Processo

Lo schianto mortale e l’eredità contesa

Alla sbarra una cittadina italiana accusata di aver partecipato, insieme al padre, a un inganno per impedire alla cognata di entrare in possesso di un pacchetto azionario depositato a Lugano – È un caso complesso: la sentenza verrà pronunciata tra due settimane
© Shutterstock
Nico Nonella
06.09.2023 18:51

È il settembre del 2019. Un imprenditore agricolo di mezza età perde tragicamente la vita in un incidente stradale in Lombardia. Nove giorni dopo, il cugino, la sorella e i genitori si recano a Lugano per ritirare i pacchetti azionari di due società. Il cugino ritira il 50 percento di cui è proprietario e anche il restante 50 percento, e in seguito l’intero pacchetto viene in seguito depositato da un fiduciario.

Ed è qui che quello che è iniziato come un dramma familiare assume contorni penali. Già, perché secondo il procuratore pubblico Andrea Gianini, il padre, il cugino e la sorella hanno agito con un fine truffaldino appropriandosi dell’altro 50 percento che sarebbe in realtà di proprietà del defunto. Questo allo scopo di estromettere la vedova dall’asse ereditario, mantenendo in famiglia i beni immobili situati in Italia (si parla di aziende agricole, ndr) di cui le due società «luganesi» erano indirettamente proprietarie. A prova di ciò, sempre secondo l’accusa, i tre familiari avrebbero utilizzato un documento falso, sottoscritto dal defunto, che autorizza il cugino a ritirare i pacchetti azionari dal notaio luganese dal quale erano depositati. Dettaglio non da poco: la dichiarazione è datata nove giorni dopo il sinistro mortale.

Per una denuncia bisogna però aspettare quasi tre anni. Nel 2020 la vedova contatta il Ministero pubblico, che avvia un’inchiesta. Gli accertamenti portano a un decreto d’accusa cresciuto in giudicato per il cugino e a due rinvii giudizio davanti alla Corte delle Assise correzionali con l’accusa di truffa per istigazione e ripetuta falsità in documenti per il padre 89.enne e la figlia 60.enne (nei loro confronti sono state proposte pene pecuniarie sospese). Entrambi, patrocinati dall’avvocato Fulvio Pezzati, respingono ogni addebito.

«Accanimento ingiustificato»

In aula la donna (il padre non era presente per motivi di salute) ha in buona sostanza affermato di aver solo accompagnato i genitori e il cugino a Lugano. «Papà mi ha chiesto di andare con lui a Lugano a ritirare la sua quota, per me era normale. Ho visto che stavano spostando delle azioni, ma non l’ho ritenuto strano». La denuncia della cognata? «Un accanimento ingiustificato, da quando ha sposato mio fratello non l’abbiamo praticamente mai vista». Ad oggi l’unica cosa certa – la sentenza della giudice Francesca Verda Ciocchetti verrà pronunciata giovedì 21 settembre – è che oltre alla tragedia stradale, sullo sfondo ci sono rapporti familiari decisamente burrascosi, sfociati in una causa intentata dalla vedova in Italia.

Per la difesa, inoltre, non ci sarebbe stato alcun illecito: il 50 percento «conteso» appartiene al padre, che si è semplicemente «ripreso» ciò che era suo per spostarlo da una persona di sua fiducia. A riprova di ciò, ha argomentato Pezzati, c’è una delega firmata dal capofamiglia circa 10 anni fa che autorizza il figlio a depositare le azioni a Lugano. Di diverso avviso il procuratore pubblico Gianini, il quale ritiene che le azioni fossero in realtà del defunto, che si occupava di gestire le aziende. «Gli imputati hanno agito con rapidità, scaltrezza e ostinazione. Se erano sicuri che il padre fosse il proprietario delle azioni, perché agire così, sottacendo addirittura la morte del figlio/cugino al notaio?». «L’accusa non ha prove», ha ribattuto Pezzati. «Le società stavano andando male, il figlio aveva decine di milioni di debiti. Senza l’intervento del padre, sarebbero finite all’asta». Dubbi sono stati espressi anche sul documento falso (che la sua assistita afferma di non avere mai visto). Un’ipotesi della difesa è che fosse stato redatto da un consulente della famiglia. Ma di questo fatto non ci sono prove certe.

Insomma, la matassa è a dir poco intricata. Toccherà alla giudice Verda Chiocchetti mettervi un po’ d’ordine.

Sullo sfondo c’è però un’altra questione, sempre legata alle azioni. Più precisamente al 50% di proprietà del cugino (terzo aggravato), patrocinato dall’avvocata Sabrina Aldi. In sede d’inchiesta era stato disposto il sequestro conservativo dei certificati azionari (5 relativi alla prima società, altrettanti alla seconda). In tutti e tre i decreti d’accusa si apre alla restituzione. Il problema? Uno è cresciuto in giudicato, gli altri due no. Anche questa è una matassa che dovrà sbrogliare la giudice.