La voce dei Cantoni tra Berna e Bruxelles

Tra pochi giorni, l’8 ottobre, la Conferenza dei Governi cantonali (CdC) compirà trent’anni. Per festeggiare l’importante traguardo, quest’anno le sue assemblee plenarie si stanno svolgendo in maniera decentralizzata. Non a Berna, come di consueto, ma in varie parti del Paese. E proprio in questi giorni la CdC ha visitato il Ticino, riunendosi questo pomeriggio nella sala del Gran Consiglio. Un’occasione per confrontarsi su svariati temi, tra i quali anche i rapporti con l’Unione europea (UE). Un tema centrale per la nascita della stessa CGC. Come ricorda il presidente in carica della Conferenza, il consigliere di Stato argoviese Markus Dieth, «la CdC è nata proprio dopo il no popolare allo Spazio economico europeo». A quel tempo, racconta Dieth, «ci eramo detti che era necessario concentrare gli interessi dei Cantoni per avere voce in capitolo su questi temi nei confronti della Confederazione. E, in effetti, ora è proprio ciò che accade». Anche per questo motivo, aggiunge il presidente, «la CdC è oggi ancora utile: ci sono numerosi temi, come i rapporti con l’Europa, oppure la digitalizzazione, che interessano tutti i cantoni. Temi così vasti che nessun Cantone può regolare da sé». Ad esempio, ricorda Dieth, «abbiamo visto con la crisi legata alla COVID che il sistema non funziona se ogni Cantone fa a modo suo». Ma lo stesso ragionamento, ovviamente, vale anche per i rapporti con l’UE: «Tutti i Cantoni hanno interessi diversi, ma allo stesso tempo tutti i Cantoni possono approfittare di rapporti regolamentati con l’UE. Se non siamo più associati al programma Horizon o al progetto Erasmus, questo è un problema per il Ticino, ma anche per tutti gli altri Cantoni, per l’economia in generale e per l’innovazione». Ecco perché, in sostanza, serve «coordinazione tra i Cantoni e occorre che i Cantoni stessi lottino di più per avere voce in capitolo» sui grossi dossier che tratta la Confederazione.
Entrando nel dettaglio del tema dei rapporti con l’UE, Dieth spiega che la CdC ha concordato il 24 marzo 2023 una presa di posizione comune, nella quale chiede al Consiglio federale, «che è responsabile della politica estera, di indicare con precisione la strada che intende percorrere, mettendo dei paletti chiari». Insomma, per la CdC occorre che il Governo chiarisca come intende muoversi. E questo perché, chiosa infine Dieth, «anche i Cantoni possono contribuire in vista di un mandato negoziale».
Il ruolo della Camera alta
A rappresentare da diversi anni il Ticino in seno alla Conferenza c’è il consigliere di Stato Norman Gobbi, da noi raggiunto al termine della riunione organizzata a Palazzo delle Orsoline. Il direttore del DI, riguardo al ruolo della CdC, sottolinea un altro aspetto importante per i Cantoni: riuscire a far passare il proprio messaggio alle Camere federali. «In questi anni si è investito molto per creare le basi per dialogare. E oggi questo dialogo tra i Cantoni c’è, così come l’ascolto da parte del Consiglio federale», spiega Gobbi. A mancare, però, è l’ascolto da parte del Parlamento: «La politica federale, penso in particolare al Parlamento, sempre meno ascolta i Cantoni. Anche al Consiglio degli Stati sempre più si prendono posizioni politiche e meno in quanto rappresentanti dei Cantoni». In questo senso, precisa il consigliere di Stato, «c’è molto lavoro da fare per ripristinare quella che era la ‘Camera dei Cantoni’ (ndr. il Consiglio degli Stati, appunto), proprio perché dovrebbe rappresentare una Camera di compensazione rispetto alle spinte più partitiche e politiche provenienti dal Nazionale». Questo aspetto, chiosa Gobbi, «si è un po’ perso negli ultimi anni».
