Accadde in ticino

L’incendio del Mulino e il giallo di 40 anni fa

Nel 1981 una vicenda di cronaca nera tenne con il fiato sospeso gli abitanti di Maroggia occupando le pagine dei giornali - Già allora lo stabilimento rischiò di essere divorato dalle fiamme - Un caso degno della miglior letteratura poliziesca con colpo di scena finale
Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
04.12.2020 06:00

Poco meno di quarant’anni fa il Mulino di Maroggia rischiò di fare la fine che purtroppo ha fatto lunedì 23 novembre: divorato e distrutto dalle fiamme. Non la fece per puro caso. Nella primavera del 1981 un autentico giallo tenne con il fiato sospeso gli abitanti del comune del Basso Ceresio e incuriosì tutto il Ticino, per risolversi poco dopo la Pasqua di quello stesso anno con il più classico dei colpi di scena. È una piccola vicenda di cronaca nera che torna oggi alla memoria e che merita di essere raccontata. Senza tuttavia anticipare il finale.

Prima puntata:
sabato 21 marzo 1981

Sui quotidiani del nostro cantone (allora ve n’erano ben sei) appare un trafiletto nelle pagine della cronaca luganese. Sotto il titolo Danneggiamenti al Mulino di Maroggia, il «Corriere del Ticino» riferiva che «solo ieri si è saputo che al Mulino di Maroggia gravi danni sono stati provocati da ignoti penetrati nell’edificio tra lunedì e martedì scorsi. La polizia, che ha aperto un’inchiesta, non ha neppure segnalato il caso e il direttore dell’azienda, Enrico Stadlin, che abita a Massagno, da noi interpellato si è rifiutato, per ora, di rilasciare dichiarazioni. Sembra che – aggiungeva il nostro giornale - siano stati danneggiati impianti di produzione». E poi la frasetta conclusiva che inquadrava, quasi con preveggenza, i contorni del giallo: «Sui moventi dell’atto criminoso a Maroggia corrono molte voci: si parla di vendette personali, di lettere anonime e d’altro». Insomma, c’erano già tutti gli ingredienti della «migliore letteratura gialla». Ma ci volle più di un mese per risolvere il caso alla Sherlock Holmes.

Seconda puntata:
martedì 24 marzo 1981

I presunti vandali tornarono sul luogo del delitto nello stesso fine settimana. Se ne ebbe notizia il lunedì e i giornali uscirono il 24, questa volta con ampi servizi di cronaca. «Diventa un piccolo giallo la vicenda del Mulino di Maroggia, nel cui interno si sono ripetuti – nella notte fra sabato e domenica – gli atti di vandalismo ed i danneggiamenti compiuti fra lunedì e martedì della scorsa settimana» scrisse il «Corriere del Ticino». Ma cosa avevano combinato questi «vandali»? «Sono stati nuovamente presi di mira gli impianti di produzione, più precisamente sono state tagliate e danneggiate alcune cinghie, bloccando la produzione dell’azienda. È interessante rilevare – scriveva il nostro giornale – che i danneggiamenti sono stati praticati in punti vitali nel meccanismo degli impianti. Segno che gli autori conoscono sia il posto, sia il sistema di funzionamento del mulino».

Scattò dunque la ridda di ipotesi sul movente. «La più ovvia, tanto scontata da apparire suggerita dall’intenzione di fuorviare le indagini, - scriveva il cronista del «Corriere» – si collega con una lettera anonima ricevuta tempo addietro dai dirigenti del Mulino di Maroggia. La firma della missiva è pescatori ticinesi; il testo sembra accreditare un collegamento fra gli atti di vandalismo (...) e il diritto di prelievo d’acqua dal fiume Mara che i proprietari del mulino possiedono (e si tramandano) fin dal lontano 1895. Il ragionamento - argomentava ancora il nostro giornale – potrebbe essere sostanzialmente il seguente: il mulino capta acqua dal fiume Mara e ripropone, in termini locali, il problema dei deflussi minimi che tanto preoccupa le società di pesca ticinesi».

Ipotesi fondata? Mica tanto. «Ma la realtà – aggiungeva infatti il cronista – è diversa». La convivenza tra il mulino e i pescatori non aveva mai conosciuto problemi, tant’è che i proprietari del mulino avevano consentito ai pescatori di utilizzare il piccolo bacino di accumulazione per l’allevamento delle trote. E per di più gli stessi pescatori erano stati confrontati, nelle settimane precedenti, con un atto di vandalismo: la chiusa del bacino era stata aperta e molta acqua era defluita con un abbondante seguito di trote. Nessun pescatore avrebbe mai combinato una stupidaggine del genere.

Il giallo dunque si era infittito. «Nessuno sa dare insomma una spiegazione che regga sul possibile movente» si leggeva nel servizio del «Corriere», tanto che gli inquirenti si decisero a mettere addirittura una taglia sui «vandali», o per meglio dire, come venne precisato nel comunicato diffuso allora dal delegato luganese di polizia, «un congruo premio in denaro» a coloro che avessero fornito informazioni utili a identificare i responsabili. Agli informatori veniva garantita «la più assoluta discrezione».

Terza puntata:
giovedì 26 marzo 1981

La mossa degli inquirenti venne apertamente sfidata dagli autori dei vandalismi. La notte immediatamente successiva alla pubblicazione dell’articolo, quella fra il martedì 24 e il mercoledì 25 marzo, il giallo del Mulino di Maroggia registrò, per così dire, un salto di qualità. Così il «Corriere del Ticino» riferì nell’edizione del 26 sotto il titolo Aggredito il capo-mugnaio del Mulino di Maroggia: «Si infittisce il giallo del Mulino di Maroggia e la cronaca registra un altro episodio grave e sconcertante. La notte fra martedì e ieri il capo-mugnaio A(...) V(...), 50 anni, recatosi occasionalmente al mulino, mentre ancora si trovava all’esterno dello stabilimento è stato aggredito da sconosciuti, che lo hanno colpito al capo con un corpo contundente, tramortendolo. Riavutosi, il poveretto ha potuto dare l’allarme e chiedere soccorso. È stato ricoverato all’OBV di Mendrisio e trattenuto in osservazione, anche se il suo stato non desta preoccupazioni». Nonostante questo «sconcertante» episodio, del giallo del Mulino di Maroggia per un mese intero non si scrisse più. Tutto tacque. La mossa degli inquirenti con la taglia non produsse apparentemente risultati. Il silenzio e l’assenza di reazioni, come si conviene al più classico dei gialli, devono però aver indispettito chi aveva preso di mira, non si sapeva per quali ragioni, lo storico stabilimento.

Quarta puntata:
mercoledì 22 aprile 1981

Ecco allora che i «vandali» si rifecero vivi. E il giorno della nuova azione non sembrò essere stato scelto a caso: il lunedì di Pasqua, che nel 1981 era il 20 aprile. Così ne riferì il «Corriere del Ticino»: «Nuovi danneggiamenti al Mulino di Maroggia sono avvenuti il pomeriggio del Lunedì di Pasqua. Identica la dinamica degli atti di vandalismo: sono state nuovamente tagliate parecchie cinghie di trasmissione dei macchinari, mettendo fuori uso tutti gli impianti del mulino. La produzione resterà bloccata per parecchi giorni». Ma in questa nuova azione ci fu un qualcosa in più, che avrebbe potuto distruggere l’edificio come è successo la settimana scorsa: «Gli stessi vandali – riferiva il giornale – hanno inoltre tentato di appiccare un incendio all’interno dello stabilimento, sprizzando di materiale infiammabile il pavimento in legno e una trave. Per fortuna l’incendio si è spento da solo. Il delegato di polizia di Lugano ha confermato ieri l’esistenza di una taglia sugli sconosciuti che si accaniscono contro il mulino». Il o i delinquenti volevano dare un nuovo segnale di avvertimento oppure miravano per davvero a fare del mulino un immenso rogo distruttivo? Gli inquirenti continuavano a brancolare nel buio? Non proprio. Il comunicato di polizia fu probabilmente diffuso in quei termini per non insospettire i «vandali».

Ultima puntata:
venerdì 24 aprile 1981

E in effetti il giallo venne risolto la stessa mattina del mercoledì 22 aprile in cui i giornali diedero notizia dell’ultima prodezza dei «vandali». Il cerchio si era chiuso. Gli inquirenti aspettarono un giorno prima di fare la comunicazione ufficiale e la stampa scritta annunciò quindi solo il 24 la fine della vicenda: «È in linea con la migliore letteratura gialla, nella quale il colpevole è in definitiva sempre l’insospettabile maggiordomo, l’epilogo dei misteriosi danneggiamenti avvenuti a più riprese, da metà marzo a sabato scorso, all’interno del Mulino di Maroggia. Mercoledì mattina – scrisse il «Corriere del Ticino» – la polizia ha arrestato A(...) V(...), 50 anni, e costui ha confessato agli agenti, e poi confermato davanti a un magistrato della Procura pubblica, di essere l’autore dei vandalismi». L’aggressione di un mese prima, nella notte fra il 24 e il 25 marzo, era stata tutta una messinscena dello stesso capo-mugnaio: «V(...) suffragò la sua versione mostrando i segni di un colpo ricevuto al capo e una ferita d’arma da taglio. Dopo l’arresto ha confessato di essersi procurato da solo queste lesioni, per sviare le indagini e fabbricarsi un alibi». «In realtà V(...) – aggiunse il giornale – doveva aver compreso di essere ormai il primo nella lista dei sospettati: la polizia, sulla base di prove raccolte, aveva già acquisito la convinzione che l’autore dei danneggiamenti fosse proprio lui, l’insospettabile capo-mugnaio, che ha compiuto i vandalismi – a quanto è dato di sapere – per sfogare rancori covati nei confronti del datore di lavoro. Sembra inoltre che attraversasse un momento di depressione per eccessivo lavoro». Allora i nomi si facevano; oggi no. E per di più vige il diritto all’oblio.

Il finale del finale reggerebbe ancora quale scena conclusiva di una serie tv: «Egli stesso si è recato in polizia per sporgere denuncia: lo stavano praticamente aspettando». Una scena che oggi non potrebbe tuttavia essere più girata: del vecchio e glorioso Mulino di Maroggia restano soltanto le macerie, nemmeno più fumanti, ai piedi del silo in cemento armato, la sola parte ad essersi salvata dalla furia del rogo che quarant’anni fa, per miracolo o per puro caso, non scoppiò.

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