Mendrisio

L’agente licenziato non ci sta e inoltra ricorso

L’uomo è stato destituito dopo aver ricevuto un decreto d’accusa per furto di lieve entità che tuttora contesta – Per la sua legale «la misura è sproporzionata ed estremamente severa» - La Commissione istituita durante l’inchiesta amministrativa aveva optato per una «sanzione più lieve»
Sulla questione si esprimerà il Consiglio di Stato. ©Ti-Oress/Archivio
Stefano Lippmann
01.07.2021 06:00

L’agente della Polizia Città di Mendrisio – licenziato dopo aver ricevuto un decreto d’accusa – non ci sta. Tramite la sua legale, Giuditta Rapelli-Aiolfi, ha infatti impugnato la decisione dell’Esecutivo di Mendrisio. Sulla vicenda sarà quindi chiamato ad esprimersi il Consiglio di Stato. La destituzione – ovvero la misura presa nei suoi confronti – per la parte in causa è stata «una violazione del principio di proporzionalità». Insomma, la decisione presa è troppo «pesante» rispetto al reato commesso. L’uomo, infatti, era stato raggiunto da un decreto d’accusa perché riconosciuto colpevole di furto di lieve entità. Secondo quanto ricostruito dal Ministero pubblico, infatti, l’agente in più di un’occasione aveva rubato in un supermercato. Come? Omettendo di registrare tutti gli acquisti alle casse veloci, dette anche self-service.

Malfunzionamenti

Su quest’ultimo punto, però, la parte in causa tiene a fornire alcune precisazioni. «Nel corso del mese di giugno dello scorso anno – evidenzia la legale – l’agente ha riscontrato malfunzionamenti nell’utilizzo dell’apparecchio Self Scanning del supermercato in cui si reca abitualmente». A quel punto l’uomo spiega ai dipendenti che lo schermo dell’apparecchio non funzionava correttamente. Personale che avrebbe «nondimeno rimproverato» all’agente «di non aver scansionato tutti i prodotti che si trovavano nel suo carrello». Il responsabile, inoltre, «avrebbe proceduto con l’incasso di tutti gli acquisti senza ventilare l’intenzione di denunciare l’agente». Dipendente comunale che, tiene a precisare, non è mai stato tenuto d’occhio e neppure «pizzicato a commettere l’illecito».

Contestati altri due episodi

Un mese più tardi però, l’uomo viene interrogato dal Ministero pubblico. E, davanti al procuratore pubblico, «gli sono stati contestati altri due episodi di scansione parziale della merce» rileva l’avvocata. Un rimprovero che «si fondava sulle sole dichiarazioni di un dipendente che, avendo visionato parte dei filmati di videosorveglianza, riteneva che il valore della merce riposta nei sacchetti sarebbe stato superiore a quanto pagato». Punto di vista mai condiviso dal poliziotto, «ritenendo inoltre del tutto improbabile che fosse possibile determinare il valore degli articoli unicamente in base alla loro dimensione». Di più, l’uomo nega recisamente di essersi appropriato di merce senza pagarla.

«Mal consigliato»

Il 7 gennaio, però, il Ministero pubblico emette il decreto d’accusa per furto di lieve entità. L’uomo, che ha accolto con «grande disagio tale condanna», sentendosi «in preda al turbamento non ha ritenuto opportuno consultare un professionista» onde valutare la possibilità di impugnare la decisione. «Mal consigliato da alcuni colleghi e conscio del fatto che si trattava di una semplice contravvenzione senza iscrizione al casellario» ha lasciato quindi che la decisione crescesse in giudicato.

«Misura severa»

A questo punto l’agente decide di portare a conoscenza dei suoi superiori l’accaduto. Di conseguenza il Municipio ha deciso di aprire un’inchiesta amministrativa e l’uomo ha potuto spiegare i fatti dinnazi a una Commissione preposta. Commissione che, si apprende, «ha espresso un parere diverso» da quello dell’Esecutivo, proponendo «sanzioni più lievi» rispetto alla destituzione. Il Municipio ha però deciso diversamente «optando – precisa l’avvocata Rapelli-Aiolfi – per una misura estremamente severa». Da qui, dunque, il ricorso.