«Le attitudini vanno rispettate»

Negli anni Novanta ha presieduto la Commissione che ha introdotto i livelli nelle scuole medie. Oggi è pronto a ricredersi, correggendo quel modello scolastico, «in parte frainteso», che ha mostrato i propri limiti negli ultimi 30 anni: «A giusto titolo, il DECS oggi ritiene che il sistema dei corsi A e B sia inadeguato, perché “crea pressioni molto forti sulle famiglie, sui docenti e sugli istituti”».
A parlare è Gerardo Rigozzi, per vent’anni direttore del Liceo Lugano 2. «L’idea di fondo, negli anni Novanta, era di proporre una soluzione più articolata rispetto alle sezioni A e B, sul modello di quanto avveniva nel canton Ginevra. La raccomandazione era di non suddividere i livelli (brutta parola!) fra allievi cosiddetti “bravi” e allievi “meno bravi”. Purtroppo, negli anni, l’applicazione di questi principi ha rafforzato l’idea che i livelli 2 sono un vero e proprio “minus”».
Di qui, la riflessione odierna su un tema definito «delicato». Nessuna polemica. Nessuna guerra ideologica: «Ho elaborato un documento che ho inviato ai partiti. Contiene una serie di riflessioni e proposte sul progetto messo in consultazione dal Dipartimento».
Piccola premessa
Secondo Rigozzi, il grande errore introdotto negli anni Novanta è stato quello di pensare che ci fosse un solo modello di intelligenza. «Abbiamo erroneamente ritenuto che la sola forma di sapere degna di nota fosse quella logico-matematica, quando in realtà l’intelligenza ha diverse espressioni: c’è l’intelligenza verbale-linguistica, l’intelligenza corporea, quella spaziale visiva, quella interpersonale, quella naturalistica».
Rigozzi cita come esempio la definizione di «intelligenza emotiva», elaborata dallo psicologo statunitense D. Golemann: «Quell’insieme di competenze fondamentali per saper affrontare la vita: autocontrollo, entusiasmo, perseveranza e capacità di auto-motivarsi». Fattori determinanti per il raggiungimento dei propri successi personali e professionali.
Pari dignità
Tutto questo per dire cosa? Che la scuola non può privilegiare un solo modello di sapere e di intelligenza. Partendo da questo assunto teorico, Rigozzi propone un suo modello di superamento dei livelli, salvaguardando però dei percorsi differenziati in funzione delle varie attitudini, ossia, delle varie forme di intelligenza dimostrate dall’allievo.
Su questo punto Rigozzi, però, è perentorio: «Tutti i percorsi hanno pari dignità». Ma soprattutto: «Il corollario di questa impostazione è che per accedere alle scuole post-obbligatorie si consideri il profilo generale di un allievo, la sua attitudine e motivazione all’apprendimento, e non l’esclusiva competenza logico-matematica o il tradizionale standard del sapere pre-accademico». I percorsi differenziati, insomma, non devono costituire un requisito prioritario per l’accesso alle scuole mediosuperiori, come invece accade oggi.
Concretamente
Ma come si traduce tutto questo nella pratica? Da un parte, significa cercare qualcosa di diverso dal modello dipartimentale, incentrato - spiega Rigozzi - «su strategie compensative, tendenti a raggiungere risultati simili tra gli allievi». Tutto questo nel segno di una scuola che pone come valore ultimo l’inclusione: «C’è chi ritiene che il compito principale della scolarità obbligatoria sia quello di curare l’uguaglianza di entrata e l’uguaglianza di uscita, attraverso una forte inclusione dell’insegnamento. Una posizione, questa, che è condivisibile per il primo biennio della SM, al fine di ridurre le differenze socio-culturali e dei percorsi scolastici di provenienza. Non si giustifica più nel secondo biennio, durante il quale bisogna dare agli allievi la possibilità di sviluppare i propri interessi, affinché possano cimentarsi con le loro attitudini».
Dall’altra parte, significa respingere anche la posizione di chi - a torto secondo Rigozzi - ritiene che la scuola debba dividere gli allievi ritenuti «più dotati», da quelli «meno dotati». Ancora Rigozzi: «I fautori di questo modello non ritengono opportuno eliminare la soluzione dei livelli».
La terza via
La terza via, quella proposta da Rigozzi, propone, invece, di articolare il secondo biennio (e non solo la classe terza come proposto dal DECS) affiancando al tronco comune - in italiano, matematica e tedesco - due opzioni a libera scelta degli allievi, con effettivi più contenuti rispetto agli altri corsi. «Semplificando possiamo pensare a un’opzione più teorica e a un’opzione più orientata alla pratica, che permettano agli allievi di esprimere le proprie attitudini e di attuare la propria intelligenza emotiva».
Secondo Rigozzi, solo attraverso questi percorsi modulati sugli interessi si può salvaguardare la missione propria della scuola media. Rigozzi cita l’articolo 58 della Legge della scuola: «Gli allievi hanno il diritto di ricevere un insegnamento conforme alle loro caratteristiche individuali». Secondo il nostro interlocutore la scuola deve quindi poter proporre percorsi differenziati a seconda delle motivazioni e delle diverse forme di intelligenza degli allievi.
Anche il Dipartimento, però - facciamo notare - propone percorsi differenziati nei laboratori misti: «Certamente, prosegue Rigozzi, ma scegliendo laboratori secondo criteri di eterogeneità, le attività saranno prevalentemente di consolidamento, di ripasso e di recupero dei contenuti trattati nel tronco comune. In tal modo la materia trattata nelle discipline considerate verrà ridotta».
L’accesso diretto
In definitiva: sì al superamento dei livelli, mantenendo però dei percorsi differenziati per attitudine oltre al tronco comune e, soprattutto, attribuendo pari dignità agli stessi. Quindi: concedendo agli allievi che frequentano entrambi gli indirizzi l’accesso diretto alle scuole medie superiori, a una condizione: «La media conseguita nelle opzioni supplementari dovrà essere, per esempio, non inferiore a 4.50 senza insufficienze». A cui si aggiunge la condizione, già esistente: «La media delle note nelle discipline considerate per la licenza di scuola media (art. 67) è di almeno 4.65, con al massimo un’insufficienza».
Chi prepara gli allievi per gli studi, conclude Rigozzi, deve operare su più fronti tendenti allo sviluppo della varie abilità degli allievi e al loro coinvolgimento emotivo, «anche perché i vari saperi e le esigenze sociali, economiche e scientifiche si sono evoluti in modo impressionante e irreversibile; valga solo l’esempio del digitale». La scuola, osserva Rigozzi, deve operare un vero ripensamento dei contenuti e delle metodologie.