Vezia

«L'ho accoltellato, ma non ricordo il motivo»

Alla sbarra per duplice tentato omicidio il 40.enne cittadino italiano che il 12 giugno dell'anno scorso in via San Gottardo puntò la lama alla gola della sua compagna e sferrò tre fendenti alla schiena dell'amico
© CdT/Chiara Zocchetti
Valentina Coda
15.05.2024 13:43

«È successo, l’ho accoltellato, ma non ricordo il motivo perché ero ubriaco. So però che non volevo fare del male a nessuno. Né a lui, tantomeno a lei». È rimasto aggrappato a questa versione – anche se in aula si è appreso che in sede d’inchiesta ne ha fornite più di una e tutte discordanti – il 40.enne cittadino italiano comparso questa mattina alla sbarra davanti alla Corte delle assise criminali per rispondere principalmente di duplice tentato omicidio in relazione ai fatti accaduti il 12 giugno dell’anno scorso in via San Gottardo a Vezia. Episodi che si intrecciano, in quanto il secondo è l’esplosione della rabbia del primo. All’inizio punta un coltello alla gola della sua compagna convinto che lo stesse tradendo con un amico. In seguito, sferra tre fendenti alla schiena del suo «amico di bevute» e vicino di casa, accorso per tentare di calmarlo perché «stava rompendo tutto quello che gli capitava a tiro». L’imputato scappa e lo lascia sanguinante. Verrà arrestato poco dopo. Per la procuratrice pubblica Valentina Tuoni il 40.enne «ha minato l’integrità di due persone sull’arco di poche ore con una carica di violenza scaturita da futili motivi». La richiesta di pena è di 4 anni e 9 mesi e l’espulsione dalla Svizzera per 10 anni.

Dal canto suo, il difensore dell’imputato, l’avvocato Fabio Creazzo, ha fatto leva sullo stato mentale del suo assistito e sull’inattendibilità della donna e dell’amico (con cui, tra l’altro, si era ubriacato insieme quel giorno). La perizia psichiatrica, infatti, ha concluso che l’uomo soffre di disturbi psichici, una scemata imputabilità di grado lieve, un alto rischio di recidiva e un lieve ritardo mentale. «In quel momento il mio assistito era ubriaco, instabile e ingestibile. Chi l’ha immobilizzato si è assunto la responsabilità di determinati rischi di reazione, ma non è mai stato in pericolo di morte. Anche la donna ha scelto deliberatamente di andare a casa dell’imputato nonostante sapesse del suo stato». Per questi motivi Creazzo ha chiesto il proscioglimento dall’accusa di tentato omicidio («al massimo per tentate lesioni gravi»), tre anni di detenzione, di predisporre un percorso terapeutico in una struttura specializzata (in via subordinata un trattamento ambulatoriale) e di riconoscere il caso di rigore per l’espulsione. La sentenza verrà pronunciata alle 16.30 dal giudice Amos Pagnamenta.

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