L'intervista

«Lascio il Consiglio comunale e con l’UDC l’esperimento è riuscito»

Pierluigi Pasi non sarà più nel Legislativo a Mendrisio – Una scelta dovuta alla recente nomina quale giudice non di carriera al Tribunale penale federale – Ne approfittiamo per parlare del rilancio della locale sezione UDC e delle ultime elezioni
©Chiara Zocchetti
Stefano Lippmann
04.01.2025 06:00

Le dimissioni dalla carica di consigliere comunale di Mendrisio (come pure quelle dal Gran Consiglio) sono dovute alla sua recente nomina a giudice non di carriera al Tribunale penale federale.
«È così. Credo fermamente che il principio della separazione dei poteri sia l’architrave del nostro sistema istituzionale e della nostra democrazia. Il suo rispetto è sì una questione di sostanza, ma anche di forma e di apparenze. È stata per me una scelta scontata».

Consigliere comunale a Mendrisio dal 1992 al 1998 e poi ancora in quest’ultima legislatura: com’è cambiata la politica «di milizia»? Detto altrimenti: era più facile fare politica allora o oggi?
«Non direi fosse più facile allora. In fondo le aspettative dei cittadini e i problemi da risolvere non sono granché mutati. Lo è il contesto, per le aggregazioni e tutto ciò che ne è seguito. A ben guardare, forse è il contrario. I servizi e gli strumenti a supporto di chi oggi fa politica a livello locale in realtà come la nostra agli inizi degli anni ‘90 infatti non c’erano, la digitalizzazione ha fatto passi da gigante. Tutto ciò oggi aiuta».

Con lei alla presidenza della sezione di Mendrisio, l’UDC ha raggiunto uno storico traguardo, ovvero entrare in Municipio. Avevate capito – vista anche la rottura della consolidata alleanza con la Lega – che i tempi erano maturi?
«Ricordo che per noi di fatto è stata una scelta obbligata. In vista della formazione delle liste, a nostra precisa e franca richiesta la Lega non ha infatti saputo o voluto garantirci, altrettanto francamente, quella che allora io definii una campagna elettorale urbana, insomma civile e al riparo da attacchi personali «in casa». L’UDF ha deciso di accompagnarci. Stando ai soli numeri, in effetti la cosa non ha penalizzato l’UDC né le nostre liste per il Consiglio comunale e per il Municipio».

S’è detto della separazione dalla Lega. I risultati elettorali, ad onor del vero, non sono mancati. Se potesse tornare indietro rifarebbe gli stessi passi? Cambierebbe qualcosa?
«Date le stesse premesse, i passi sarebbero certo gli stessi. È vero, alla vigilia elettorale in molti guardavano a Mendrisio in prospettiva e come a una sorta di laboratorio. Vi era attesa soprattutto per l’esito di un esperimento, cioè per il risultato dell’UDC in corsa solitaria, con l’UDF, nell’elezione di un Esecutivo in un grande centro. L’esperimento è riuscito. Ma questo per l’UDC non ha significato modificare il suo approccio pragmatico, sempre com’è alla ricerca d’intese quando è nell’interesse dei suoi elettori e dei cittadini».

L’elezione in Municipio ha premiato Massimo Cerutti, ex PLR, finito al centro di diverse polemiche (come pure di attacchi). Cosa vi ha spinto a dire: la sua candidatura è quella giusta?
«Un risultato elettorale premiante per un partito non è mai il fatto di un singolo candidato. Formando la lista per il Municipio, abbiamo badato a candidare persone rappresentative per quanto l’UDC, con l’UDF, proponevano e propongono in termini di programma elettorale, non solo a Mendrisio. Io credo che questa sia stata la strategia giusta. Non potevamo non candidare anche un imprenditore, con un’esperienza politica alle spalle, che conosce il significato del dovere fare quadrare i conti e dello spendere con oculatezza. L’elettorato ci ha dato ragione».

Tra poco tornerà ad essere un osservatore esterno della politica della Città. Cosa si augura per Mendrisio? 
«Che continui o, meglio, che ritorni a essere il Magnifico Borgo, con il suo ruolo autorevole e trainante a livello distrettuale e regionale».

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