinato nel 2009 anche un rifugio, pronto ad accogliere nella stagione delle valanghe le 6-7 famiglie che vivono nella cosiddetta zona rossa di Frasco e che, in caso di pericolo, devono dunque lasciare le proprie abitazioni. Una soluzione che non permette di salvaguardare gli immobili, ma almeno di risparmiare delle vite. Sfruttando l’occasione, anche sul fronte turistico, il rifugio (per il quale si sono investiti 3,6 milioni) nella bella stagione è inoltre a disposizione degli appassionati della montagna.
Il ricordo è vivo
La memoria di quanto accaduto nel 1951, come accennato, è ancora viva negli abitanti della Verzasca. «Mio nonno mi raccontava che quella notte, mentre era affacciato alla finestra per capire cosa stesse accadendo, ha visto un grosso noce portato via dal soffio della valanga», ci spiega ad esempio Fabrizio Bernardasci, che oggi vive proprio nella zona rossa di Frasco. «Il paese, poi, è stato sommerso da diversi metri di neve e per accedere o uscire dalle case gli abitanti sopravvissuti hanno dovuto scavare».
Un inverno funesto anche ad Airolo
Quello del 1951 non fu un inverno funesto solo per Frasco. Anche ad Airolo, la notte del 12 febbraio, si staccò una terribile valanga, che si portò via dieci vite. Oltre a devastare buona parte del paese. Per portare a termine il sistema di protezione del fondovalle, successivamente, si sono investiti ben 62 milioni di franchi.