I 25 anni dell’usi

Le sfide della medicina

Nonostante i grandi progressi in campo medico, anche nei Paesi avanzati c’è ancora strada da fare verso l’obiettivo ONU «Salute e benessere» - Ne parliamo con il primario del Cardiocentro Giovanni Pedrazzini
La medicina ha conosciuto progressi enormi negli ultimi 50 anni. / © CdT/Chiara Zocchetti
Red. Online
15.06.2021 06:00

Nonostante i progressi in campo medico e l’aumento generalizzato della speranza di vita, anche nei Paesi più avanzati la salute delle persone è ancora minacciata da diversi elementi quali l’esposizione a pandemie e l’aumento di malattie croniche come diabete, tumori e altre patologie correlate a fattori di rischio quali il fumo, l’inattività fisica, l’alcol, una dieta inadeguata e l’inquinamento. Tutti aspetti che concorrono a ridisegnare le sfide della medicina nei prossimi anni. Ne parliamo con il professor Giovanni Pedrazzini, primario del Cardiocentro Ticino e Decano della Facoltà di scienze biomediche dell’USI.

Mens sana in corpore sano

«Non vi sono dubbi che la salute sia diventato uno dei temi, se non il tema, del secolo. I progressi della medicina degli ultimi 50 anni e l’enorme potenziale della ricerca biomedica moderna hanno radicalmente stravolto il concetto e la prospettiva di una condizione, quella della malattia, ritenuta fino all’inizio del XX secolo come immutabile», spiega il professor Pedrazzini. «Un parametro che dà un’idea eloquente del cambiamento è l’allungamento della speranza di vita. Nel 1950 la speranza di vita alla nascita era di circa 65 anni per gli uomini e 70 per le donne. Nel 1999 era di 77 e rispettivamente 82 anni, per arrivare nel 2019 a 82 anni per gli uomini e a quasi 87 per le donne, quindi con una progressione di quasi un anno di vita guadagnato ogni cinque. Predire quale sarà la speranza di vita fra 20 o 30 anni non è possibile, ma sappiamo che ci sarà un ulteriore balzo in avanti, forse molto più rapido di quanto potremmo immaginare». Ma cosa significano davvero salute e benessere? «Nell’antica Grecia / a quei tempi la speranza di vita era di circa 40 anni / la salute era concepita come un dono degli Dei e la malattia, soprattutto dopo Ippocrate, come una circostanza insita nella persona stessa, quindi indipendente da fattori o elementi esterni. Anche se l’espressione “mens sana in corpore sano” risale agli antichi romani, si dovrà aspettare la costituzione dell’OMS nel 1946 per trovare una definizione di salute che vada oltre il concetto fisico di malattia e che si estenda alla globalità della natura umana. Secondo la carta costitutiva dell’OMS la salute corrisponde a uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, non soltanto l’assenza di malattia e infermità. Quindi anche in un contesto di malattia, in particolare di malattia cronica, è giustificato e legittimo ambire a uno stato di benessere complessivo. Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età, come recita l’obiettivo ONU, non è quindi solo un’opzione, ma un chiaro “must” della società e della medicina moderna», indica Pedrazzini.

Sfide presenti e future

«Anche nei Paesi industrializzati come la Svizzera resta ancora tanto da fare per dare una risposta alle sfide della salute e alle nuove minacce per il benessere individuale e collettivo», continua il professore. «Le malattie cardiovascolari, a tutt’oggi la principale causa di morte nei Paesi industrializzati, sono in diminuzione, ma non sono ancora sufficientemente controllate. Nell’ambito dei tumori non siamo probabilmente lontani da una svolta epocale, ma la strada è ancora molto lunga. E poi i nuovi “killer”, dalle malattie neurodegenerative (Alzheimer in primis) ai disturbi metabolici, con lo spettro di un’obesità in crescita al punto da definirla un’epidemia, fino alle recenti minacce virali come COVID-19 che potrebbero diventare una costante del mondo globalizzato». Quanto alla ricerca biomedica, «uno dei fronti in piena espansione è quello della cosiddetta medicina personalizzata, quindi la possibilità, con l’ausilio di super banche dati e sofisticatissimi programmi di simulazione e intelligenza artificiale, di creare profili che permettano di definire per ogni singola persona il rischio di sviluppare determinate malattie, le modalità per prevenirle e la terapia più adeguata per curarle e guarirle. Altro tema che resta centrale è la prevenzione: sempre più dati dimostrano infatti il ruolo fondamentale nella lotta a tutte le malattie maggiormente letali (le cosiddette “top ten deadliest diseases”) della combinazione di un’adeguata attività fisica e di un’alimentazione sana ed equilibrata. Oltre al rigore nella gestione di sostanze come fumo e alcol. A queste misure semplici potrebbero aggiungersene presto altre più sofisticate. Per fare un esempio: è già in fase di sperimentazione avanzata una molecola che, iniettata una volta all’anno sotto cute, sarebbe in grado di abbassare il tasso del colesterolo LDL (quello che danneggia le arterie) al di sotto della sua soglia di pericolosità. Va ricordato infine il grande cambiamento, parzialmente già in atto, dei luoghi e delle funzioni di cura: il processo di digitalizzazione e l’espansione tecnologica delle metodologie diagnostiche porteranno nel medio termine a un totale ripensamento del ruolo e della struttura degli ospedali, che dovranno per necessità essere più efficienti e performanti, ma allo stesso tempo finanziariamente sostenibili. Cambierà la logistica, ma cambieranno anche i ruoli e le funzioni del personale sanitario, con una sempre più spiccata tendenza all’interprofessionalità. In altre parole siamo solo all’inizio di un grande viaggio, e il Ticino biomedico, con l’Università, la neonata Facoltà di scienze biomediche, gli istituti ospedalieri, l’EOC e gli istituti di ricerca, non solo è prontissimo ma è anche molto determinato a giocare un ruolo da protagonista in questa sfida».

Quando la tecnologia supporta i bisogni della persona

Ambienti e oggetti «intelligenti» ed empatici per renderci la vita più semplice e un laboratorio digitale per medicine sempre più precise

Oggi c’è una forte consapevolezza che l’informatica deve contribuire a rendere le persone più sane e felici e non soltanto più produttive. Smartphone e smartwatch già aiutano quotidianamente milioni di persone a monitorare le proprie attività e a prendersi cura della propria salute fisica e mentale. La crescente capacità di calcolo e comunicazione integrata negli ambienti e negli oggetti / dagli elettrodomestici alla guida assistita o autonoma / è tesa a facilitare le attività quotidiane e dunque anche a ridurre lo stress che creano. Come ci indica Silvia Santini, che all’USI insegna e fa ricerca nell’ambito - tra gli altri - di sensori, sistemi ciber-fisici e Internet delle cose, «per rendere efficaci questi sistemi è però fondamentale seguire l’approccio dell’human-centered computing, che mette al centro del processo di ideazione e sviluppo dei sistemi informatici la persona e i suoi bisogni. In futuro vedremo tali sistemi acquisire una fondamentale abilità: percepire le emozioni delle persone e reagire adeguatamente ad esse». L’empatia determinerà la qualità delle interazioni uomo-macchina, così come spesso accade per quelle interamente umane.

Farmaci al computer

Viviamo ormai nell’era dei big data e la digitalizzazione è vista come una nuova rivoluzione industriale. «Nel campo della farmacologia, ad esempio, è possibile progettare al computer farmaci ottimizzati nella loro struttura chimica per interagire al meglio con il rispettivo “bersaglio” molecolare, sia esso una proteina, DNA oppure RNA», ci spiega Vittorio Limongelli, professore alla Facoltà di scienze biomediche. «Algoritmi sempre più performanti, la crescente potenza di calcolo - grazie ai supercalcolatori - e l’intelligenza artificiale consentono perfino di calcolare il cosiddetto “tempo di residenza” di un farmaco nel suo bersaglio, il che equivale a predire la sua efficacia terapeutica con sorprendente precisione. Ecco, la parola precisione è il fil rouge tra quello che è possibile fare oggi e quello che ci aspetta domani quando, verosimilmente, avremo terapie personalizzate con farmaci ottimizzati per tipologia e posologia sul singolo paziente, basandosi su dati genetici ed epigenetici, i quali formeranno il nostro più potente arsenale per combattere vecchie e nuove malattie».