L'agonia del fiume Moesa

La Moesa piange. È in «agonia», dicono i pescatori. «Mai viste scene simili», ci raccontano alcuni abitanti. La siccità ha inferto un duro colpo al fiume che nasce sul Passo del San Bernardino e poi scorre lungo la Mesolcina ed il Ticino, dove ad Arbedo sfocia nell’omonimo fiume. Ben 46 chilometri di lunghezza che, in alcuni tratti, sono pressoché in secca. Come a Cabbiolo, frazione di Lostallo. L’Ufficio per la caccia e la pesca del Canton Grigioni sta monitorando la situazione ed ha già fatto le opportune segnalazioni agli enti preposti. Per fortuna, finora, non si sono registrate morìe di pesci, fatta eccezione per una quindicina di animali morti a Soazza ma in quanto il pozzo è gelato nottetempo.
I dati nudi e crudi
Il guardapesca cantonale Marco Boldini conferma quello che abbiamo visto con i nostri occhi facendo ieri un giro in bassa Mesolcina. «La problematica è nota. Tre mesi di siccità hanno avuto delle conseguenze lungo alcune tratte. In particolare fra Lostallo e Cabbiolo, a causa delle briglie di contenimento. La situazione preoccupa non solo per quanto riguarda la Moesa, ma pure per i riali laterali e la Calancasca», osserva. Poi ci illustra subito dei dati che non necessitano di commenti. In dicembre, in media, le precipitazioni nel distretto sono pari a 70-75 millimetri; ebbene, nel 2021 si sono calcolati 18 mm. Per capirci, un millimetro di pioggia misurato all’interno del pluviometro è pari come quantità a un litro caduto su una superficie di un metro quadrato. Nel gennaio di quest’anno il quadro è ulteriormente peggiorato; di fronte ad una media di 50 mm, ne sono scesi meno di 10. Penuria di acqua anche in febbraio.
«Appena potete segnalate»
In base all’esperienza, per la Moesa solitamente si evidenzia una maggiore piovosità nei mesi di aprile fino a novembre. Stando ad una relazione del 2020 dell’Ufficio per la caccia e la pesca, che ha considerato il periodo compreso fra il 1981 ed il 2010, «per il bacino idrografico della Moesa la quantità di precipitazioni misurata in un anno ammonta a 1.637 mm. Rispetto al resto del Cantone dei Grigioni (1.260 mm) la quantità è superiore alla media». L’estate è la stagione maggiormente «bagnata», seguita da autunno, primavera ed inverno. «Lo stato del fiume Moesa non è più quello di trent’anni fa. Ha subito diversi cambiamenti. E l’assenza di precipitazioni negli ultimi tempi non ha fatto altro che peggiorare una situazione che, ribadisco, stiamo controllando con scrupolo. Il monitoraggio è costante. Nel Grigioni italiano anche il Poschiavino è toccato dallo stesso fenomeno. Con l’aggiunta del gelo, che in Mesolcina per fortuna non abbiamo», puntualizza Boldini. Il guardapesca invita chiunque avesse delle segnalazioni a contattare gli enti preposti, in primis l’Ufficio per la caccia e la pesca, di modo che si possa intervenire rapidamente.
Il clima che cambia e la siccità
La Moesa, oggetto di numerosi interventi di rivitalizzazione ambientale dalla fine degli anni Novanta e il cui sistema idrico è caratterizzato da insufficienti deflussi minimi e da deflussi discontinui, è il corso d’acqua più ricco di pesce dei Grigioni. È accertata la presenza di 11 specie. «Assieme alla trota fario che è la specie principale sono presenti anche la forma meridionale del temolo, la trota di lago, il vairone o il barbo. Da quando è stata rivitalizzata la zona golenale Pascoletto nelle vicinanze di Grono anche la bottatrice si riproduce annualmente. La trota di lago risale il fiume partendo dal lago Maggiore per arrivare a deporre le uova nella parte superiore della Moesa. Negli ultimi anni è stato investito molto nella salvaguardia delle zone golenali, nell’eliminare le barriere strutturali che impediscono la libera migrazione dei pesci», si legge nel rapporto di due anni or sono. Logico quindi che la Moesa arida abbia tolto il sonno pure alla Società pesca Moesa e Calancasca che si riunirà in assemblea martedì 15 marzo alle 20 al Motel Afia a Cama, durante la quale la tematica sarà all’ordine del giorno. Annualmente vengono catturati in media 2.800 pesci, quasi tutte trote fario. «Purtroppo il cambiamento del clima che porta a eventi di piena durante l’autunno, a ondate di caldo (canicola) durante l’estate e a lunghi periodi di siccità contrastano con il positivo sviluppo della fauna acquatica», era l’amara conclusione, nel 2020, della «radiografia» del competente ufficio.