Ucraina

L'ambasciatore ucraino: «Già in Ticino per gli ultimi dettagli prima del summit»

Artem Rybchenko a Locarno per alcuni incontri istituzionali in vista dell'Ukraine Recovery Conference: «I ticinesi stanno mostrando grande collaborazione, grazie!»
© CdT/Sacchi
Mattia Sacchi
29.06.2022 06:00

Mancano pochi giorni all'atteso summit dell'Ukraine Recovery Conference del 4-5 luglio. Una due giorni, quella luganese, che sta richiedendo una grande impegno da parte delle autorità comunali, cantonali e federali, in particolare per quanto riguarda il dispositivo di sicurezza. Ed è proprio questo uno dei motivi per cui l'ambasciatore ucraino in Svizzera Artem Rybchenko era ieri in Ticino. Il diplomatico ucraino ha avuto alcuni incontri a Locarno con autorità e rappresentanti delle istituzioni locali, per discutere sia dell'ormai prossimo summit che dei progetti futuri da sviluppare in Ticino.

«Sono giorni decisamente impegnativi - racconta Rybchenko in esclusiva al Corriere del Ticino - ma anche molto soddisfacenti. È infatti bello vedere come le autorità svizzere, in particolare quelle ticinesi, stiano facendo un gioco di squadra molto costruttivo, fornendoci tutto il supporto necessario e sistemando gli ultimi dettagli. Hanno compreso quanto questa conferenza sia significativa per noi, sia per incontrare le più alte cariche istituzionali degli altri Paesi che per cominciare a valutare soluzioni per la ricostruzione dell'Ucraina. Per questo vogliamo ringraziare anticipatamente i luganesi, perché siamo coscienti che saranno giorni concitati anche per loro, dove dovranno affrontare alcuni disagi, soprattutto per quanto riguarda la viabilità».

L'Ukraine Recovery Conference è il frutto di mesi di lavoro, dove l'ambasciatore ucraino si è spesso confrontato con le istituzioni ticinesi: «Ho avuto uno splendido incontro con il sindaco di Lugano Michele Foletti. Ma ovviamente il nostro punto di riferimento è stato il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis. C'è la consapevolezza comune che per affrontare un evento del genere e garantire la sicurezza delle varie delegazioni, tra cui la nostra che conterà oltre 100 persone, sarà necessario mettere in atto i più alti livelli di prevenzione e controllo».

Ma, concretamente, cosa ci si aspetta dal summit luganese, soprattutto quando c'è una guerra ancora in corso? «È chiaro che è assurdo pensare di ricostruire quando ancora ci lanciano razzi che distruggono tutte le nostre infrastrutture - spiega il diplomatico 39enne -, ma dobbiamo cominciare a guardare avanti in modo pragmatico, per permettere ai rifugiati ucraini di rientrare a casa loro. E quindi a pensare a cose che magari qui sono scontate, come riattivare gli ospedali e le pompe di benzina, ma che sono necessarie per ripartire. Oltre a questi aspetti più materiali, gli incontri luganesi saranno però utili a sottolineare la ricchezza del patrimonio culturale ucraino e i legami storici e artistici che esistono con l'Europa. E ovviamente anche con la Svizzera, un paese che oggi sentiamo particolarmente vicino: non è un caso che oggi a Locarno abbia discusso molto su alcuni progetti culturali che possiamo sviluppare sul territorio. Oggi la parola «Ucraina» fa subito pensare alla guerra, ma noi vogliamo che venga associata alla Pace: per questo abbiamo bisogno che gli europei ci supportino e non dimentichino quello che stiamo subendo, a partire dalle occupazioni di Crimea e Donbass per arrivare alle uccisioni indiscriminate di donne e bambini. Se questo concetto verrà capito, sarà poi anche chiaro perché non possiamo fare concessioni e passi indietro dopo gli abusi che abbiamo subito e il prezzo che abbiamo dovuto pagare durante questa guerra».

Qual è quindi il messaggio che l'ambasciatore ucraino a Berna vorrebbe che i ticinesi percepissero alla fine del tanto discusso summit? «Prima di tutto che siamo grati al Ticino e alla Svizzera, che dalle sanzioni alle politiche di accoglienza ha mostrato con fatti di portata storica il proprio sostegno. E questo non lo dimentichiamo. Ma poi vorremmo far capire che gli ucraini oggi non stanno combattendo solo per l'Ucraina ma per il mondo libero, per la democrazia e per i diritti umani. In questi giorni dove finalmente l'Unione Europea sta prendendo in considerazione la nostra candidatura, c'è un altro paese che pensa di poter tornare a un mondo post sovietico, dove la brutalità la fa da padrone, cercando di conquistare i territori vicini, Ucraina in primis. Ma non ci riusciranno, perché la nostra cultura è differente: la nostra cultura è europea».

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