La verità di Norman Gobbi sulla vicenda Hospita-Lega

«Se il Parlamento deciderà di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta (sul caso Hospita, ndr.) spero che venga ben delimitato il perimetro di competenza e di operatività della Commissione, proprio per evitare che diventi un tribunale politico». È un Norman Gobbi che risponde a tono, ma che, al contempo, lascia trasparire anche un po’ di nervosismo quello andato in onda ieri sera su Teleticino, ospite a «Detto tra noi» di Andrea Leoni. Nel faccia a faccia con il giornalista, il presidente del Consiglio di Stato ripercorre l’intera vicenda Hospita, partendo dalla decisione maturata in casa Lega di attribuire all’avvocato Enea Petrini il compito per verificare ciò che stava accadendo all’interno di Hospita. «Si trattava di dar seguito a delle voci, quindi la Lega ha fatto degli approfondimenti. Li ha fatti come associazione ai sensi del Codice civile svizzero, e non come istituzione, non come consigliere di Stato». È il giornalista, poco prima, a delineare il contesto in cui l’allora coordinatore leghista viene chiamato in causa. Ad un certo punto, spiega Leoni, quella che nella vicenda viene menzionata come la gola profonda, ossia un leghista del Luganese, contatta Gobbi per condividere le voci di cui era venuto a conoscenza. Leoni chiede se Gobbi ha poi avuto altri contatti con la persona. Lapidaria la riposta: «Difficile avere contatti con un mitomane». Si arriva, quindi, alla scelta di attribuire il mandato a Petrini. E Leoni chiede: «Come mai avete affidato questo incarico a una persona che aveva un rapporto di amicizia con Eolo Alberti, e che sostanzialmente poteva essere di parte? Secca la risposta dell’allora coordinatore: «Lo chiariremo davanti a chi lo chiederà. Ma l’obiettivo, ripeto, era verificare quanto stava accadendo in una SA, esterna alla Lega. Lo abbiamo fatto con una persona di fiducia. Ma non è stata una verifica segreta e occulta. La verifica è avvenuta con il coinvolgimento delle parti interessate, e su richiesta delle parti interessate». Non di tutte, osserva Leoni. «Gli azionisti hanno dato il loro ok, quindi al coordinamento della Lega e a chi ha fatto la verifica e bastava quello». A questo punto Leoni insiste, chiedendo se, nel ricevere il rapporto e nel trovarvi dati personali sul dottor Camponovo, non sia sorto il dubbio che quella situazione fosse anomala o ingiusta. Gobbi: «Quel rapporto non è mai stato convalidato, e non l’ho redatto io». Leoni ricorda però che Gobbi, pur avendo agito in qualità di coordinatore della Lega, era anche ministro di Giustizia e Polizia. «Non ti è venuto in mente in questi mesi di aver sbagliato?». La risposta di Gobbi è chiara: «Il mio obiettivo, così come quello di tutto il coordinamento, era tutelare la Lega. Non mettere il naso negli affari degli altri. Tant’è che poi abbiamo espulso due persone dal Movimento». Un’espulsione che Gobbi ha giustificato con una mancanza di lealtà verso la Lega da parte delle persone interessate. «Ha dato fastidio a molti leghisti, tra cui io», ha detto Gobbi riferendosi alla «combine». Ma perché non il consigliere di Stato non si è presentato in Sottocommissione? «Sono stato convocato come cittadino».
Gobbi si è poi espresso su diverse altre tematiche «scottanti». Come l’incidente della circolazione che l’ho ha visto coinvolto, ribadendo che il suo comportamento è stato «ineccepibile». E su questo punto, ha sottolineato, «non transigo». Il consigliere di Stato, per contro, non si è voluto esprimere sull’inchiesta aperta nei confronti di Dadò (per gli addentellati legati al «caos al TPC») per falsa testimonianza e denuncia mendace. «Mi avvalgo del diritto di non rispondere», ha tagliato corto Gobbi. Il consigliere di Stato ha poi parlato dei rapporti con il Parlamento e delle numerose critiche rivolte al Governo, definito «del Mulino bianco» o «degli opossum». «Chi lo dice? Gente che ambisce ad entrare in Governo». Più in generale, ha osservato, «la politica è diventata meno di partito e più individualista, dove ognuno vuole emergere rispetto alla massa. E in questo gioco, evidentemente, ognuno cerca di spararla un po’ più grossa dell’altro». Dopo aver respinto le accuse di essere stato «dimezzato» dall’arrocchino, Gobbi ha quindi parlato anche dei rapporti con l’UDC. «È come tra parenti, non si va sempre d’accordo. Abbiamo degli obiettivi strategici importanti assieme, ma poi nella politica di casa magari si vive meno bene assieme. Questo è un tema che dovranno risolvere il coordinatore della Lega, Daniele Piccaluga, e il presidente dell’UDC, Piero Marchesi». E il veto a Claudio Zali in una lista congiunta? «Porre dei veti significa anche avere paura».