I drifting clandestini in ticino

«Le mie notti da Fast & Furious»

La testimonianza di una ragazza del Luganese che rompe il silenzio e racconta i raduni e le notti a velocità folli
A rotta di collo. © Chiara Zocchetti
Carlo Silini
John Robbiani
22.05.2021 06:00

Da qualche tempo siamo afflitti da un dubbio maledetto: vuoi vedere che Grancia era solo la punta dell’iceberg? Grancia, cioè quello spaventoso schianto avvenuto la notte di venerdì 12 febbraio quando una Polo bianca guidata da un 20.enne aveva centrato un pilone di cemento nella zona dei parcheggi dei centri commerciali e una ragazza che aveva solo 17 anni aveva perso la vita. La vicenda aveva scosso l’intero cantone. Si era subito parlato di frequenti gare notturne anche se, il giorno dopo l’incidente, la polizia cantonale aveva escluso che si stesse svolgendo una corsa clandestina. Si era trattato – così pareva – di una tragica fatalità. Nei giorni scorsi, tuttavia, una ragazza del Luganese ha deciso di rompere il silenzio adombrando una verità più inquietante non tanto sul caso specifico, ma sulla situazione di fondo. Negli ultimi tempi, sostiene la nostra fonte, in Ticino le corse in auto e in moto a folli velocità non sono episodi anomali ed estemporanei, ma appuntamenti fissi per molti giovani della regione. Lei stessa vi ha partecipato «ma solo due volte stando in auto, ho troppa paura: ho visto gente finire all’ospedale». Ecco il suo racconto.

Partiamo dal tragico incidente di Grancia...

«Cosa posso dire? Quand’era uscita la notizia della tragedia di Grancia è stato scioccante per me perché ho molti amici che fanno queste cose».

Sono stati davvero tanti i giovani a farlo, soprattutto in questo periodo di pandemia che non c’era nulla da fare. Nel weekend si andava a fare queste cose. Ancora di più da quando hanno chiuso tutte le strutture ricreative

Quali cose?

«Il drifting, i raduni per correre come pazzi in auto. Sono stati davvero tanti i giovani a farlo, soprattutto in questo periodo di pandemia che non c’era nulla da fare. Nel weekend si andava a fare queste cose. Ancora di più da quando hanno chiuso tutte le strutture ricreative».

Cosa c’entra la pandemia?

«Bisogna capire che prima della pandemia in inverno i ragazzi la sera andavano al bar, perché faceva freddo. Nel periodo in cui i bar sono rimasti chiusi, invece, si ritrovavano in macchina per stare al caldo e facevano i drifting. Sempre più gente lo fa, gente tra i 18 e i 25 anni, quella fascia lì».

Come funziona?

«Funziona così. Ci sono dei gruppi su Whattsapp con una ventina di persone, soprattutto appassionati di macchine, che si danno appuntamento. Ci si riunisce tra ragazzi con diverse macchine in un punto di ritrovo che potrebbe essere Grancia o Manno, per esempio, e poi decidono di andare da qualche parte correndo come pazzi».

Dove, per esempio?

«Ho in mente anche la strada che scende da Agra verso il Pian Scairolo, dove ci sono molti tornanti, per esempio».

Poi cosa succede?

«Come dicevo, ci si incontra si sceglie un posto dove andare e si parte in strada tutti insieme. Si va fino alla meta superando i limiti di velocità. Per i raduni più organizzati, quelli con più gente, si decide il luogo prima e poi si vanno a fare questi giri a velocità esagerate. Fanno i drifting nei pratoni o sulla ghiaia. Dove scivola meglio la macchina. Lo fanno anche in strada...».

Qual è lo scopo del gioco? Arrivare primi da qualche parte?

«Non per forza. Faccio un esempio. In un caso c’erano dieci macchine, una dietro l’altra, e andavano da Manno fino a Sant’Antonino. Il primo davanti va velocissimo e tutti gli altri lo seguono cercando di stargli dietro».

A che velocità?

«Non so, nei tratti dove si poteva andare a un massimo di 50 all’ora andavano anche a più di 100...».

E poi?

«Poi, c’è un altro tipo di gioco, non so se si dice così: quando si va sui pratoni o sulla ghiaia e si perde il controllo dell’auto. Io ne ho visto uno, ma stando fuori dall’auto: mi faceva male vederlo. Ne ho visto uno anche su un pratone bagnato, dove è più facile perdere il controllo del veicolo».

Quante volte hai partecipato?

«Io ne ho sempre avuto paura, ma ho partecipato stando in macchina un paio di volte. Piuttosto scendo. Ero con un mio amico e lui mi ha chiesto di andare lì, ci sono stata ma dicendogli che dovevamo andarci tranquilli senza fare niente. Dei nostri amici, invece, ci sono andati correndo e la loro macchina a un certo punto si è cappottata sulla strada. Andavano molto veloci, hanno preso una cunetta e la macchina si è completamente rovesciata. Un paio di miei amici hanno invece fatto degli incidenti nella strada che scende da Agra, in moto. E non sono stati gli unici».

Io ne ho sempre avuto paura, ma ho partecipato stando in macchina un paio di volte. Piuttosto scendo. Ero con un mio amico e lui mi ha chiesto di andare lì, ci sono stata ma dicendogli che dovevamo andarci tranquilli senza fare niente

Erano incidenti gravi?

«In gran parte leggeri, ma alcuni erano gravi, parlo di quelli che si sono cappottati. Conosco tre ragazzi che hanno fatto incidenti motociclistici e hanno dovuto operarsi. Erano finiti all’ospedale con le ossa rotte».

Parli del tuo gruppo di amici, quindi di ragazzi del luganese. Ma ci sono gruppi anche di altre regioni del Ticino?

«Personalmente non giro in questi gruppi, ma ho degli amici che frequentano anche altri gruppi simili con gente del Luganese, o gente di Bellinzona che viene a Lugano o gente di Lugano che va a Locarno...».

E la polizia?

«Ho saputo da un paio di conoscenti che alcune volte è arrivata la polizia, in particolare una volta che si erano riuniti in un autosilo. Ma, a quanto ne so, la polizia era arrivata perché era stato superato il limite di persone, erano una trentina. Quindi per l’assembramento, non per la cosa in sé».

Succedeva anche prima della pandemia?

«Sì, ma il fenomeno è aumentato con la crisi sanitaria».

Come spieghi questo tipo di divertimento?

«Lo spiego con la ricerca di adrenalina, la ricerca di qualcosa che ti faccia sentire vivo. Visto che è tutto chiuso e fa freddo, la gente si riunisce in macchina. Poi nel weekend la gente beve. Lo fa per non annoiarsi, per provare emozioni. Devi pensare ai giovani, dopo un po’ con tutti ‘sti divieti ti senti soffocare. Uscire a fare qualcosa per non stare troppo male è una sorta di autodifesa. Posso dirlo? Ragazzi di sedici o diciott’anni, chiusi in casa per tanto tempo... era prevedibile. A differenza dell’Italia da noi potevi uscire e molti sono usciti così».

Autodifesa?

«Contro la depressione, gli stati d’ansia... Conosco molti ragazzi che stanno veramente male. Un sacco di gente della mia età è finita in clinica per depressione. La gente attorno a me sta male, vedo anche attacchi di panico, disturbi alimentari...».

Mi hanno raccontato che alcuni di altre compagnie invece si ubriacano prima di saltare in macchina a guidare a velocità folli. Diciamo che bevono fino a non essere più coscienti

Torniamo al drifting, i ragazzi che lo fanno bevono tanto?

«Come dicevo, nel weekend molti bevono, ma devo dire che i miei amici di solito quando fanno queste cose non bevono. Però mi hanno raccontato che alcuni di altre compagnie invece si ubriacano prima di saltare in macchina a guidare a velocità folli. Diciamo che bevono fino a non essere più coscienti».

I raduni continuano anche adesso che è ricominciato il caldo?

«Gli incontri di drifting sono diminuiti ma continuano. So di persone che lo fanno ogni weekend».

E i genitori?

«I genitori non ne sanno nulla, tranne quando il ragazzo finisce all’ospedale. In casa non sanno nulla anche perché, per esempio quest’inverno, spesso si incontravano in troppi rispetto al numero consentito dalla legge. Parlo di assembramenti».

Ma dopo la tragedia di Grancia non è cambiato nulla?

«È stato scioccante, anche perché in quel caso i protagonisti erano ancora più giovani di noi. Sapevamo chi erano, Lugano è piccola, li conoscevamo. Però, la cosa non si è affatto fermata».

Stridore di gomme attorno al Serfontana

Segnalazioni su gare automobilistiche giungono anche da altre regioni del cantone, dal Mendrisiotto, per esempio, e in particolare dalla zona del Serfontana a Morbio Inferiore. I parcheggi del centro commerciale sono luogo di ritrovo dei giovani e la strada che, come in un circuito, gira attorno alla struttura soprattutto durante la bella stagione la sera si trasforma in una pista tra rombi di motori e stridore di gomme sull’asfalto. Difficile dire se si tratti di veri e propri «drifting» o di semplici spacconate per mostrare il proprio bolide, sta di fatto che il fenomeno non passa inosservato. Ce lo conferma un abitante della zona: «Non so in quale misura i pattugliamenti della polizia, che pur ci sono, siano efficaci. Si ha l’impressione che certe bravate sfuggano al controllo. D’altra parte, la polizia non può essere ovunque sempre. Forse anche noi cittadini dovremmo essere più puntuali nel segnalare ciò che vediamo e sentiamo, perché prima o poi qualcuno rischia di farsi male».

Magistratura e Polizia: ma non è un fenomeno
Ma cosa è successo quel maledetto 12 febbraio, quando a Grancia una diciasettenne perse la vita e altri quattro giovani rimasero feriti dopo essersi schiantati in auto contro una struttura di cemento? Ministero pubblico e polizia cantonale, vista la delicatezza dell’inchiesta, preferiscono non commentare.

Fiori sul luogo dell’incidente a Grancia il 14 febbraio scorso. © CdT/Gabriele Putzu
Fiori sul luogo dell’incidente a Grancia il 14 febbraio scorso. © CdT/Gabriele Putzu

Le indagini continuano su tutti i fronti e gli inquirenti stanno tentando di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti. Nessuna conferma ufficiale neppure sulla diffusione in Ticino di gare automobilistiche illegali o di raduni legati al drifting. Sospetti sì, qualche segnalazione, ma - così ci dice una fonte - «probabilmente non abbastanza per considerarlo un fenomeno».

Di cosa si tratta

Il drifting (in inglese significa derapare) trova le sue radici soprattutto nel Giappone degli anni Ottanta, quando Keiichi Tsuchiya, un pilota professionista, installò sulla sua Toyota AE86 una telecamera che riprendeva le sue peripezie e le sue spettacolari sbandate su strada. Il video ebbe un grande successo (da allora Keiichi è soprannominato Drift King), arrivando anche negli Stati Uniti. Ma arrivò anche sotto gli occhi della Federazione automobilistica giapponese, che sospese il pilota per un periodo. In Giappone - ma non solo - il drift divenne una vera moda praticata, illegalmente e generalmente di notte, da diversi giovani. Dall’illegalità il drifting si è poi anche trasformato in una disciplina sportiva vera e propria, ben regolata, e che di solito si svolge su circuito o su strade chiuse al traffico, utilizzando quasi sempre veicoli a trazione posteriore. Disciplina in cui i concorrenti - generalmente piloti molto esperti - non si sfidano in gare di velocità ma di abilità nel controllo del veicolo in stato di perdita di aderenza. L’auto viene fatta sbandare volontariamente- spesso sì, a gran velocità - e il pilota deve essere capace di controllarla e riportarla in assetto. Esistono diverse tecniche e diverse manovre. Una disciplina sportiva pericolosa già in situazioni controllate (in campo aperto, senza ostacoli, e con i mezzi di soccorso pronti a intervenire), figuriamoci nell’illegalità di una strada aperta al traffico, di un posteggio di un grande magazzino o di un autosilo. Ed è probabilmente la grande popolarità del drifting «regolare» (la FIA, la Federazione internazionale dell’automobile, ha creato un campionato apposito e definisce questa disciplina come quella «con il maggior tasso di crescita tra gli sport a motore») ha poi paradossalmente portato a un aumento anche dei raduni illegali, frequentati da emulatori.

Furti d’auto in aumento

Negli Stati Uniti il drifting è un fenomeno piuttosto studiato dalle forze dell’ordine. Nella sola Los Angeles si stima che tra il 2000 e il 2018 (la fonte è l’L.A. Times) siano almeno 179 le vittime riconducibili alle corse automobilistiche. La polizia di Kent (Stato di Washington) in una sua ricerca sottolinea come il drifting, oltre ad essere rischioso a causa del rischio di incidenti (anche perché spesso praticato con veicoli che non hanno sufficienti equipaggiamenti di sicurezza), può causare anche un aumento dei furti di auto, di invasioni della proprietà privata (e i danneggiamenti) e anche il rischio di scontri violenti tra bande, soprattutto se i raduni vengono organizzati dal crimine organizzato.

Ecco chi sono i pirati della strada

Dal 2013 è considerato «pirata della strada» chi supera la velocità massima consentita: di 40 km/h in una zona di 30 km/h; di 50 km/h all’interno delle località (limite di 50 km/h); di 60 km/h al di fuori delle località (limite 80 km/h); di 80 km/h in autostrada (quando il limite è di 120 km/h). Nella lingua italiana il termine è usato impropriamente: non è riferito a quelli che corrono troppo in auto o in moto ma a coloro che travolgono un pedone e poi fuggono senza prestargli soccorso.

«Fast and Furious meglio lasciarlo al cinema»
Giovani e motori: la velocità è un’attrazione fatale? Lo abbiamo chiesto a Simone Cotti (nell’immagine sotto), responsabile dei settori Road & Work del centro di competenze iQ center by Ingrado S.A, che offre servizi nei settori della sicurezza stradale e sul posto di lavoro.

«Non metterei per forza in relazione giovani e velocità. L’attrazione è fatale nella misura in cui il giovane, parliamo di adolescenti o poco più, ha un’attrazione per sperimentare i propri limiti, la conoscenza di sé e del rischio. Questi aspetti hanno sempre costituito un’attrazione. Elementi che esistevano anche duemila anni fa, per dire, ma allora non c’erano veicoli come le automobili e le moto. Oggi il binomio giovani e velocità è diventato un nuovo modo per sperimentare questa realtà».

Su auto spesso molto potenti...

«Devo dire che purtroppo il mercato offre auto sempre più potenti e grosse. L’utilitaria non esiste più. Se la Golf di quarant’anni fa aveva 80 cavalli, quella di oggi ne ha 200. Vero che ci sono anche misure di sicurezza superiori, ma le regole stradali restano quelle».

Non trova che molti neopatentati girino con dei bolidi?

«Sì. E le motivazioni vanno ricercate più nell’ambito dell’apparire che dell’essere. Se vado fuori dalla discoteca con la Fiat Panda è un conto, se ci vado con la Porsche, per quanto usata o di seconda mano, è un altro discorso. D’altra parte l’economia funziona con la vendita e la possibilità di accesso a veicoli anche abbastanza costosi, grazie a sistemi di leasing e di finanziamento: è comprensibile ma non aiuta. Una volta, era solo una persona con una posizione particolare e in là con gli anni, quindi con una mentalità più matura, ad averli, oggi non è più così».

Dal vostro osservatorio: che guidatori sono i giovani neopatentati?

«Tutto sommato spezzo una lancia in favore dei neopatentati. Distinguendo tra giovani e neopatentati: esistono neopatentati che hanno cinquant’anni. E se sei neopatentato a cinquant’anni ti manca comunque un’esperienza di guida. Se sei neopatentato e giovane ti manca anche un’esperienza di vita. In ogni caso, i giovani oggi sono molto più responsabili. L’inasprimento delle leggi è un buon deterrente. Ma la sola paura della punizione non basta. Penso che i maestri conducenti, i genitori e i centri come il nostro svolgano bene il loro lavoro a livello di formazione approfondita e di sensibilizzazione. Quindi, il giovane oggi è sensibile, sia sulla velocità che sull’alcol al volante».

In effetti si parla meno di un tempo delle famose «stragi del sabato sera», ma c’è ancora un certo amore per la clandestinità e le gare in gruppo...

«L’amore per il proibito c’è sempre così come il fascino per la trasgressione. Contribuiscono anche certi film, alla Fast & Furious. Ma è chiaro che la responsabilità della persona distingue i film dalla realtà. Fast & Furious è meglio lasciarlo al cinema così come la Formula 1 ai circuiti».

C’è una dimensione di sfida all’autorità?

«È una cosa che non si può quantificare, non escludo che in alcuni ci sia una certa dose di sfida alle regole e all’autorità».

Cosa consiglia ai ragazzi che schiacciano troppo l’acceleratore?

«Sulla strada non siete mai soli, neanche quando non vedete nessuno e l’imprevisto è dietro l’angolo. Ricordate che se viaggiare a 120 km/h percorrete 33 metri in un secondo. Perciò non dovete mai essere distratti alla guida...»