Educazione

L'inverno demografico non risparmierà la scuola ticinese

Pubblicato il primo rapporto dell’Osservatorio docenti – Nei prossimi anni, con varie sfumature, si prevede una flessione importante nel fabbisogno di insegnanti alle scuole dell’infanzia ed elementari, che per forza di cose in futuro si rifletterà anche sulle Medie e Medie superiori
©Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
15.09.2025 23:30

Il significativo calo demografico che sta investendo il nostro cantone non risparmierà la scuola ticinese. È forse questo il dato più rilevante del primo rapporto dell’Osservatorio docenti, un organo istituito sul finire del 2024 dal DECS per monitorare le dinamiche demografiche e le implicazioni che queste comportano per il sistema scolastico. L’Osservatorio, ricordiamo, nel frattempo era stato indicato dal DECS anche quale risposta al «famoso» caso dei tredici docenti d’italiano a cui, nel corso della loro formazione, era stato comunicato che al termine della stessa non avrebbero avuto uno sbocco professionale.

Sezioni destinate a sparire

Ma torniamo al rapporto pubblicato oggi pomeriggio dall’Osservatorio (a questo link trovate lo studio completo). Uno studio di una trentina di pagine che analizza la situazione a corto, medio e lungo termine. E che, come detto, mostra segnali poco incoraggianti dal punto di vista demografico e, di riflesso, per chi in futuro vorrebbe intraprendere la professione di insegnante.

Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, ad esempio, l’anno scolastico 2025/2026 non presenta importanti variazioni (la diminuzione di una sezione e mezza), ma per gli anni successivi – leggiamo nel rapporto – «si disegna una tendenza alla diminuzione delle sezioni che si accentua nel tempo (-4 sezioni nel 2026/2027, -6,5 sezioni nel 2027/2028)». Per un totale di una dozzina di sezioni perse nel giro di tre anni.

Il dato forse più preoccupante, però, riguarda il fabbisogno alle scuole elementari, per le quali «l’anno scolastico 2025/2026 segna una diminuzione generale molto importante del numero totale delle sezioni, mai registrata finora: 19,5 sezioni in meno rispetto al 2024/2025». Un calo che non è destinato a esaurirsi nel giro di un anno: se nel 2026/2027 ci si attende la perdita di «sole» due sezioni, la flessione sarà molto più marcata nel 2027/2028 (-16,5 sezioni). Per un totale di una quarantina di sezioni perse nel giro di tre anni. Che, tradotto, significa perdere circa 40 posti di lavoro disponibili in questo settore della scuola. «A medio termine – si legge quindi nel rapporto –, la prospettata diminuzione a livello cantonale di una dozzina di sezioni di scuola dell’infanzia e di una quarantina di sezioni di scuola elementare entro l’anno scolastico 2027/2028 impone senz’altro una riflessione sulla gestione del rinnovo del corpo docente delle scuole comunali e sul dimensionamento del fabbisogno di nuove leve nei prossimi anni». Una necessità che, viene spiegato, «è ulteriormente accentuata dalla tendenza demografica del numero di bambini di 6 anni (età di riferimento per l’inizio della scuola elementare), che potrebbe continuare a diminuire fino al 2029, toccando un minimo storico con ripercussioni negative (al ribasso) sugli effettivi della scuola elementare negli anni scolastici 2029/2030, 2030/2031 e seguenti».

Tale calo, va da sé, nel medio e lungo periodo è poi destinato a toccare anche la scuola media e media superiore. Non a caso, anche nel rapporto viene spiegato che «in prospettiva (...) la popolazione residente di 11 anni (età di riferimento per l’inizio della Scuola media) inizierà a diminuire linearmente dopo il 2026, fino al 2030» e «in seguito, dopo un anno di stallo e dopo un lieve sussulto verso l’alto nel 2032, dovrebbe toccare il minimo storico nel 2034». Tale evoluzione – viene quindi rilevato – «lascia presumere che, a partire già dall’anno scolastico 2028/2029, potrebbe aprirsi una fase prolungata caratterizzata da una riduzione continua sia degli effettivi scolastici, sia del numero di sezioni nella scuola media».

Per le scuole medie superiori la stima del fabbisogno sul medio e lungo termine è ben più complessa. E questo, evidentemente, poiché l’evoluzione non dipende unicamente dagli scenari demografici, bensì anche dalle scelte degli allievi. Tuttavia, fatta questa premessa, anche su questo fronte nello studio si ritiene plausibile «la prospettiva di una progressiva riduzione del numero degli allievi e delle sezioni nelle scuole medie superiori».

Da materia a materia

Sul fronte delle scuole medie e medie superiori, va poi detto, la situazione può ovviamente variare in base alle materie. Non a caso, ilDECS nel riassumere lo studio spiega ad esempio che nelle scuole medie vi è «un rischio di disporre di docenti in eccesso per l’italiano (ndr. e di educazione fisica) mentre per il tedesco la situazione dovrà essere monitorata a causa della crescita della domanda legata all’introduzione di questa materia in prima media». Anche per le scuole medie superiori ilDECS segnala «da un lato il rischio di avere più docenti di quelli necessari in alcune materie, come l’italiano, dall’altro la prospettiva di carenze significative in altre discipline, come il tedesco (ndr. e di educazione fisica)».

Una priorità

Le considerazioni finali dello studio, va da sé, mettono dunque in guardia sull’impatto che il calo demografico avrà sulla scuola. «Alla luce dei dati e delle proiezioni acquisite tramite il primo monitoraggio dell’Osservatorio docenti, e in particolare visto l’andamento demografico al ribasso che si registrerà a medio termine in tutti i settori scolastici presi in considerazione, appare chiaramente l’esigenza prioritaria di calibrare l’offerta formativa per prevenire squilibri futuri nel fabbisogno docenti».

Berger: «Ma non dobbiamo prendere decisioni affrettate»

In questo complesso scenario descritto nel rapporto dell’Osservatorio, per il direttore della Divisione della scuola del DECS, Emanuele Berger, la parola chiave sarà «equilibrio»: tra la necessità di offrire una formazione a chi desidera diventare docente e quella, poi, di trovare effettivamente un posto di lavoro. «Tra il dato puramente statistico e la decisione di aprire o meno una formazione non vi è una relazione causa-effetto diretta. Le variabili sono moltissime». Ma è chiaro, aggiunge in tal senso Berger, «che la flessione che osserviamo significherà che, globalmente, vi saranno meno posti di lavoro. È una tendenza che ora riguarda le scuole elementari, ma che in futuro toccherà un po’ tutti». Detto ciò, aggiunge il direttore della Divisione, «occorrerà trovare un equilibrio tra il legittimo diritto a seguire una formazione e la garanzia, poi, a trovare un posto di lavoro». Ad ogni modo, più in generale il direttore della Divisione del DECS invita alla calma. A non prendere decisioni affrettate. «Nel mondo della scuola vi sono molte fluttuazioni. Ora abbiamo i dati forniti nel rapporto dell’Osservatorio docenti, che sono una base su cui ragionare. Ma occorre stare molto attenti a non tirare conclusioni affrettate. Occorre cautela ed evitare strappi».

Senza entrare nei dettagli, infine, riguardo al già citato caso dei tredici docenti in formazione che tanto ha fatto discutere nel corso di quest’anno, Berger fa sapere che «per la maggioranza di loro una soluzione, nel frattempo, è stata trovata».

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